La stagione di Caroline Wozniacki si è conclusa con rammarico, dopo l’eliminazione dal Gruppo Bianco delle WTA Finals di Singapore. La vera notizia, però, è arrivata poco dopo il match. La danese, una volta liberatasi da un 2018 carico di pressioni, ha confessato ai giornalisti presenti alla conferenza stampa post-partita di avere una malattia autoimmune, l’artrite reumatoide, riscontrata dopo il torneo di Wimbledon, circa due mesi fa. “Devo essere onesta”, ha iniziato Caroline. “Da Wimbledon in poi non sono stata bene. Pensavo fosse l’influenza. Ero in vacanza e non mi sentivo bene. Ad ogni modo, pensavo di superarla. Vado a Washington, ho dolore al ginocchio e alla gamba. Cerco di andare avanti. Gioco a Montreal e noto che c’è qualcosa che non va, perché non riesco a sollevare il braccio sopra la testa. Non so davvero cosa sia. Il dottore mi dice che è tutto ok, ma io so che non è così. Ho cercato di scoprire che problema avessi e alla fine è venuto fuori che soffro di artrite reumatoide, che colpisce le articolazioni. È stata dura da sopportare dopo lo US Open, a quel punto mi son resa conto del problema. Sono andata da uno dei migliori dottori in circolazione e ho iniziato la cura. Ovviamente non è l’ideale, soprattutto per un’atleta professionista, ma alla fine cerchi di trovare un piano, capire cosa fare, e grazie al cielo ci sono tante opzioni a riguardo al giorno d’oggi”.
Il racconto della campionessa dell’Australian Open mette sotto una luce totalmente diversa i risultati da lei ottenuti dopo la stagione su erba. I ritiri, le cinque sconfitte in sette match disputati tra agosto e settembre e le difficoltà riscontrate in campo hanno ora una chiara spiegazione. “Non ho voluto parlarne durante l’anno perché non vorrei dare a nessuno l’idea che io non stia bene, ma mi sono sentita bene. Ho imparato come affrontare i match. Alcuni giorni non puoi alzarti dal letto e devi accettarlo, altri giorni puoi vivere e stai bene e pensi di non avere nulla. Ora sono contenta che la stagione sia finita, posso controllare meglio la situazione e cercare un modo per affrontarla meglio nel futuro”.
Ora le domande più grandi riguardano il futuro della sua carriera. Nel circuito ci sono diversi casi di atleti affetti da malattie autoimmuni. Alexandr Dolgopolov nel 2012 ha scoperto di avere la sindrome di Gilbert, una patologia benigna al fegato scoperta solamente il secolo scorso. Nel Tour femminile, un anno prima è stata diagnosticata a Venus Williams la sindrome di Sjorgen, un’infiammazione cronica al sistema immunitario che colpisce la ghiandole esocrine, alla quale fa fronte anche grazie a una dieta vegana.
Wozniacki ha risposto così alla domanda sul destino della sua carriera: “È una malattia autoimmune, perciò è qualcosa con cui devi imparare a convivere ogni singolo giorno. Devi ascoltare il tuo corpo. Per fortuna io conosco bene il mio e mi sono resa conto in tempo, perché sentivo che c’era qualcosa che non andava bene. Molte persone invece aspettano troppo e scoprono tardi il problema. Ora le cure mediche sono eccezionali, hanno fatto grandi progressi negli ultimi 15-20 anni. Oltre alle cure, dovrò fare attenzione alla mia dieta, al riposo e a tutto il resto. All’inizio ovviamente è stato uno choc, ti senti l’atleta più in forma e tutto d’un tratto devi far fronte a un problema del genere. Devi stare positivo e affrontarlo, ci sono molti modi di sentirti comunque bene“.
Infatti nonostante la malattia da poco diagnosticata, Wozniacki ha comunque centrato la qualificazione per il torneo di Singapore e ha addirittura vinto il titolo nel torneo di Pechino, un successo dal sapore particolare per lei, visto il momento che stava affrontando: “Ha significato tanto per me. Il mio dottore è stato fantastico perché mi ha detto che potevo fare qualunque cosa, dovevo solo ascoltare il mio corpo e credere di potercela fare. Vincere a Pechino mi ha fatto capire che niente mi può frenare. So che nel mondo ci sono tantissime persone che combattono questa malattia e per fortuna io posso essere per loro qualcuno a cui possono guardare e dire: ‘Ce la posso fare anch’io'”.