Il giudice di sedia svedese Mohamed Lahyani è tra i più noti del circuito ATP. Spesso viene additato – non di rado a ragione – di protagonismo, nei suoi atteggiamenti verso giocatori e pubblico. Dopo la vicenda del secondo turno degli US Open nel match tra Nick Kyrgios e Pierre-Hugues Herbert, in cui l’arbitro è sceso dalla sedia per andare a incoraggiare Kyrgios a fare meglio, Lahyani è stato squalificato per due tornei e dovrà quindi saltare l’ATP 500 di Pechino e il Masters 1000 di Shanghai. Non è prevista alcuna pena pecuniaria. Va ricordato che l’episodio è accaduto sul 6-4 3-0 Herbert e che poi il match è stato vinto dall’australiano in quattro set.
In quell’occasione il giocatore francese si era infuriato in conferenza stampa col giudice di sedia e aveva, com’è ovvio, tutte le ragioni: un arbitro, cioè la parte terza per definizione, che scende dalla sedia e accorre verso l’avversario incoraggiandolo a dare di più (dando così seguito anche fisicamente a un cambio di ruolo), è inaccettabile. Proviamo a immaginare Paulo Dybala che, durante Juventus-Napoli (meglio non collocarci al San Paolo di Napoli, già è grave quello che segue a favore della Juve…) si ritrova finalmente titolare, non più oscurato da Cristiano Ronaldo, ma nonostante si danni come un matto non riesce a incidere neanche col coltello. Ad un certo punto, dopo un’ora decisamente incolore, un traversone da sinistra lo imbecca alla perfezione e la Joya, altrettanto alla perfezione, mette giù il pallone e con una finta tipicamente argentina si libera di Koulibaly, pronto per tirare in porta. La conclusione però finisce malamente a lato, per la disperazione dello Stadium e dello stesso Dybala, che stramazza a terra a metà tra l’incredulo e il disperato. Ecco, immaginiamo che a questo punto il signor Rocchi si avvicini al giovane sudamericano e lo incoraggi apertamente, per fargli capire che può dare molto di più: “Sei meglio di così, Paulo. Ti voglio aiutare”.
Il resto della storia è già scritto: i giocatori napoletani che accerchiano l’arbitro ben più minacciosi del doppista francese, i talk-show calcistici che ci sguazzano per settimane riproponendo il filmato all’infinito, il presidente De Laurentiis che chiede e ottiene un’interrogazione parlamentare sull’accaduto, con attempati senatori grillini fianco a fianco dei colleghi del PD e di Forza Italia, in un’azione politica di vera unità nazionale come non si vedeva dai tempi della Costituente… Insomma, se il match fosse stato Federer-Djokovic (a proposito, grazie ancora Millman, a buon rendere…) e se il tennis fosse il calcio come lo viviamo in Italia, a quest’ora Lahyani non starebbe scontando due tornei di squalifica ma due anni di nascondigli sull’Aspromonte o sul Gennargentu. Eccessi e battute a parte, il giudice di sedia scandinavo va incontro a una punizione inevitabile per quella che è a tutti gli effetti una palese invasione di campo. Non esiste né in cielo né in terra che un arbitro si avvicini a uno dei due giocatori e lo sproni a dare di più.
Dal punto di vista di Pierre-Hugues Herbert, la frustrazione provata è dunque del tutto sacrosanta. Quello che però va escluso è l’effettivo condizionamento della partita da parte dell’arbitro. Per quanto tu giocatore sia vittima, magari compiacente, dei tuoi assilli mentali, del fatto che la gente non può sapere cosa frulli veramente nella tua testa, per quanto tutto sommato stai giocando un secondo turno dello Slam e quindi porterai a casa comunque vada un cospicuo bottino, per quanto, in breve, sei uno alla Nick Kyrgios – anzi, sei proprio lui – un giudice di sedia che scende, ti si avvicina e ti fa coraggio potrà al massimo sorprenderti, ma non cambierà le tue motivazioni e dunque il corso degli eventi. Anche se sei Nick Kyrgios, sei un giocatore professionista e ciò che ti spinge a scendere in campo possono essere i soldi, la voglia di vincere o i doveri della professione, non può essere un Lahyani che abbandona la sedia e ti dice qualcosa che cambierà cosa ti spinge a giocare. Questo vale per le teste calde come il giovane di Canberra ma anche per un Roger Federer o un Rafa Nadal. Sono professionisti, non juniores alle prime armi. Il fatto che da quel momento Kyrgios abbia cominciato a giocare meglio e iniziato la rimonta è puramente casuale, altrimenti dovremmo mettere un pezzo di nastro adesivo sulle bocche dei tifosi, perché a quel punto qualsiasi incoraggiamento potrebbe cambiare l’esito del match. Ecco perché sono sacrosanti due tornei di squalifica, non un giorno di più.
C’è poi un ultimo aspetto da considerare, quello da cui siamo partiti: il protagonismo del signor Lahyani. In questo caso, il giudice di sedia svedese va assolto. Non ha agito per far vedere quanto è bravo a motivare quel matto di Kyrgios, ha fatto quel gesto vano e inopportuno per romanticismo. Mohamed, proprio perché ama e si sente amato dal pubblico, non accettava che una partita con quel talento in campo si risolvesse in modo del tutto anonimo, così è andato da Nick sperando che le sue parole potessero invertire la tendenza e dare agli spettatori lo spettacolo che mancava. Di fatto lo ha ipotizzato anche il doppista Davis francese: ”Era forse anche preoccupato della qualità dello spettacolo. La gente aveva cominciato ad andarsene già dopo il primo set, e dopo il 3-0 ancor di più, perché vedevano che Nick non era in giornata…” “Hai visto mai – avrà pensato Lahyani – che se vado a dirgli che può fare meglio, Nick è talmente sorpreso che si mette a giocare come sa, Herbert risponde da par suo e il pubblico ha finalmente quel che si merita?” Insomma, un gesto vano, fuori luogo, ma molto romantico. E per una volta disinteressato. Se poi alla fine del match leggendario e spettacolare che Mohamed aveva immaginato un tifoso gli avesse chiesto un autografo ringraziandolo di cuore, lui non si sarebbe di certo sottratto…