Ventidue anni appena compiuto, alto, biondo, occhi azzurri, fisico prestante, numero 3 al mondo nella propria professione, svariati milioni di euro nel suo conto in banca e con ogni probabilità parecchi altri che arriveranno: sembrerebbe che tutto vada per il meglio ad Alexander Zverev, e invece la parola sempre più spesso associata a lui è “crisi”.
Già, perché i risultati degni del “predestinato”, di colui che sembra dover raccogliere la pesantissima eredità lasciata dai Fab Four, tardano ad arrivare. O almeno così dicono quelli che si dimenticano dei suoi tre Masters 1000 e del titolo delle ATP Finals conquistato lo scorso novembre a Londra infilando uno dopo l’altro Federer e Djokovic. Dicono che mancano i risultati negli Slam, i tornei che distinguono i ragazzini dagli uomini, quelli giocati tre set su cinque, dove Zverev fino ad ora ha raccolto un misero quarto di finale. E poco importa che alla sua età nemmeno sua maestà Roger Federer avesse fatto tanto di più.
Però anche a voler concedere a Sascha il beneficio della sua giovane età, non si può certo dire che in questo 2019 abbia messo il mondo a ferro e fuoco: sconfitta negli ottavi in Australia contro Raonic, passi falsi contro Struff e Ferrer a Indian Wells e Miami, dove però era debilitato da un virus (ha perso otto chili di peso durante il mese di marzo), e una volta arrivato sulla terra altre tre battute d’arresto contro Munar (Marrakech), Fognini (Montecarlo) e Jarry (Barcellona). Tutte sconfitte che non ci si aspetta dal n.3 del mondo ed “erede al trono”. E se fino a Montecarlo il biondo Sascha si faceva vedere tranquillo e sicuro come al solito nella sua ormai distintiva tracotanza (“l’unico torneo che ho giocato senza star male fisicamente, cioè Acapulco, ho fatto finale: non mi sembra che vada così male”), dopo la sconfitta all’esordio a Barcellona ha finalmente ammesso che qualcosa non funziona: “Sono in una buca, e non so come uscirne” ha farfugliato ai reporter incontrati di sfuggita dopo il match mentre stava già per nascondersi in una delle auto della transportation.
Oltre al ben documentato problema del malanno fisico, che però ormai dovrebbe essere risolto, è molto probabile che ci siano anche problemi di natura mentale da risolvere. Poi nelle ultime settimane è emersa una voce, finora non confermata, secondo la quale il giovane tedesco soffre di una forma di diabete, cosa che per un atleta professionista sarebbe complicata da gestire, ma non impossibile.
Certo però che lo Zverev presentatosi senza troppa compagnia al BMW Open di Monaco di questa settimana, dove ha superato il primo turno battendo l’argentino Londero con qualche patema nel primo set (ha perso due volte il servizio, poi ha chiuso 7-5 6-1) suscita almeno un po’ di tenerezza se non addirittura preoccupazione: il suo super-coach assunto l’estate scorsa con grande fanfara e strilli di trombe, Ivan Lendl, si vede sempre meno al suo fianco e si dice che non faccia più parte del team. Inoltre è stato confermato che da un po’ di tempo è finita anche la sua relazione sentimentale con l’ex tennista russa Olga Sharypova, che era da diversi mesi ormai la sua fidanzata ufficiale; un malanno di stagione occorso a papà Sascha Senior aveva reso complicata la sua presenza a Monaco di Baviera, ma alla fine ha ricevuto l’ok dai medici e ha potuto regolarmente assistere all’esordio del figlio.
Tasselli che, comunque, completano un ‘quadro di solitudine’ inaugurato un mese fa dall’inizio di una disputa legale con l’ormai ex manager cileno Patricio Opey, una personalità cruciale nell’ascesa di Zverev ai vertici del tennis mondiale. Secondo quanto riportato dal giornalista tedesco Jannik Schneider sulle pagine di tennismagazin, Sascha sta temporeggiando prima di affidarsi a un nuovo manager che potrebbe anche provenire dalla Team 8 di Tony Godsick, che gestisce le prestazioni di Federer e di recente si è assicurata anche quelle della giovanissima e altrettanto promettente Cori Gauff.
Tirando le somme, ne risulta che il buon Alexander si ritrova tutto solo ad affrontare l’inizio della risalita verso quel ruolo che il “Destino” sembra aver preparato per lui, fuori da quella buca che ora sembra tanto profonda perché nuova e mai vista prima.
Il tennis maschile si sta dirigendo a grandi passi verso uno dei Roland Garros più incerti dell’ultimo decennio: Nadal non è più il rullo compressore (da terra) che è sempre stato, Djokovic racconta che si concentra solo sugli Slam ma per il momento convince poca gente, Federer non gioca sulla terra da tre anni e Thiem, quello che sembra esprimere il tennis terricolo migliore, non ha ancora fornito garanzie sulla sua tenuta mentale nella corsa su sette match al meglio dei cinque set. Sascha dovrebbe essere lì a cogliere questa opportunità, o quantomeno a provarci, invece sembra impegnato a litigare contro i propri fantasmi.
Ma se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi primi quattro mesi di 2019 è “expect the unexpected” dicono gli anglofoni, aspettiamoci l’imprevedibile. È stato così per Thiem a Indian Wells; è stato così per Fognini a Montecarlo. Che sia proprio Sascha Zverev quello destinato a scrivere il prossimo capitolo di questo romanzo?