3- le semifinali raggiunte nel 2018 da Karolina Pliskova, una sola delle quali vinta (nel Premier di Stoccarda, quando poi ha conquistato il titolo). Con questo misero bottino racimolato la ceca si è presentata al Premier di Tokyo. La classifica, come sempre giudice implacabile del rendimento di un tennista, ne ha inevitabilmente risentito e nella capitale giapponese la ceca si è presentata da numero 8 del mondo: e dire che Karolina a gennaio era 4 e, appena ad agosto di un anno fa, era la prima giocatrice al mondo. Particolarmente deludente è stata la seconda parte di stagione di Pliskova: dopo aver vinto a Stoccarda e aver raggiunto la semi a Madrid (sconfiggendo Halep) Karolina è calata notevolmente nel rendimento, proprio sulle superfici dove più si sente a suo agio, erba e cemento all’aperto: ha raggiunto appena due quarti (Eastbourne e US Open) nei successivi nove tornei ai quali si è iscritta dopo quello della capitale spagnola. A Tokyo è arrivata in finale al termine di tre match durati ciascuno più di due ore, tutti conclusi nel set decisivo: nell’ordine, la ceca ha sconfitto (4-6 6-4 6-4) Gavrilova, 33 WTA; ha annullato due match point a Riske (6-1 6-7 7-6), 75 WTA e infine ha eliminato Vekic (6-2 4-6 6-3), 45 WTA. In finale, nella partita più difficile – contro la fresca campionessa degli US Open Naomi Osaka, 7 WTA – Karolina ha vinto con un duplice 6-4. Risorta, ma vari San Tommaso l’aspettano al varco dei prossimi tornei asiatici per credere nella fine della sua crisi: a Wuhan, per dar ragione a certi critici, è già stata eliminata.
5- i tennisti italiani impegnati nel circuito maggiore la scorsa settimana, tutti iscritti al ricco ATP 250 di San Pietroburgo. Se Lorenzo Sonego – fresco di ingresso nella top 100 dopo il secondo turno a New York e la vittoria del Challenger di Genova – è stato fermato al primo turno delle quali (dopo aver sprecato un doppio break di vantaggio nel terzo) da Safiullin, 290 ATP, nel tabellone cadetto meglio ha fatto Luca Vanni. Il 33enne toscano è infatti tornato a giocare dopo un anno e mezzo (a Marrakech) in un main draw ATP perdendo con onore (5-7 2-6) da Bautista Agut, che poi avrebbe sconfitto anche Cecchinato. Dopo la sconfitta patita al secondo turno contro Millman agli US Open, è tornato in campo il nostro numero 1: Fognini, arrivato a San Pietroburgo in finale nel 2012 e nel 2017, questa volta si è arreso all’esordio, perdendo per la terza volta in sette precedenti da Klizan, vincitore col punteggio di 6-3 6-4. Le vittorie a livello di tabellone principale sono arrivate da Cecchinato e Berrettini: il siciliano è tornato al successo a più di due mesi dall’ultima volta (la finale vinta a Umago su Pella), interrompendo una serie di cinque sconfitte consecutive. L’affermazione (7-5 7-6) su Lacko, che lo aveva sconfitto a giugno nelle semi di Eastboune, rappresenta la prima vittoria sul duro in condizioni indoor. Benino anche Berrettini: Matteo ha impiegato tre set (7-6 2-6 6-3) per riscattare la brutta partita persa a New York contro Kudla e sconfiggere Garcia Lopez, 80 ATP. Con lo stesso numero di set il romano si è poi arreso però all’enfant prodige Shapovalov, 34 ATP, vincitore col punteggio di 7-6 4-6 6-0.
Le maggiori soddisfazioni sono arrivate così dal doppio: l’attuale numero 1 azzurro, e colui che molto probabilmente lo diverrà, nonostante siano separati da nove anni di età, si sono cimentati per la prima volta in carriera assieme, con ottimi risultati. Fognini e Berrettini hanno infatti conquistato rispettivamente il quinto e secondo titolo nella specialità perdendo un solo set contro la talentuosa coppia Rublev- Shapovalov, prima di ingranare e sconfiggere esperti doppisti come Paes (nei quarti) e Mirny (in semi), e infine aggiudicarsi la finale con un duplice tie-break contro gli specialisti – e terzi favoriti del seeding – Jebavy Middelkopp.
6 – i top ten presenti alla seconda edizione della Laver Cup 2018, uno in più di quanto accaduto l’anno scorso. A Chicago, oltre a due leggende del nostro sport come Federer e Djokovic, erano presenti alla sfida tra Europa e Resto del Mondo anche Zverev, Dimitrov, Anderson e Isner, senza dimenticare altri quattro top 20. Al di là delle vistose esultanze esibite dai protagonisti, è difficile credere sino in fondo al reale coinvolgimento emotivo. La Laver cup è una competizione in cui il senso di appartenenza è per forza di cose flebile, tanto più in una manifestazione senza tradizione (a differenza di quanto avviene nel golf con l’analoga Ryder cup). Non si ricorda chi ha vinto tra Europa e Resto del mondo o almeno non quanto resta impressa la smorfia di gioia del campione dopo un bel punto o l‘highlight di uno scambio spettacolare Le rivalità e la conseguente adrenalina sono poi annacquate, oltre che da risultati non omologati nelle statistiche dei precedenti, da regole nel punteggio diverse da quelle utilizzate nel circuito. Tuttavia, non si può negare il successo della competizione e la sua capacità di offrire spettacolo e far appassionare il pubblico. In questa coppa, i doppi tornano a rivestire un grande importanza: possono essere composti da coppie inedite e estremamente affascinanti (nel 2017 si videro assieme Nadal e Federer, quest’anno è stata la volta del campione elvetico con Djokovic). La Laver Cup sembra insomma un esperimento ben riuscito, capace anche di incrementare il suo fascino di pari passo con l’acquisto di una certa tradizione.
9 – i successi di Camila Giorgi contro tenniste nella top ten del ranking WTA. L’ultimo è arrivato contro la numero 2 del mondo Caroline Wozniacki, nel secondo turno del Toray Pan Pacific Open di Tokyo, torneo di categoria Premier. Un successo che, unito al primo turno vinto su Misaki Doi (6-2 6-4), 170 WTA, e a quello nei quarti sull’ex numero 1 del mondo Vika Azarenka (ritiratasi nel primo set) le ha permesso di arrivare in semifinale, dove poi è stata fermata da Osaka. Un approdo capace in ogni caso di consegnarle i pesanti 185 punti che uniti alla prematura sconfitta di Sakkari a Wuhan valgono il nuovo best ranking (20) che migliora il 30esimo posto raggiunto nel 2015, anno della vittoria dell’unico titolo (sull’erba di S’Hertogenbosh). In vista di ulteriori miglioramenti, fa sperare in tal senso lo score della maceratese contro le top ten: sebbene abbia giocato molto meno dei nostri giocatori o giocatrici degli ultimi decenni – e quindi il dato sia da prendere con le molle – Camila ha una percentuale del 38% di vittorie contro le più forti. Uno score decisamente migliore di quello del nostro miglior tennista maschile negli ultimi 40 anni, Fognini (12V/54P, 18%), e di Seppi (9-82, 10 %). Venendo a un più calzante paragone con le donne che hanno fatto la storia del nostro sport, Camila sinora ha fatto molto meglio non solo di Silvia Farina (12-77, 13%), ma anche di Errani (13-54, 19%), Vinci (15-63 (24%), Schiavone (30-101, 23%) e Pennetta (28-57, 33%). Sono numeri che servono però a ben poco se Camila non troverà la tanto invocata continuità fisica (negli ultimi due anni ha saltato per infortuni parti della stagione) e soprattutto mentale. In questo 2018 sta raggiungendo la sua migliore classifica senza essere mai giunta in finale in alcun torneo, con tre sole semifinali e l’exploit dei quarti a Wimbledon, raggiungendo un maggior numero di piazzamenti, sintomo di miglioramenti in tal senso. A 27 anni da compiere a fine dicembre, la maturazione può ancora avvenire.
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