TENNIS- I due grandi tennisti degli anni ’90 stanno tornando prepotentemente d’attualità. Lo fanno, salendo in “cattedra”…in tutti i sensi.
Stefan Edberg e Boris Becker sono i tennisti del momento. E non giocano a tennis dalla fine degli anni 90. Ma non ci sono furberie, piuttosto artifici, e sono quelli di Roger Federer e Novak Djokovic che stanno tentando di migliorarsi e tornare(il primo) o restare(il secondo) ai massimi livelli; lo svizzero si è allenato di recente con lo svedese Edberg, il serbo è andato oltre e si è garantito le consulenze di Becker per il prossimo anno. Ma tant’è: i nomi dei campioni degli anni 90 non sono mai stati così attuali da quando si sono ritirati.
Su Tennis Space in momenti diversi Edberg e Becker hanno regalato preziosi consigli di natura tattica e mentale; mantenere la calma e avere personalità sul campo sono qualità fondamentali nel tennis di oggi e lo svedese approfondisce la prima questione.
Così Edberg: “Quando ero piccolo e vivevo in Svezia, osservavo con ammirazione Bjorn Borg e le sue gesta sul campo, ma a sorprendere è sempre stata la sua calma. Non puoi essere un simile campione se non hai quel temperamento e quel controllo. Sono sempre stato una persona molto calma ma penso che si possa imparare molto guardando quei tennisti che riescono ad avere una tranquillità superiore alla nostra”.
Roger Federer ha talvolta mostrato cedimenti mentali soprattutto contro Nadal, ma Edberg avrebbe la ricetta giusta: “Non bisogna solo imparare dai migliori, si deve anche costantemente allenare la propria mente e a volte ci vuole tempo per cambiare l’approccio alle partite. Federer ha fatto passare molto tempo prima di riuscire a controllare la sua emotività sul campo e questo insegna che invecchiare non è sempre un male. Però potrebbe fare anche meglio, nelle partite con Nadal ha continuato ad avere problemi ma può sempre migliorare in tal senso. Mi rivolgo a tutti i tennisti; la mente va allenata in ogni singola sessione d’allenamento come fosse l’ultima possibilità per giocare a tennis. Poi bisogna riportare questo status in partita”
Non è chiaro se lo svedese abbia mandato messaggi subliminali allo svizzero nella speranza di diventarne coach o piuttosto si sia rivolto all’intera utenza tennistica, ma la sua chiosa finale farebbe propendere più per la seconda ipotesi. “A volte si deve accettare che l’avversario lavora meglio la palla, la colpisce meglio, ma questo deve spronare a colpirla nel modo più simile a lui, perché nell’arco di una partita tutti hanno dei cali e bisogna cogliere il momento giusto. E’tutta una questione di psicologia, persino la frustrazione data dalle decisioni eventualmente sbagliate del giudice non devono intaccare la tranquillità di chi gioca. Si deve pensare sempre positivo perché a tennis è possibile giocare malissimo per un’ora e poi vincere la partita . In altri sport non è pensabile. Nel tennis sei sempre in partita”.
Boris Becker invece ha fornito indicazioni sul comportamento da tenere durante un match: ” Non bisogna avere paura di una grande sfida ma la personalità non cambia, bisogna accettarsi e fare di necessità virtù. Io sono sempre stato molto aggressivo sul campo ed è una buona tattica ma non è detto che si debba fare nel mio modo. Ognuno ha le sue peculiarità e la sua personalità ma bisogna convincersi che tutto è sempre possibile se si rimane concentrati sul campo; non bisogna innervosirsi se l’avversario parla o cerca di irretirci. Ai miei tempi con gente come McEnroe, Connors e Lendl si doveva solo mostrare la capacità sul campo e questo mi ha insegnato che tutto ciò che non fa parte della dinamica di gioco non serve”.
“ Quando si gioca una partita, il linguaggio del corpo è fondamentale ma deve essere istintivo mai falso. La gente si accorge subito delle forzature e da questo misura la personalità . Se non si gioca aggressivi come me non è un problema, ma non bisogna fingere di esserlo. Federer non è mai stato aggressivo ma ha sempre avuto un’aura attorno a lui, autorità, carisma ed è per quello che ha vinto tanto. Non è mai stato falso ” il suo monito finale.
Andrea Pagnozzi