Tempesta Novak. La partita perfetta, dopo i tormenti c’è solo la storia (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello sport)
Il mio nome è Tempesta. Tuoni, fulmini e saette. Djokovic incenerisce e demolisce. Il settebello a Melbourne matura al culmine della partita perfetta, un’esecuzione sportiva che annienta perfino un gladiatore come Nadal: Rafa, in 25 finali dello Slam, non aveva mai perso in tre set e conquistato appena otto game. Un’esibizione di potenza, anzi di dominio intangibile, che riscrive i libri di storia del tennis e di quella personale del Djoker. Il terzo uomo, colui che fino al 2011 viveva all’ombra di Federer e del diavolo maiorchino, raccogliendo briciole di gloria, adesso ha un saldo vincente con entrambi e minaccia il doppio sorpasso nei Major, l’emblema della grandezza. Nessuno era mai riuscito a vincere tre Slam di fila per tre volte, nessuno si era mai annesso sette Australian Open (…)
Un Nole chirurgico, concentrato, feroce, affamato, apre la contesa con un 12-1 nei punti fatti, con un servizio che lo spagnolo non legge, con i piedi dentro il campo e una profondità di palla insostenibile per Rafa, costretto a giocare due metri dietro la riga di fondo. Il numero due del mondo, in affanno fisico perché per la prima volta in due settimane deve difendere e non può essere aggressivo, va subito in apnea e non emergerà più, affondando in rete il rovescio che potrebbe restituirgli un po’ di ossigeno nell’unica sua palla break del match, sul 3-2 sotto nel terzo set. Game over, il 28° successo di Djokovic nei confronti diretti (25 vittorie di Nadal) è anche il più semplice e il più distruttivo, e adesso i tre titani che stanno segnando l’epoca più florida del tennis sono anche tutti sul podio degli Slam conquistati. Djokovic, a 15, stacca infatti Sampras, l’idolo per il quale si innamorò del tennis nel bar-pizzeria gestito dai genitori: «Una delle prime immagini che mi si sono rimaste impresse è quella di Pete che vince il primo titolo a Wimbledon nel `92. Ero un ragazzino a Kopaonik, un resort di montagna nel sud della Serbia. Nessuno aveva mai preso in mano una racchetta prima di me, è stato sicuramente un segno del destino iniziare a giocare a tennis con l’aspirazione di diventare come Sampras». (…)
Vien quasi da sorridere a pensare che l’ultimo ad averlo battuto in uno dei quattro tornei che contano di più rimane il Cecchinato di Parigi. Ma quello era un Djokovic tormentato dalle incertezze, confuso e in cerca di se stesso dopo l’infortunio al gomito: «Non voglio sembrare arrogante, ma credo sempre in me stesso. E penso di averlo dovuto fare come mai nella vita un anno fa dopo l’intervento chirurgico perché non stavo giocando bene, non mi sentivo bene in campo, avevo dubbi su tutto. Ho vissuto intensamente tutto il percorso, ma era altamente improbabile vincere tre Slam. Devo solo esserne cosciente e capire che sono fortunatissimo». Una fortuna che si è cercato tornando all’antico, a coach Vajda, dopo improbabili percorsi con altrettanto improbabili guru. E il taciturno Martin lo ha ricostruito, tecnicamente e mentalmente: « (…) Tra noi non ci sono segreti, ci conosciamo dal 2006 e ci siamo sempre fidati uno dell’altro. Il record di 20 Slam di Federer? Lontano, non impossibile: bisogna rimanere in salute e continuare a giocare con questa intensità, ma abbiamo il vantaggio dell’età. Secondo me, è più probabile possa puntare al Grande Slam». La parola magica, già accarezzata tra il 2015 e il 2016 e che torna di moda, soprattutto se in due partite tra semifinale e finale concedi appena 15 gratuiti: «Ci sono molti tornei prima del Roland Garros, sulla terra devo giocare meglio di quanto abbia fatto nella scorsa stagione. Certo, il Grande Slam è la sfida massima per un tennista, vorrà dire che porterò Rod Laver nella mia squadra…». Sarebbe la tempesta perfetta
Sostiene Panatta «II Grande Slam è alla sua portata» (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)
Dei suoi amati «pof pof», suoni di un tennis che non c’è più, se ne sono sentiti pochi nella finale tra Djokovic e Nadal, ciò non toglie che Adriano Panatta, da uomo di racchetta, il match se lo sia gustato dall’inizio alla fine: «Sì, non è servito molto tempo… Nole ha preso letteralmente a pallate il povero Rafa», ha sottolineato il campione del Roland Garros 1976 (…).
II serbo, dopo aver ventilato l’ipotesi del ritiro, ed essere stato fuori dai giochi per mesi nel 2018, è tornato in estate firmando Wimbledon e Us Open. A Melbourne il serbo, che ha centrato ieri lo Slam numero 15 in carriera, ha ripreso da dove si era fermato, ovvero sollevando un trofeo importante: «Sono felice di avere visto il serbo giocare così bene. Mi dispiace ovviamente per Nadal, che non ha avuto scampo. Ma la buona notizia è che finalmente vediamo un Djokovic diverso dal solito. Che gioca bene, che non è più attendista come ci ha abituato ma che prende l’iniziativa, è propositivo. Lo spagnolo non ha giocato affatto male, ha sbagliato quattro o cinque palle e non dimentichiamoci che è arrivato allo scontro con Djokovic senza mai lasciare un set agli avversari». Insomma, un Djokovic rinato dopo il crollo e tornato, se possibile, ancora più forte di prima: «Ripeto, anche dal punto di vista tattico, ho visto il numero 1 migliorato — prosegue Panatta —. Ha giocato un metro più avanti rispetto al solito e poi finalmente si è deciso a giocare sul dritto di Rafa, aprendosi così il campo per incidere. Mentalmente è tornato inattaccabile, ha fatto benissimo a mollare il guru e affidarsi nuovamente al team che lo conosce e lo fa sentire a proprio agio». Federer, Nadal, Djokovic: i Fab Three (da quando il povero Murray è uscito dal gruppo non rientra più nella contabilità) hanno conquistato 52 degli ultimi 61 Slam. (…) «Mi chiede se loro siano i più grandi di sempre? Può darsi, ma non mi sbilancerei fino a questo punto. II tennis cambia e ogni epoca ha avuto i suoi fenomeni. Ok questi tre, ma non dimentichiamoci i Borg, McEnroe, Connors, Becker…». Le vie del tennis sono lastricate di fenomeni, insomma, ma Federer resta inarrivabile: «Roger è un miracolo di longevità, della sua classe non si discute, ma ritengo che Djokovic possa raggiungere, e anche superare, i numeri di vittorie dello svizzero». Panatta non è certo uno che ha paura di sbilanciarsi e mette giù il carico: «Le dirò di più — continua —, penso che quest’anno il serbo possa conquistare il Grande Slam». Un’impresa storica, riuscita l’ultima volta a Rod Laver nel 1969. (…) «De Minaur, Tiafoe, Tsitsipas potrebbero diventare i fenomeni del futuro, ma sono ragazzini. Devono ancora crescere, fare esperienza. Mi è piaciuto molto Tsitsipas, gioca un tennis un po’ diverso e si è fermato solo contro un Nadal in stato di grazia. Sono rimasto male invece per Sascha Zverev che nonostante Lendl non è ancora riuscito a crescere a livello Slam. Gioca sempre uguale, è troppo concentrato su se stesso, sul suo gioco (…)” (…).
L’urlo di Djokovic è da grande slam (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)
Adesso, chi lo ferma? Chi riuscirà a impedire a Novak Djokovic, solidissimo numero 1 del mondo, vincitore ieri del suo 15esimo Slam, il settimo agli Australian Open, il terzo di fila, di divorarsi in un paio di annetti la distanza che lo separa dai 17 Slam di Rafa Nadal – l’avversario distrutto nella non-finale di Melbourne – e dai 20 di un Federer ormai avviato ai 38 anni e sempre più vulnerabile? Magari di chiudere il primo Grande Slam, cinquant’anni esatti dopo Laver, il mito australiano che ieri a 80 anni faceva la ola in tribuna? E’ la terza volta in carriera che Nole si intasca tre Slam di fila. Fra Wimbledon 2015 e Parigi 2016 gli era riuscito anche il “Nole-Slam” (…).
Nel 2015 solo gli abbacinanti bermuda e il rovescio fotonico di Wawrinka a Parigi gli avevano negato un probabile Slam, poi sono arrivati inciampi fisici (il gomito) ed esistenziali a rallentarlo. A 31 anni però Novak, almeno quello visto ieri contro un Nadal ridotto all’impotenza, sembra pronto a riprovarci. Anche perché con la Next Gen ancora in crisi di crescita, e Federer avviato a un tramonto prim’ancora anagrafico che sportivo, a sporcargli l’orizzonte rimane il solo Nadal a Parigi.
(…) Sul cemento, invece, il Djoker in forma pare inarrivabile. A Melbourne ha lasciato per strada un paio di set mentre sculacciava Shapovalov e Medvedev, dalle semifinali in poi ha ingranato la sesta, ieri contro Nadal la settima. Rafa, invece, ha grippato. Nei turni precedenti era parso in forma, temibile, più aggressivo del solito; ieri invece è andato sotto, mentalmente e tecnicamente, sin dall’inizio. Incassato un demoralizzante parziale di 12-1, ha rischiato il 4-0 nel primo set, e per il resto della partita non è mai riuscito a sradicare Novak dalla linea di fondo. Quando fionda risposta, la migliore del mondo e una delle migliori di sempre, e rovescio bimane con i piedi dentro il campo, il Number One diventa imbattibile. Nadal con il suo diritto arrotato di solito trova il colpo più fragile degli avversari, contro il serbo gli capita il contrario. Idem per lo slice mancino a uscire nel servizio. Se riesce a tenere lunghe le sue parabole fradice di top-spin, Rafa può sperare di giocarsela; ma se il diritto cade a metà campo come ieri, e in lungolinea (la vera arma che pub inquietare il Djoker), finisce regolarmente fuori misura, non c’è scampo: arriva l’asfissia. (…) Risultato: 6-3 6-2 6-3 in due ore e sei minuti. Nel 2012 Rafa prima di cedere aveva inchiodato Djokovic in campo per quasi sei ore. Ieri si è arreso, per la prima volta in carriera in una finale Slam, senza vincere un set «Se perdi con uno che fa tutto meglio di te, non puoi rimproverarti più di tanto – ha ammesso sconsolato – Non è vero che ero nervoso, ma Novak ha giocato in maniera fantastica. lo avrei dovuto fargli giocare un colpo in più, ma non ci sono riuscito, mi è mancato qualcosa anche fisicamente». Colpa, anche, dei quattro mesi di stop dallo scorso settembre. (…) Dodici mesi fa Djokovic si operava al gomito, a maggio era fuori dai primi 20. Adesso vede Federer nel rettilineo. «Il record di Roger? Fare la storia del tennis mi dà una motivazione in più, sarebbe speciale». Se ci riuscisse, prepariamoci a cambiare i libri di testo.
Djokovic non dà scampo a Nadal. Ora scatta l’operazione Grande Slam (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
E se avessimo puntato sull’Immortale sbagliato? E se a fare il Grande Slam — quello vero, nell’anno solare, il sublime esercizio di stile che per l’ultima volta nella storia del tennis riuscì cinquant’anni fa a Rod Laver, l’antenato accomodato in tribuna a Melbourne Park —, invece di Federer, fosse Djokovic? Il Djoker, questo Djoker, fa spavento. Doveva essere una maratona, si è rivelata una veloce esecuzione sommaria. «Quando l’avversario fa tutto, ma proprio tutto, meglio di te, c’è poco di cui puoi lamentarti» alza le mani Rafa Nadal, seppellito dai 34 vincenti di un satanasso capace di commettere, in poco più di due ore, la miseria di 9 errori gratuiti. Il cerotto che un anno esatto fa si faceva eliminare dal coreano Chung e poi operare al gomito è il campione ritrovato che si annette il settimo titolo dell’Australian Open (superati Federer e Emerson), il 15esimo dello Slam (superato Sampras), (…)
Novak Djokovic può già centrare un Grande Slam. Spurio. Il nuovo servizio di Nadal (velocizzato di 5 km all’ora), che tanti punti aveva mietuto nel torneo con gli alfieri respinti della Next Gen (De Minaur, Tiafoe, Tsitsipas), ben poco può contro il miglior risponditore (automatico) del circuito. Il mancinismo dell’uncino di dritto si schianta contro la rocciosità del rovescio del Djoker. Morale: è un’ecatombe. 3-0, 4-1, 5-3 cedendo il primo 15 sul servizio: sono già passati 33′ quando comincia il match e per Rafa è già troppo tardi (6-3). Sul 4-2 del secondo set Djokovic chiude la porta in faccia a Nadal che tenta disperatamente di ritrovare intensità e colpi, profondità ed efficienza: palla break annullata e sarà l’unica, in tutto il match, per lo spagnolo (6-2, 6-3). «Un dominio assoluto» chiosa Marian Vajda, il vecchio coach tornato al capezzale del fuoriclasse malato (nel corpo e nell’anima) quando il ranking era sprofondato fino al numero 22. «Incredibile: così avrebbe vinto con chiunque» constata Carlos Moya, l’ex ragazzo che fa le veci di zio Toni nell’angolo di Rafa.
(…) Al di là degli alibi di Nadal, recentemente uscito dal bacino di carenaggio dopo quattro mesi di stop e chiaramente impreparato all’urto violento con il serbo, il Djoker sarà l’uomo da battere sia sul cemento americano (…) che sulla terra rossa europea a cui Rafa affida l’ennesima resurrezione. L’idea del Grande Slam è un dolcissimo pensiero da cullare: «Mi motiva, certo. Sarei bugiardo se dicessi il contrario» mormora Nole abbracciando la coppa. (…)
Il Djokovic mai visto. Aria di Grande Slam 50 anni dopo Laver (Gianni Clerici, Repubblica Sport)
Non avevo il minimo sospetto che Novak Djokovic battesse Rafa Nadal in tre set nettissimi, 6-3, 6-2, 6-3. (…) Credevo in una partita di quattro o cinque set, dopo aver seguito la strada in discesa dei due tennisti, dopo averli ammirati nei loro match, soprattutto nelle semifinali contro giocatori quali Tsitsipas e Pouille, esponenti della Next Generation e Nearly Next. (…) Una finale insomma che ricalcasse quella del 2012, nella quale il serbo l’aveva spuntata per 7-5 al quinto, o almeno un’altra di quelle molto combattute, che vedevano Djokovic condurre per 27 vittorie a 25. (…)
Mi sono quindi accinto al match, mentre ascoltavo i commentatori televisivi, ex-campioni come si usa adesso. Non fatico a ricordare che, un tempo, questi commentatori, quorum ego, venivano chiamati giornalisti, perché scrivevano, cosa a cui gli attuali non pensano nemmeno. Ora Mats Wilander, John McEnroe, Boris Becker e Alex Corretja ci spiegano tutto quel che succederà, con il segreto aiuto di statistici infallibili quanto meno conosciuti di loro (…). Io, vecchio giornalista, vado a consultare per solito i book-maker, e ne avevo così trovato uno solo che desse favorito Nadal. A Nadal avevo pensato, per tutte le due settimane del torneo, trovandolo non solo in grado di battere più efficacemente, ma più aggressivo. Mi ero però chiesto se Djokovic non fosse in grado di meglio ribattere, e di giocare più lungo, togliendo a Rafa la possibilità di traformarsi da regolarista in attaccante. Ci ha pensato Djokovic. Ha giocato non solo più lungo, più vicino alla riga di fondo (…)
La partita si è così risolta con un costante vantaggio del serbo con un break di vantaggio nel primo set, addirittura raddoppiato per 12 punti a 10 all’avvio, che portava a 25 punti a 15 il primo set, con un 6-3. Il secondo finiva addirittura peggio per un Nadal soverchiato, soprattutto dai diritti del serbo, che per salire a 5-2 inanellava un parziale di 18 punti a 8 dai 2 games pari d’avvio. Infine, mentre qualche ottimista sperava in una ripresa di Nadal, giungeva la terza e ultima condanna, con un break nel terzo gioco che l’avrebbe tenuto in fondo sino al 6-3 finale. Rimaneva, a questo battutissimo Nadal, soltanto di complimentarsi con Novak, «un giocatore più forte di me», «dal servizio sottovalutato» e «dal miglior rovescio bimane di tutti i tempi». Non vi pare che sia abbastanza ?