(foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)
Quello che avrebbe dovuto essere l’incontro più impegnativo per Rafael Nadal si è invece risolto in un’ora e tre quarti di dominio su uno Stefanos Tsitsipas che è giustamente entrato in campo credendo di potersela giocare. A dargli fiducia, oltre alle vittorie e al tennis espresso nei turni precedenti, è stata la finale di Toronto dove, a suo parere, è stato vicino a batterlo e dalla quale pensava di aver imparato molto sul gioco dell’avversario. Se è vero, il risultato di questa semifinale ha una spiegazione logica: Rafa ha giocato in modo diverso. “Sì, assolutamente” conferma Stefanos dopo l’incontro e specifica che il cambiamento riguarda “aggressività e servizio”. Un servizio intoccabile che ha concesso sei punti in dodici turni e una sola palla break, non sorprendentemente al momento di chiudere un incontro già finito. È questo fondamentale ad aver stupefatto il greco. “Sì, mi ha sorpreso. Non è uno dei big server, ha un servizio piuttosto nella media. Ma è snervante non andare neanche vicino a fargli il break”.
Sull’argomento, Rafa prende una posizione netta, come riporta esaustivamente il Direttore nell’editoriale: “Il problema è che, siccome ho vinto tanto sulla terra, le persone probabilmente pensano che io non sia aggressivo. Non c’è modo migliore di essere aggressivi che giocare ogni colpo con scopo di creare danni all’avversario. Oggi posso fare quei danni un po’ prima rispetto al passato perché in questo torneo sto servendo alla grande, così la prima palla dopo la battuta è un po’ più facile”.
La corsa interrotta in maniera così brutale a due (benché enormi) passi dal finale da favola lascia sensazioni contrastanti in Tsitsipas. “Onestamente, non so cosa trarre da questo match. Non mi sono neanche avvicinato a raggiungere qualcosa. Mi sento strano. Sono felice della mia prestazione nel torneo, ma allo stesso tempo deluso. Sento che avrei potuto fare un po’ meglio oggi. Non è così che avrei voluto finire il torneo. Come minimo, volevo lottare, magari un quarto set, tirare fuori qualcosa, non andarmene con sei giochi”. Stefanos salva parzialmente il suo secondo set, ma rimarca la grande aggressività dell’avversario dalla linea di fondo e la sensazione diversa rispetto al gioco degli incontri precedenti. “Sembrava una dimensione completamente diversa” ammette. “Non ti dà ritmo. Semplicemente, ha uno stile diverso rispetto agli altri. Ha questo, non so, talento che nessun altro possiede. Ti fa giocare male. Non so, lo chiamerei talento”.
Cerca di mettere ordine nelle sensazioni e nei pensieri confusi dalla performance di Rafa. “Gli angoli che usava, il mio cervello era abituato a un certo ritmo del gioco con tutti i destrimani che ho incontrato questa settimana. Con lui, mi sentivo sempre in contropiede, non a punto”. Stefanos, migliorato tantissimo sul piano della velocità e degli spostamenti, ha avuto impressioni ben differenti da quelle abituali durante la semifinale. “Mi sembrava di essere uno di due metri e dieci che non sa muoversi sul campo. Questo non sono io. Dall’inizio e per tutto l’incontro mi sentivo strano, il corpo rigido. Non direi che di aver servito bene. Ripeto, ha il dono di farti giocare male. Tutto qui”.
A distanza, Nadal lo rassicura quando gli viene domandato se si ricorda una sconfitta in cui era stato nettamente sovrastato e come la si supera. “Fa parte del gioco. Tutti hanno bisogno di passarci, di vivere quell’esperienza. Ho perso abbastanza volte da saperlo. Se ne ricordo una? No, ne ricordo parecchie. Quando perdi, è normale essere giù”. Rafa trova anche il modo di rassicurare i giornalisti sul perché si sia ritrovato nudo di fronte a John McEnroe. “Ero in bagno e mi stavo cambiando. Faceva parecchio caldo. Ho sentito che c’era qualcuno, ma non potevo aspettare un’ora che se ne andasse. Tutto qua”.
Nonostante la vittoria su Federer, Stefanos non ha accusato il minimo cedimento di energie mentali del quale avrebbe potuto facilmente approfittare un Bautista Agut dall’inizio d’anno strepitoso. Ma sulle sue spalle si sono aggiunti quei quattro set durissimi. “Mentalmente, non ero così tanto nel match, direi. Mi sentivo svuotato, il che è stano perché non mi accade mai quando gioco. Volevo davvero svegliarmi. Sentivo che i miei tempi di reazione erano molto lenti, come se tutto non fosse all’erta come al solito. Mi sentivo un po’ giù, un po’ peggio del solito. Non so come spiegarlo. Immagino dipenda dall’incontro precedente o dall’intera settimana, sto cercando di capire cosa sia andato storto oggi”.
Qualcosa di molto simile gli era accaduto a Bercy, sconfitto all’esordio da Damir Dzumhur, avversario di ben altro valore ma che ha comunque la capacità di far giocare male. O c’è stato dell’altro in quell’occasione? “Cercavo un motivo per essere in campo, ma non lo trovavo. In realtà, mi ero allenato con Rafa quella volta. Ci siamo allenati e poi lui si è ritirato dal torneo. Il giorno dopo, non so, ho giocato in modo orribile. Non ero io. Il suo stile ha qualcosa che sembra farti lavorare più del solito l’altra metà del cervello. Sto cercando di capire, ma ancora non riesco a trovare una spiegazione”. Nell’attesa di trovarla, per trovare il giusto ritmo, la prossima volta potrebbe essere meglio fare un’oretta con Berdych che con Nadal.
Stefanos riconosce che questo Australian Open ha cambiato la sua carriera dandole una nuova dimensione e ripercorre le vittorie contro Federer, Bautista e Matteo Berrettini, “un grande giocatore, secondo me”. Immancabile arriva il richiamo alla vittoria di Roger Federer contro Pete Sampras a Wimbledon 2001, torneo da cui fu eliminato al turno successivo: considerando quanto ha poi fatto lo svizzero, non dovrebbe essere troppo depresso per questa sconfitta. Stefanos è d’accordo, ma qualcos’altro lo assilla, probabilmente confuso nell’errore di prospettiva dall’incontro appena disputato: “Sto solo cercando di pensare come Federer lo abbia battuto… Stile di gioco simile al mio. Sto cercando di capire: non voglio perdere dieci volte da Rafa”.