[6] N. Djokovic b. [3] J.M. del Potro 6-3 7-6(4) 6-3
Il robot da tennis inscalfibile, Novak Djokovic, è tornato: secondo Slam consecutivo, 14esimo in totale, terzo US Open, una regolarità insuperabile perfino per le bordate del volenteroso Juan Martin del Potro. Che paga, però, la poca incisività del rovescio, non compensata a sufficienza dai missili del suo fantastico dritto. Non sarà vario, o imprevedibile, o spettacolare in senso classico il gioco di Nole, ma la feroce efficacia nel macinare palleggio e recuperi fino allo sfinimento di qualsiasi avversario ha certamente il suo fascino. E sembra costruito apposta per il tennis di questi anni, per le superfici regolari e regolarizzate, con una tendenza generale all’uniformità verso la lentezza e i rimbalzi frenati e poco rapidi. Poco da dire, perfetto e pragmatico al massimo livello possibile ora.
Inizio a buon ritmo da parte di entrambi, tatticamente la partita si sviluppa da subito sul prevedibile binario delle accelerazioni appena possibile con il dritto da parte di Juan Martin, opposte alla manovra in difesa e al contrattacco dal lato del rovescio per Nole. L’uscita dalla diagonale sinistra è chiaramente la chiave per l’argentino, perché una volta che si trova nella posizione di poter scatenare le sue mazzate da destra, le cose si fanno difficili per il serbo. Per Djokovic, è evidente l’intenzione di non permetterglielo, tenendolo inchiodato lì con colpi profondi e angolati. Ne escono diversi scambi con schermaglie di slice tagliati in diagonale, di rovescio, da cui il primo a uscire di solito fa il punto, che sia Nole con il lungolinea bimane o Juan Martin con lo sventaglio a uscire e inside-in. Buon livello, la palla viaggia veloce, c’è il tutto esaurito sugli spalti, i tifosi argentini accennano i primi cori “Oleee, Delpo, Delpo”. I maxischermi inquadrano le consuete celebrità ospiti nei vip-box, l’applauso più forte se lo prende Jerry Seinfield, che qui a New York è una leggenda della TV e delle sit-com. L’equilibrio in campo è assoluto per oltre mezz’ora, va ai vantaggi sulla propria battuta solo Djokovic nel terzo game. E poi, sul 4-3, da 40-0 delPo si fa rimontare e brekkare a sorpresa. Bene Nole in risposta, certo, ma le colpe sono più dell’argentino, che fallisce almeno due colpi non complicati. Al servizio per il set, Djokovic chiude alla prima occasione, grazie al dritto in rete dell’argentino, 6-3. Ordinato e solido il serbo, un singolo passaggio a vuoto pagato carissimo per Juan Martin. Tennis non esattamente brillante, delPo prova a spingere di più, dall’altra parte Nole fa sempre e solamente la stessa cosa, corsa laterale, tenuta d’incontro, e occasionali contrattacchi, diciamo che ci si è divertiti di più, ma questo passa il convento.
Quasi a voler ricompensare chi ha speso centinaia di dollari per un biglietto anche per i posti più lontani, nel primo punto del secondo set Djokovic va a rete e chiude una spettacolare volée di rovescio, intercettando il gran passante lungolinea dell’avversario. Arriva il primo applauso vero e convinto del pubblico, che finora, “torcida” argentina compresa, era stato come anestetizzato dal bum-bum soporifero e regolare come un metronomo prodotto dal gioco. Sempre nel primo game, altro lampo di Nole con il passante di rovescio, che gli vale palla break, annullata, così come una successiva due punti dopo, deve stare attento delPo, se questo apparentemente perfetto Djokovic dovesse andargli via nel punteggio, riprenderlo sarebbe durissima. Ma tennis poco esaltante o meno, il serbo è impeccabile, sta lì, dà la sensazione costante di poter andare avanti a palleggiare in eterno (per fortuna non lo fa davvero), e giustamente alla fine viene premiato dagli errori di Juan Martin, brekkandolo al terzo game. Ancora applausi per il “celebrity spotting” dei maxischermi, stavolta con Meryl Streep e Gerard Butler, nel frattempo il serbo sale 3-1. Un timido coro di incoraggiamento degli argentini prova a scuotere delPo, e la cosa incredibilmente funziona: Juan Martin tiene il servizio, e poi a furia di mazzate arriva alla sua prima palla break, ma fallisce un passante. Due punti dopo, però, ne ha un’altra, scappa largo il dritto a Djokovic, ed è 3-3. Per la prima volta dall’inizio della partita, scatta un’ovazione assordante, Nole ha anche qualcosa da dire in serbo (che comprendo, ma non riferirò per decenza) a uno spettatore particolarmente chiassoso in tribuna. In generale, il match si sta “svegliando”, l’ace esterno che manda Juan Martin avanti 4-3, con una mini-striscia di 3 game consecutivi provoca un altro boato.
Con chi stia lo stadio è chiaro, ma come si sa, se c’è uno che di queste cose se ne frega altamente è Djokovic. Che però, al salire dell’intensità più emotiva che tecnica della partita, palesa le prime incertezze, subisce un bellissimo lungolinea di rovescio, e affronta ancora palla break. Per sua fortuna l’errore di delPo lo grazia, ma la sensazione è che il controllo assoluto del palleggio non sia più sua esclusiva. Un’ingenuità, con attacco dal lato sbagliato, costa al serbo la seconda palla break da affrontare in questo lottato ottavo game, ma c’è un nuovo errore in lunghezza di Juan Martin. Arriva anche il primo doppio fallo di Nole, e poi la terza occasione per delPo, ben annullata a rete dal serbo. Alison Hughes, l’espertissima arbitro di sedia, in questa fase è piuttosto larga di manica con gli sforamenti dello shot-clock, ma ci sta, gli spettatori sono molto rumorosi adesso. Finalmente, dopo 22 punti, Djokovic tiene la battuta, e siamo 4-4. Senza altri sussulti, si arriva al tie-break. Va avanti delPo di un minibreak, si fa riprendere sul 3-3, poi superare, e un dritto in corridoio gli costa due set-point contro consecutivi, 6-4. Basta il primo, concretizzato da Nole con una buona pressione da fondo, ed è due set a zero per il serbo.
Siamo a 2 ore e 16 minuti di match, le statistiche sono mediocri ma equilibrate (23 vincenti e 32 errori delPo, 22 vincenti e 27 errori Djokovic), però i punti importanti li ha fatti Nole, preciso e continuo, e il vantaggio è meritato. Nel terzo set, sul 2-1 per il serbo, Juan Martin annulla una palla break che rischia di essere definitiva con un bel servizio, poi uno scambio con difesa da alieno di Djokovic, che raccatta tutto dai teloni e alla fine incassa l’errore avversario, ne produce un’altra, e qui il rovescio lungo di delPo è gravissimo. 3-1 per Nole, potrebbe essere l’allungo decisivo. Reazione d’orgoglio dell’argentino, che si arrampica a una palla del contro-break, Djokovic si prende un warning per time violation alla battuta, viene poi battuto nello scambio ravvicinato a rete, e cede la battuta per la seconda volta nel match. Poco dopo, con i cori “Delpoo, Delpoo” che riprendono timido vigore, Juan Martin pareggia 3-3, rimettendo in carreggiata il parziale. Ma è l’ultimo colpo di coda per delPo: il break subìto due game dopo, male, con diversi errori, manda Djokovic al servizio per chiudere il match sul 5-3. Lo US open 2018 viene chiuso poco dopo da uno smash di Nole, che va a terra esultante, per poi abbracciare Juan Martin a rete. Grande torneo per Djokovic, grande stagione in generale con due titoli Major, raggiunto Pete Sampras a 14, sono 71 i tornei vinti in tutto. La classifica di lunedì lo vedrà al numero 3 ATP, il mondo del tennis lo vedrà come uno dei favoriti ovunque giocherà.
Del Potro è emozionato alla premiazione: “Non è facile parlare ora, ma vi voglio bene ragazzi. Sono felice di aver giocato la finale con un avversario che è un idolo, mi dispiace aver perso, ma tanti complimenti a lui e al suo team. Non mi sono mai arreso durante i miei periodi da fermo per infortunio, con le operazioni ai polsi, lo US open è il mio torneo preferito. Grazie a tutta la gente argentina che mi ha sostenuto, grazie agli amici, uno può vincere o perdere un torneo, ma l’amore della gente che ti vuole bene vale più di qualsiasi coppa”.
Ovviamente leggerissimo Djokovic, che sta tornando alle sue vette: “Il supporto di quelli che mi sono vicini, che c’erano anche quando le cose erano dure, con l’intervento al gomito, e per questo capisco bene Juan Martin, è stato fondamentale per i miei successi di quest’estate. Stare di fianco fianco a Sampras a 14 titoli, beh, posso dire Pete, ti adoro, sei il mio mito, mi sarebbe piaciuto che tu fossi qui! A Juan Martin dico che sicuramente lo rivedremo qui, con il trofeo in mano. A un certo punto, con i fan serbi e argentini, sembrava una partita di calcio, grazie ragazzi, è stata un’atmosfera fantastica per lui e per me. C’è John McEnroe? Adoro anche lui!”.