La data del 16 agosto 2018 potrebbe entrare nella storia del tennis. E non sarà di certo per merito di un dritto vincente realizzato dal Federer o dal Nadal di turno. Infatti a decidere le sorti della Coppa Davis, la più antica e prestigiosa competizione a squadre del tennis, saranno i delegati delle singoli federazioni nazionali, riuniti ad Orlando (Stati Uniti) da questo lunedì per l’annuale meeting della International Tennis Federation (ITF). Con il loro voto a disposizione, potranno scegliere tra due opzioni: approvare la riforma voluta dall’attuale presidente della ITF David Haggerty o mantenere il formato della Davis così com’è? Insomma con il sì cambia tutto, con il no non cambia nulla.
Sì, ma cosa cambierebbe? Per chi non avesse seguito la vicenda negli scorsi mesi (noi lo abbiamo fatto qui e qui), la ITF ha diramato un comunicato in cui ricorda chiaramente cosa c’è in ballo in Florida. Se passa la riforma, dal 2019 la struttura della Coppa Davis subirà le seguenti modifiche:
- L’istituzione di una finale in campo neutro in un paese europeo
- L’istituzione delle qualificazioni a 24 squadre a febbraio con tie in casa e trasferta.
- Le vincitrici delle qualificazioni accederanno alla finale, le perdenti finiranno nei gruppi zonali
- La finale coinvolgerà 18 squadre: le 12 qualificate, le semifinaliste dell’anno precedente e due wild card. Consisterà in 6 gruppi a girone, seguiti da quarti, semifinali e finali
- I 6 vincitori dei gruppi più le due migliori seconde in termini di set e game vinti accederanno ai quarti
- I 2 team classificati 17esimi e 18esimi saranno retrocessi ai gruppi zonali mentre i 12 classificati tra la quinta e la sedicesima posizione torneranno alle qualificazioni
- I tie disputati in finale consisteranno di due singolari e un doppio, tutti giocati in un giorno
- I tie disputati nei gruppi zonali 1 e 2 consisteranno di 4 singolari e un doppio, giocati in due giorni
- I match di singolare e doppio a tutti i livelli saranno al meglio dei tre set, con tie-break anche nel set decisivo
Insomma si tratta di una rivoluzione copernicana per una competizione con oltre un secolo di storia: niente più sfide in casa e trasferta quando conta, niente più match interminabili al quinto set. Chiaramente la Coppa Davis potrebbe non essere più la stessa. Dietro questa radicale riforma strutturale c’è un progetto di partnership tra ITF e il gruppo di investimenti Kosmos, presieduto dal calciatore Gerard Piqué, della durata di 25 anni e soprattutto dal valore complessivo di 3 miliardi di dollari, dei quali 23 milioni andrebbero a formare il montepremi annuale da dividere tra squadre (⅔) e federazioni (⅓). Una parte di questi 3 miliardi, non ben precisata, sarebbe inoltre dedicata ad altre manifestazioni programmate nelle settimane rimaste prive dei consueti turni di Davis, nell’ipotetico nuovo calendario. A rafforzare una potenza di fuoco già ragguardevole è arrivata la promessa di endorsement di Larry Ellison, fondatore di Oracle e patron del torneo di Indian Wells, che si è dichiarato pronto a investire nel nuovo format. Forse con la prospettiva di ospitare la competizione proprio a Indian Wells dopo le prime due edizioni in terra europea.
LE MODALITÀ DI VOTO
Ma quante possibilità ci sono che la riforma passi? Per rispondere a questa domanda, bisogna capire come voteranno i singoli rappresentanti della federazione. In totale, secondo lo statuto della ITF, i delegati che possono insigniti del diritto di voto sono 147, in rappresentanza di altrettanti paesi. Nella votazione sulla Davis però non tutti avranno uguale peso. I paesi sono divisi infatti divisi in 6 categorie a seconda del numero di preferenze che possono esprimere.
- 5 Paesi da 12 preferenze per un totale di 60 (i paesi che ospitano gli Slam più la Germania)
- 14 paesi da 9 preferenze per un totale di 126 (Argentina, Italia, Spagna, Canada, Russia tra le altre)
- 7 paesi da 7 preferenze per un totale di 49 (Croazia e Serbia tra le altre)
- 14 paesi da 5 preferenze per un totale di 70 (Austria, Belgio e Polonia tra le altre)
- 25 paesi da 3 preferenze per un totale di 75
- 82 paesi da 1 preferenza per un totale di 82 (da segnalare la possibile assenza di alcune federazioni con il voto sospeso)
Calcolatrice alla mano e tenendo conto di una completa affluenza, le preferenze dovrebbero essere dunque all’incirca 460. Considerando che la riforma necessita dei due terzi delle preferenze, la soglia magica per il presidente Haggerty si colloca a circa 300 voti. E non sono pochi. Per lo statunitense conterà tanto avere il supporto dei paesi più piccoli, calcolando che i blocchi da 1 e 3 preferenze sommati potrebbero valere la metà dei voti necessari per portare a casa la riforma. A loro i soldi promessi dagli sponsor esterni dovrebbero fare molta gola, ma Haggerty non si può di certo permettere una insurrezione tra i ‘big’. Con il loro peso, i delegati delle fasce alte peso possono completamente ribaltare la direzione del voto. E per alcuni di loro la volontà di mantenere intatto il tradizionale formato della Davis potrebbe contare di più delle promesse di lauti ritorni economici.
A una prima analisi, dunque, sembra difficile ipotizzare l’andamento del voto anche per il sostanziale equilibrio numerico imposto dalle sei categorie: le prime tre pesano (235 voti) grossomodo quanto le ultime tre (227 voti). Alcune federazioni però si sono esposte, ufficialmente o meno, sul tema della riforma, e relativamente ai paesi nei quali nulla è stato dichiarato pubblicamente ci siamo rivolti ai giornalisti di alcune testate estere, che sono stati ben lieti di fornirci informazioni preziose per azzardare qualche pronostico prima del voto.
Ve ne daremo conto diffusamente nella seconda parte di questo articolo, che verrà pubblicata domani.