Buonasera Federer, che effetto fa? “Mi piace essere qui, se avessi saltato di nuovo la stagione su terra non sarebbe stata la decisione giusta, sarei rimasto con il rimpianto. I guai al ginocchio sono ormai lontani e riprovare lo scivolamento mi ha dato belle sensazioni“. Il test non è risultato probante, ma il bilancio è altamente positivo. Il nuovo atterraggio dello svizzero nella stagione su clay, a tre anni dall’ultima volta, è stato decisamente morbido contro un Gasquet più che mai imballato. “Certamente Richard non era al top della forma – commenta con lucidità il numero tre del mondo -, ma io ho giocato una buona partita. Poi l’accoglienza straordinaria del pubblico di Madrid mi ha dato conferma sulla bontà della mia scelta”.
A ridurre il trauma da (ri)adattamento alla superficie ci ha pensato anche la particolare consistenza della terra della Caja Magica. “Non ci si stanca molto – è il riscontro diretto -, c’è la possibilità di accorciare gli scambi, quando si vuole. Si rischia anche sui rimbalzi, che non sono sempre regolari, non è sempre semplice prendere la palla in anticipo. Ma fa parte del gioco e va bene così. Madrid è un torneo su terra diverso da tutti gli altri, non essere sul livello del mare rende le condizioni simili a quelle dei campi duri“.
La scelta di Federer di tornare da protagonista nella primavera europea su clay è arrivata per lui al momento giusto, senza particolari rimpianti su ciò che non è stato negli ultimi due anni. “Nel 2016 mi ha pesato saltare il Roland Garros, ma gli infortuni sono stati determinanti. Nel 2017 ho fatto una scelta per la mia longevità agonistica, per la mia salute e per la mia famiglia. Le cose sono andate bene ed è per quello che ho deciso di replicarla nel 2018. Quest’anno c’erano le condizioni per una scelta diversa”. Senza guardarsi indietro. Se non per i ricordi piacevoli, visto che una notifica della macchina del tempo tira fuori la finale vinta su questi campi contro Nadal esattamente dieci anni fa. Uno delle due sole occasioni in cui l’ha battuto su terra. “Riaffrontarlo significherebbe essere di nuovo in finale, certo che mi farebbe piacere anche perché negli ultimi tre anni non ho avuto grandi occasioni. Anche se so benissimo che sarebbe una sfida dura”, sorride. “Se dicessi di voler evitare Rafa su terra rossa, sarebbe in primo luogo un errore essere qui a giocare su questa superficie, perché lui rimane il parametro di confronto per tutti”.
Alle spalle della decisione di tornare a giocare su terra, una valutazione complessiva che va oltre lo stato di salute. “Non mi sono basato solo sulle condizioni del ginocchio, comunque migliorate – spiega -, dovevo tornare ad abituarmi agli scambi prolungati. Allo US Open ho avuto problemi col caldo e di schiena rigida, dopo aver giocato su campi duri e veloci per tanto tempo. Avevo necessità di lavorare maggiormente in palestra per prepararmi al gioco su terra. Poi magari a Parigi farò una partita sola e sarà servito a poco, ma intanto mi sento bene”.