Fare l’inviato ad un torneo del Grande Slam permette di assistere ad una quantità notevole di partite. Nel caso del sottoscritto – inviato al Roland Garros dello scorso anno – ha significato, tanto per capirci, guardare dalla tribune, tra singolare maschile e femminile, una ventina di partite intere e una mezza dozzina parzialmente. Da inviato, ovviamente, il focus era sull’andamento del match, in funzione della cronaca da scrivere. Ma essendo anche un mental coach, è stata nel contempo una imperdibile occasione di appuntare in un angolo del block notes – tra il numero di palle break annullate e i vincenti di dritto – alcuni spunti in ambito mental coaching, anche con l’obiettivo di condividerli con i lettori di questa rubrica. Spunti che il trovarsi lì, per quindici giorni, a veder giocare da pochi metri di distanza i migliori tennisti e le migliori tenniste del pianeta, ha permesso di cogliere con maggior facilità e accuratezza rispetto a quanto sia possibile fare dal divano di casa. Nel seguito alcuni di questi spunti presi sulle tribune del Roland Garros e i conseguenti tips su come trarne utilità anche se non si è un (o una) top 100.
SERENA WILLIAMS – “The Queen is back” recitavano i cartelloni pubblicitari della Nike lungo Boulevard d’Auteuil, che da Place de la Porte Molitor conduce fino all’ingresso del Roland Garros. Di conseguenza, noblesse oblige, partiamo da lei, Serena Williams. Singolare femminile, secondo turno. Ashleigh Barty ha appena conquistato con il punteggio di 6-3 il primo set del match contro l’ex n. 1 del mondo, palesemente lontana da una forma fisica accettabile. Lenta nei recuperi, poco reattiva con i piedi, sulla superficie che più mette a nudo le carenze a livello di preparazione fisica, la 36enne campionessa statunitense in quel momento pareva veramente destinata ad una precoce eliminazione di due set.
Ma ecco che dopo il primo quindici conquistato nel secondo parziale Serena caccia un urlo, un “c’mon” che rimbomba nello Philippe Chatrier semivuoto. Sembra quasi lo voglia gridare in faccia alla sua 22enne avversaria. Un modo per darsi una scossa e richiamare a sé tutte le sue energie, fisiche e mentali? O solo per intimorire la giovane tennista australiana? Ognuno può interpretarla come vuole. Sta di fatto che, a netta sensazione di chi scrive ritornando con il ricordo a quel pomeriggio nella tribuna stampa del campo centrale parigino, da quel momento il match gira. La 23 volte campionessa Slam si aggrappa al suo incredibile spirito competitivo, alla sua voglia di vincere giocando ogni palla con la massima attenzione, cercando nel suo tennis e nella sua forza mentale quello che il suo fisico in quel momento non poteva darle. Risultato? Serena vince 6-4 al terzo.
TIP: può capitare di non essere al 100%. Di giocare un torneo sapendo di non essere in forma o di scendere in campo e sentire che non tutto gira per il verso giusto. Ma invece di entrare nella spirale negativa dei rimpianti per gli allenamenti non fatti, per quell’infortunio che ci ha rallentato, per quel colpo che non si sa perché non sta andando come invece va di solito, cerchiamo di fare come Serena. Invece di focalizzarci su quello che ci manca, impegniamoci nel dare il 100% di quello che possiamo dare in quel momento. Magari scopriremo risorse – tecniche, tattiche, fisiche o mentali – che non sapevamo di avere. O semplicemente che siamo bravi a far di necessità virtù. Vi sembra poco? Già solo esserne consapevoli è un fattore che accresce la fiducia in noi stessi.
I professionisti ripetono spesso che le partite in cui sono al 100% in un anno si possono contare sulle dita della mano e che di conseguenza la differenza la fa la capacità di portare a casa le partite quando invece si è lontani da quel 100%. Scendere in campo sapendo di essere in grado di dare sempre il massimo di quello che possiamo dare in quel momento rappresenta una gran bella scorta di fiducia in noi stessi alla quale possiamo sempre attingere, soprattutto nei momenti di difficoltà.
RAFA NADAL – Dopo la regina WTA, il Re della Terra. Finale singolare maschile, entrano in campo Rafael Nadal e Dominic Thiem. Basta guardarli e si capisce già come andrà a finire. Lo spagnolo entra in campo a testa alta, petto in fuori e spalle larghe. Insomma, come facciamo un po’ tutti noi quando invitiamo qualcuno a casa e, orgogliosi, facciamo vedere quant’è bella. L’austriaco invece, fa l’esatto opposto: il capo un po’ chino, il passo un po’ timoroso. Lui sembra l’ospite timido che entra in casa altrui e non vuole disturbare troppo. Una differenza che viene enfatizza ulteriormente dal consueto comportamento di Rafa al momento del rito della foto pre-partita vicino alla rete, con il campione maiorchino che si mette a saltellare come un campione di boxe, sempre a testa alta e petto in fuori, prima di un match nel quale ha tutta l’intenzione di vincere per KO. Ed in effetti il match finirà con un vero e proprio KO: Nadal vincerà in tre set, lasciando in tutto nove game a Thiem, e porterà a casa l’undicesima Coppa dei Moschettieri.
TIP: la postura influenza lo stato d’animo, ne avevamo parlato in uno degli articoli precedenti di questa rubrica. Allora, se vogliamo entrare nello stato d’animo più funzionale per quello che stiamo facendo, usiamo la postura giusta. Se stiamo per giocare una partita importante (in campo, ma anche nella vita) affrontiamola approcciandola nel modo più adeguato sotto tutti i punti di vista, in primi quello posturale. “Testa alta e petto in fuori” non è solo un modo di dire: Nadal ci dimostra che è anche un modo di essere.
SIMONA HALEP – Finale singolare femminile. Sloane Stephens è in vantaggio 6-3 2-0 su Simona Halep. La tennista rumena sembra destinata alla quarta sconfitta in altrettante finali Slam. Ma, ecco la svolta. “Ho pensato che se lo scorso anno avevo perso, allora quest’anno avevo ancora la possibilità di vincere” racconterà un paio d’ore dopo in sala stampa, sorridente vicino al trofeo della vincitrice, richiamando la sconfitta del 2017, quando si trovò in vantaggio 6-4 3-0 (e tre occasioni per il 4-0) prima di subire la vittoriosa rimonta di Jelena Ostapenko. La tennista di Costanza recupera infatti subito il break, poco dopo ne piazza un altro e non si volta più indietro. Con un parziale di 12 game a tre Simona rovescia le sorti dell’incontro e quarant’anni dopo Virginia Ruzici un’altra tennista rumena trionfa al Roland Garros.
TIP: impariamo a guardare le cose da più punti di vista. Impariamo a trarre ogni informazione utile da una sconfitta. Non solo perché elaborare quelle informazioni ci permette di crescere, dal punto di vista tecnico, tattico, fisico e/o mentale, ma perché potremo applicare a nostro favore quello che abbiamo visto accadere. “Se ha funzionato per lei, può funzionare per me” ha pensato Simona. E invece di vedere lo svantaggio come uno scoglio insuperabile lo ha usato come trampolino per invertire l’inerzia del match e arrivare al suo primo trionfo Slam. Cerchiamo perciò di farlo anche noi quando ci troviamo in una situazione che in passato ha visto qualcuno uscire vincitore nei nostri confronti. Riflettendo sul fatto che stavolta quel qualcuno potremmo essere noi.
NOVAK DJOKOVIC – La conferenza stampa di Novak Djokovic dopo il quarto di finale perso contro Cecchinato è un qualcosa che i giornalisti presenti ricordano bene ancora oggi. Il fuoriclasse serbo entra letteralmente livido di rabbia in sala stampa, fa la sua dichiarazione, risponde a fatica ad un paio di domande, si alza prima che qualcuno possa solo accennarne un’altra ed esce. Chi scrive era vicino alla porta della sala stampa e Djokovic passò vicinissimo uscendo: ebbene, si percepì benissimo la rabbia e la frustrazione interiore del 31enne fuoriclasse serbo.
Un mese dopo, lo stesso giocatore furioso e demoralizzato alzava al cielo il trofeo più prestigioso del tennis, quello di Wimbledon. Ed era solo l’inizio del suo fantastico comeback: che ora conta tre Slam consecutivi e la prima posizione del ranking di nuovo saldamente nelle sue mani. Cos’è successo in quel mese? In realtà Djokovic in parte stava già tornando, l’infortunio era alle spalle e richiamando il vecchio staff stava ritrovando le vecchie sicurezze. Ma, molto probabilmente, la sconfitta contro il tennista azzurro era l’ultimo passaggio che, da un certo punto di vista, gli era necessario fare. Perdere nei quarti di finale di uno Slam contro un giocatore che fino a poco tempo prima chiamava per allenarsi, ha rappresentato quella scossa che mancava per stimolare il suo orgoglio di fuoriclasse.
Le strade erano due: mollare – “Non so se giocherò sull’erba” è la frase che si lasciò sfuggire Novak in quella conferenza, tanto per dire che il pensiero lo aveva sfiorato, e non poco – o guardarsi dentro e vedere cosa c’era. Novak ha deciso di guardarsi dentro. Come ha rivelato lui stesso, parlando della gita in montagna fatta insieme alla moglie Jelena dopo la sconfitta a Parigi per isolarsi dal resto del mondo e cercare la soluzione dentro di sé. E dentro di sé ha ritrovato – ancora lì, immutata – la voglia e la passione di quel ragazzino di Belgrado che sognava di vincere Wimbledon come il suo idolo Pete Sampras. E con quella voglia e quella passione, sette mesi dopo, ha superato il suo idolo nel numero di Slam vinti.
TIP: nei momenti di difficoltà, quando le cose non girano come dovrebbero girare, guardiamoci dentro. Sinceramente e profondamente. Per scoprire cosa vogliamo fare veramente. Per capire se gli obiettivi che ci eravamo posti, i desideri che volevamo realizzare, hanno ancora per noi lo stesso significato e la stessa importanza. Soprattutto, senza peccare di orgoglio. Perciò se è la cosa che sentiamo più giusta per noi, torniamo sui nostri passi e cambiamo direzione. Il che vuol poter significare anche chiedere aiuto – e forse anche scusa – a chi erroneamente credevamo non ci potesse più aiutare. Come ha fatto Djokovic richiamando il suo vecchio staff. Si dice che cambiare idea sia sintomo di saggezza. Quindi nei momenti di difficoltà cerchiamo di essere un po’ più saggi.
MARCO TRUNGELLITI – Dieci ore di viaggio. Per ritornare in tempo a Parigi e giocare il primo turno del main draw come lucky loser. E vincerlo, raggiungendo il secondo turno in un torneo Slam e guadagnando così circa 100.000 euro, praticamente un quinto di quanto guadagnato fino ad allora in dieci anni di carriera. Questo quanto accaduto al Roland Garros a Marco Trungelliti. Fortunato? Certamente. Del resto, li chiamano proprio lucky loser, perdenti fortunati. Ma non si può negare che il tennista argentino abbia fatto tutto il possibile per meritarsi l’aiuto del Fato. Avesse rinunciato, nessuno avrebbe potuto dirgli nulla. Lui invece ci ha provato.
TIP: quando c’è un’occasione, siamo pronti a fare tutto il possibile per coglierla? Siamo disposti a fare l’equivalente del viaggio di dieci ore di Trungelliti per giocarci la nostra chance, per quanto piccola possa essere? Se “Audentis fortuna iuvat”, come diceva Virgilio, allora ricordiamoci che serve anche un po’ di audacia, quando l’occasione che aspettavamo si presenterà alla nostra porta. Potrebbe essere l’ingrediente che ci permetterà di coglierla.
Ilvio Vidovich è collaboratore dal 2014 di Ubitennis, per cui ha seguito da inviato il Roland Garros 2018, tornei ATP e Coppa Davis. Personal coach certificato, ha conseguito un Master in Coaching, una specializzazione in Sport Coaching e tre livelli di specializzazione internazionale in NLP (Programmazione Neuro Linguistica), tra i quali quello di NLP Coach, ed è membro del Comitato Scientifico della ISMCA. Giornalista pubblicista, è anche istruttore FIT e PTR.