Rispetto a una prima giornata a senso unico, l’incontro delle WTA Finals di Singapore che inaugura il gruppo rosso ha avuto come unico pregio l’essere giunto al terzo set. Per il resto, dispiace constatare che Naomi Osaka e Sloane Stephens, alla fine vincente per 7-5 4-6 6-1, hanno messo in scena uno dei peggiori spettacoli della stagione tennistica. Specialmente considerato il livello della competizione, che dovrebbe rappresentare l’élite del tennis femminile, ci si sarebbe aspettato molto di più di una valanga di errori gratuiti (31 per la statunitense, addirittura 46 per la giapponese) e di una totale assenza di ritmo per più di due o tre scambi consecutivi. Invece, questo è stato.
Nel loro esordio all’evento di fine anno, Osaka e Stephens si sono comportate ben al di sotto di ogni sorta di sufficienza. Tanto nel gioco quanto nell’atteggiamento, entrambe sono parse i costumi di Halloween delle giocatrici che nei dodici mesi della Race (o poco più) si erano spartite il Sunshine Double e le coppe degli US Open, aggiungendovi risultati e prestazioni tali da confermare di non essere soltanto le figlie benedette da una o due settimane di grazia. Lo scambio di servizi persi in avvio è stato il preludio a una serie di brutture tecniche e tattiche, break più restituiti che recuperati e mini-crisi di nervi che neppure i ripetuti interventi dei coach sono riusciti ad arginare.
Alla fine ad avere la peggio è stata Osaka, a un certo punto frustrata dai suoi colpi fuori bersaglio al punto da inginocchiarsi platealmente a terra. Per lei si è trattata appena della seconda sconfitta al set decisivo in stagione, segno che qualcosa è andato molto, molto storto rispetto al solito. La stanchezza, il jet lag ancora non smaltito, un po’ di tensione sono senza dubbio attenuanti di cui tenere almeno parzialmente conto, anche se nessuna delle due sembrava propensa a esserne vittima. Sta però di fatto che Bertens e Kerber, in campo nel secondo incontro del Red Group, sanno di avere una grossa chance di raggiungere entrambe la semifinale contro avversarie in queste condizioni.
Guardando avanti agli incontri di mercoledì, Stephens può quanto meno contare su una vittoria, a prescindere dal modo in cui la ha ottenuta – con un doppio fallo sul match point, dopo averne inanellati un gran numero lei stessa nell’arco delle due ore e mezza precedenti, incluso quello che aveva invece spento il secondo set. Ma al comando non ci è mai veramente stata: zero ace, diciannove palle break concesse… Numeri che, uniti ad alcuni spostamenti in avanti al limite dello sperduto e colpi da fondo non di rado strozzati, segnano un bilancio per nulla incoraggiante per lei. E, soprattutto, un pomeriggio davvero mediocre per gli spettatori, i quali avranno certo sperato in qualcosa di meglio in regalo dal secondo match di giornata e non sono stati delusi. O forse si.
La tendenza alla lotta in questa seconda giornata di finali, contrapposta agli inflessibili monologhi del prologo domenicale, è proseguita, esacerbata, anche nell’incontro tra Angie Kerber e Kiki Bertens, vinto da quest’ultima tra errori e terrori al fotofinish del terzo allo scoccare delle due ore di gioco, quando tutto deponeva a favore di una sua sconfitta circa sessanta minuti prima. Avevamo prenotato alla biondissima olandese il lettino dello psicanalista, quando, inopinatamente sconfitta da Sasnovich a Mosca, non aveva saputo approfittare degli eventi favorevoli che l’avrebbero spinta a Singapore, dov’è poi approdata soltanto grazie alle pene fisiche di Simona Halep, capoclassifica costretta a marcare visita in Asia. Sballottata per quaranta minuti d’inferno da una Kerber in assoluto controllo della situazione, Kiki è riapparsa in carreggiata all’improvviso, destabilizzando la mancina di Brema, ormai convinta di aver intascato il primo punto del girone.
Appaiata la tedesca sull’uno pari nel primo set, Bertens è naufragata in un abisso di gratuiti, doppi falli e soliloqui che immaginiamo turpi, trovandosi all’improvviso sotto il macigno di uno score recitante 6-1 2-0 in favore della campionessa di Wimbledon, serafica sull’onda del parzialone da sette game a uno. Finita? Occorre chiamare nuovamente in causa il terapeuta di cui sopra, poiché, corroborata da una risposta, specie incrociata, finalmente efficacie e da un sapiente uso di tagli e pregevoli drop, a Kiki è riuscita l’impresa di insinuare fastidiosi granelli di sabbia negli ingranaggi di Kerber, rendendole un’improbabile pariglia: sette game a uno per lei con tanto di break all’alba della terza frazione, per lo stupore (e lo sconcerto) di pubblico e numero due del mondo. Emblema dello psicodramma collettivo, il set decisivo si è subito trasformato in una sfida al Traversone, gioco reso celebre dai lombardi con il nome di Ciapa no: incapaci di staccarsi l’una dall’altra, le giocatrici hanno subito break per i primi sette giochi, tanto che quello decisivo si è rivelato l’ottavo, quando l’olandese è finalmente riuscita a conservare la battuta, non prima di aver dovuto annullare tre consecutive palle del quattro pari.
Il corso dei servizi su cui si è adagiato il finale dell’incontro ha dunque consegnato il successo a Bertens, la quale, da potenziale riserva, si trova ora tra le mani la grande chance di andare in semifinale: la giornata di domani, dedicata al giusto riposo, dovrebbe consentirle di ristorare un fisico certo provatissimo, in vista dell’importante sfida di vertice a Sloane Stephens.
A cura di Raoul Ruberti ed Emmanuel Marian
Risultati (Gruppo Rosso):
[5] S. Stephens b. [3] N. Osaka 7-5 4-6 6-1
[8] K. Bertens b. [1] A. Kerber 1-6 6-3 6-4