Nessuna sorpresa per quanto riguarda il premio “Coach of the year” assegnato dagli allenatori del circuito ATP: a vincerlo è stato lo slovacco Marian Vajda, il ritrovato coach di Novak Djokovic (mentre nel circuito femminile a conquistare il premio è stato Bajin, coach di Naomi Osaka). Dopo la separazione durata un anno, insieme al preparatore atletico Gebhard Gritsch, Vajda ha ripreso dallo scorso aprile a seguire il serbo alle prese con il suo periodo più buio, culminato nelle bruttissime prestazioni offerte contro Daniel e Paire al Sunshine Double e il “peggior ranking” al 22esimo posto di giugno.
Con il punto di svolta a Wimbledon (come rivelato dallo stesso Vajda al direttore), Djokovic è tornato a macinare vittorie fino a chiudere l’anno al numero uno – quinta volta in carriera – dopo aver aggiunto due trofei al suo palmarès Slam; inoltre, il titolo a Cincinnati gli è valso l’ultimo Masters 1000 che mancava all’appello. Una corsa inimmaginabile nei primi mesi della stagione che è stata premiata con il “Comeback of the year”. Se quel riconoscimento era quasi scontato, pressoché inevitabile è stata la vittoria di Vajda sugli sfidanti Jan de Witt (coach di Nikoloz Basilashvili, titoli ad Amburgo e Pechino), Sebastian Prieto (Juan Martin del Potro, arrivato al n. 3 della classifica), Carlos Moya (Rafael Nadal ancora dominatore sulla terra battuta) e, naturalmente, Simone Vagnozzi, nell’angolo di quell’incredibile Marco Cecchinato che al Roland Garros aveva inflitto a Nole la sconfitta più dura da sopportare.
“Vorrei davvero dedicare questo a tutto il nostro team” ha dichiarato Marian, classe 1965 e n. 34 ATP a ventidue anni, che ha poi aggiunto a proposito di Djokovic: “Sono davvero felice che dopo il rientro abbia raggiunto il numero uno del mondo”.