ROMA – Sono state giornate pesanti, non solo per Djokovic che ha vissuto due maratone incredibili contro i due argentini del Potro e Schwartzman, dopo l’intenso giovedì con due match in un giorno, e le ha pagate pesantemente nella finale con Nadal.
Lo sono state anche per chi scrive, per i motivi che alcuni di voi forse pensano di poter immaginare dopo aver letto Ubitennis nei giorni scorsi e le penose vicende del “sequestro del mio accredito stampa”, tant’è che ora mentre mi accingo a scrivere questo pezzullo alle 1,30 del mattino mi riprometto di fare torto alla mia naturale e incorreggibile prolissità per scrivere stavolta poco. Ma chissà mai se riuscirò a… contenermi. Di solito non accade.
Sono combattuto se tornare a parlare delle vicende che riguardano più me e Ubitennis che il torneo. Temo di stufare da una parte, di peccare di egocentrismo da un’altra parte – e tanti lo penseranno, anche fra amici e collaboratori – ma mi sembrerebbe giusto anche informare i lettori, e in particolare quelli che sono stati così gentili da manifestarmi qui la loro apprezzata solidarietà, di spiegare quali siano stati gli sviluppi… anche se forse ciò sa più di blog… intimistico, che di giornale on line, e magari non dovrei farlo. Ma lo faccio.
Il timore di abusare della vostra pazienza c’è, ma almeno su come io sia stato pedinato per quasi due giorni interi da un gruppo di “agenti della sicurezza” al Foro Italico, né più meno che se fossi un criminale pronto a far esplodere un ordigno al passaggio di un Binaghi qualsiasi, o altro dirigente FIT, davvero non posso fare a meno di non raccontarlo perché è così inverosimile che per persuadere mia moglie che è accaduto davvero ci ho messo un quarto d’ora. Credeva fosse uno scherzo di cattivo gusto.
Vediamo se riesco a essere breve. Intanto vi preannuncio che in fondo a questo articolo leggerete la diffida che il mio amico avvocato Massimo Rossi ha inviato alla FIT, preannunciando una possibile azione legale per i danni provocatimi impedendomi di lavorare come avrei dovuto e procurandomi anche un tale stress le cui risultanze dovrò accertare al più presto. Non è il caso di entrare in dettagli qui. Prevedibilmente la lettera dell’avvocato Rossi non ha fin qui ricevuto alcuna risposta né mi è giunta la revoca richiesta del blocco del mio accredito stampa. La mail è stata inviata al presidente FIT, al direttore della comunicazione Valesio al presunto regista dell’”operazione blocco” Baccini.
Qualcuno ricorderà forse il nome di Baccini non solo per aver capeggiato un gruppo di contestatori contrari alla trasferta azzurra di Coppa Davis in Cile – era fra coloro che gridava “No, no volèe con il regime di Pinochet” in viale Tiziano davanti alla sede FIT di allora – ma anche per avere qualche anno fa scritto pessimi apprezzamenti – dei quali spero si sia poi arrossito e pentito – nei confronti e di Rino Tommasi e di Gianni Clerici quando pubblicava una sua rubrica sulla rivista federale; se li ritrovo nel mio archivio voglio che li leggiate, perché sono… istruttivi.
Se tal soggetto si è comportato così con i miei due grandi Maestri – con la M maiuscola – mi onoro oggi, quindi, di ritrovarlo anche sulla mia strada quale perenne bastone-ostacolo alla mia attività giornalistica con il beneplacito del presidente FIT, che lo ha voluto in consiglio federale dopo che da responsabile della comunicazione era riuscito a litigare con tutti quelli con cui avrebbe dovuto cercare invece di relazionarsi e istituire buoni rapporti. I nomi? Non solo uno o due: Tommasi, Clerici, Azzolini, Martucci, Scanagatta, Semeraro, Cazzaniga, Bisti, Panatta, Marchese, Piccioli, Ferrero, Fumarola, Francia, sono i primi che mi vengono a mente, ma certo ce ne saranno stati altri. So quello che dico e lo sanno tutti. Eravamo praticamente tutti quelli che facevano informazione tennistica in radio, tv, giornali. Se Binaghi non ha mai goduto di buona stampa, fin dall’inizio, oltre che i suoi stessi difetti dovrebbe sapere chi ringraziare.
La diffida del mio legale è stata inviata per conoscenza anche al presidente del Coni Giovanni Malagò che era stato messo al corrente dal sottoscritto di quanto accaduto e aveva – invano – parlato con Baccini. Fino a qualche tempo fa le parole di Malagò avrebbero probabilmente avuto un altro peso. Chi ha letto Ubitennis in questi giorni sa che cosa è successo. Non lo ripeterò. Chi non lo sa potrà sempre leggere ora. Attraverso questo link.
Sabato sera, dopo ore e ore di piantonamento davanti alla porta d’ingresso attraverso cui si accede alla stampa, mentre il direttore della comunicazione Valesio che aveva firmato la revoca del mio accredito, si era dileguato almeno per chiunque lo cercasse – non solo per me, che l’ho atteso invano per 4 o 5 ore sulla porta dabbasso in attesa che si degnasse di spiegarmi con quale spirito si fosse prestato a firmare quel foglio (che io non credo abbia ideato lui), ma anche alcuni colleghi che volevano parlargli pur sapendo che non avrebbero cavato un ragno dal buco (e qui non sto a spiegarvi il perché) – si era finalmente materializzata la presenza di un dirigente FIT: Giancarlo Baccini, cui avevano telefonato diverse persone, incluso il direttore marketing dell’ex Coni Servizi Diego Nepi Molineris. Fra parentesi su Repubblica di oggi . nelle pagine della cronaca di Roma si legge in un articolo a firma di Maurilio Rigo dal titolo “Record al Foro e accuse al CONI :”Il tetto non c’è” Si tratta diun pesantissimo attacco del presidente Binaghi a proposito del tetto che non c’è nei confronti del Presidente del Coni Giovanni Malagò e della Coni Servizi di cui lo stesso Diego Nepi Molineris è stato uno dei massimi responsabili fino all’altro giorno. Insomma volano gli stracci fra coloro che erano fino a pochissimo tempo fa sodali (prima dell’avvento di Lega e 5 Stelle al Governo, della crisi del PD, del ridimensionamento del CONI stesso a favore del nuovo organismo “Sport e Salute” con la delega allo sport per il sottosegretario della Lega Giancarlo Giorgetti). Giovanni Malagò adesso è in difficoltà e chi fino a ieri faceva l’amicone, adesso sta muovendosi in tutto altro modo. Che tristezza. Penso proprio che Malagò oggi si sia pentito di non aver fatto quel che a suo tempo avrebbe potuto e dovuto fare.
Il suddetto Baccini propose, accompagnato da un avvocato FIT, (Marra di cognome), di addivenire, soi disant, a un “ragionevole compromesso”. Se io avessi firmato una esplicita dichiarazione di colpevolezza per aver infranto la regola che avrebbe legittimamente autorizzato la FIT a stopparmi l’accredito – regoletta di una riga non so da quanti anni inserita fra le tante; ma lo scoprirò giusto per mia curiosità – secondo cui chi era accreditato per una testata non poteva scrivere per un’altra (regola ridicola e assurda che svuoterebbe qualsiasi sala stampa; difatti la stessa FIT non ha preteso di farla rispettare altro che per me) e avessi accettato di scrivere solo per La Nazione e non per Ubitennis, allora l’accredito mi sarebbe stato restituito. Voi avreste firmato? Io no.
Lo ha capito subito un secondo avvocato consulente FIT, cognome Proto e piuttosto conosciuto in Sardegna. Questi mi ha infatti proposto allora di togliere alcune righe. Lì per lì, e avrei sbagliato, avevo pensato di dire di sì. Ma quando il taglio proposto dal suo avvocato è stato poi portato all’attenzione di Baccini e questi ha detto che non era d’accordo con il suo avvocato! Meno male.
Quindi non se ne è fatto di nulla. Io ero ormai in sala stampa e ci sono rimasto, ma senza accredito non potevo andare da nessuna parte salvo che restare al mio desk. Off limits la tribuna stampa, la sala interviste. Raggio di azione? Pochi metri quadrati. Da due a quattro persone, che presumo agenti della sicurezza, si sono avvicendate agli ingressi, guardandomi alle spalle mentre scrivevo al computer, telefonandosi fra loro se appena mi alzavo, se facevo due metri qua o là . Uno di loro mi ha seguito fino alla vicina toilette. E meno male che ho scoperto che quella toilette accanto al mini-bar era per l’appunto proprio vicinissima; nel corridoio al di là del mini-bar immediatamente confinante non avrei potuto passare.
Giuro che ho pensato dopo ore e ore di incredibile vigilanza, prima di scorgere nella stanza del bar quella toilette, di svuotare una bottiglietta di acqua minerale per un’eventuale urgenza urinaria da espletare di nascosto! Pensavo anche: è davvero roba da matti, da non credersi. Ho diversi testimoni, in quella sezione molto decentrata della sala stampa, che possono serenamente confermare quanto vi sto raccontando, a proprio rischio e pericolo.
E tuttavia non avrei ancora immaginato quanto sarebbe successo l’indomani, domenica, il giorno delle finali, dopo che nel mattino avevo parlato con il presidente della FNSI (federazione nazionale stampa) Beppe Giulietti, con il segretario dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Guido D’Ubaldo, con il Presidente dell’USSI (Unione Stampa Sportiva) Luigi Ferrajolo cui ho mandato le varie lettere FIT, proposte compromissorie inaccettabili comprese, inclusa quella in cui alla consegna dell’accredito fra un putiferio di regole e regolette c’è anche quella che ha costituito il pretesto per il ritiro dell’accredito.
Di domenica i tre dirigenti appena succitati sono stati perfino troppo disponibili e comprensivi a dedicarmi tempo e attenzione. Ma il solo che è riuscito a parlare con Baccini, purtroppo senza apprezzabile risultato, è stato il presidente dell’USSI. Baccini gli ha raccontato – a quanto il collega Ferrajolo mi ha riferito – che io ero anche reo di aver fatto video in zone non consentite. Balla cinese! Figurarsi se io sono così fesso da fornire un pretesto del genere a chi so che non avrebbe aspettato altro pur di farmi qualsiasi sgambetto. E comunque anche fosse stato vero (e ribadisco che non lo è) cosa avrebbe avuto a che fare con la motivazione firmata da Valesio? Arrampicate sugli specchi?
Naturalmente Baccini, che è quello che è ma non è stupido, negava -mostrandosi perfino indignato all’idea – che l’azione FIT potesse integrare il sospetto di una mera ritorsione per i miei articoli critici. La tesi espressa l’avevo sentito anche il giorno prima: “Se avessi dovuto impedire l’accesso di Scanagatta per le sue critiche lo avremmo già fatto da anni”. Ma sulle strane e casuali coincidenze del ritiro dell’accredito avvenuto a torneo inoltrato e dopo anni di accrediti identici per La Nazione, quando ho sempre scritto anche per Ubitennis, che pubblicano nei due sensi gli articoli delle due testate partner dello stesso network– in un senso e nell’altro, in perfetta sintonia e concomitanza con l’uscita dell’articolo su Federer, Djokovic, naturalmente Baccini ha preferito sorvolare. Silenzio assoluto.
Vabbè (vedete che mi sto allungando? Uffa!). Nel primo pomeriggio decido di comprarmi un biglietto ground (10 euro devoluti alla FIT, un modesto contributo personale…) per incontrare fuori dalla porta che dà accesso all’area media, quei colleghi che mi avevano cortesemente chiesto di conoscere gli sviluppi della vicenda. Dovrei ringraziarli qui pubblicamente ma non lo faccio. Lo farò privatamente perché so che invece di far loro un piacere in taluni casi li metterei in difficoltà con la FIT che, come avrete intuito, ha i suoi modi per rapportarsi con chi… non si comporta come si deve. Ho a quel punto inviato una mail a un gruppo più allargato di colleghi, rispetto a quella decina di amici apertamente solidali, scrivendo che sarei stato fuori dalla porta d’accesso, ove avessero avuto piacere di parlarmi con due opzioni: o prima dell’inizio della finale maschile, 14:50, o al termine.
Fra i destinatari ci sarà stato qualcuno più infido, più realista del re. Una spia. Del KGB? Fatto sta che, sebbene a quel punto io fossi un libero cittadino che si era acquistato un ground, come sono arrivato nei pressi della zona stampa, mi sono accorto di essere seguito ovunque. Da due, tre “agenti” con tanto di accredito – non ho chiesto la loro qualifica, quindi non so per quale società, compagnia o corpo lavorassero – e nel tardo pomeriggio dopo che la finale era stata vinta da Nadal 6-1 al terzo, anche da quattro “agenti”. Non credo fossero armati. Non mi pareva il caso di filmarle con il cellulare, ma una foto a riprova di quel che sto scrivendo ce l’ho. Così come tre testimoni.
Stavo facendo qualcosa di male, di sospetto? Certo che no. La finale me la sono vista, prima seduto, poi quasi sdraiato, sul camminatoio di cemento davanti agli studi di Supertennis, sul mega schermo. E due ”agenti”, uno a destra e uno a sinistra (meno assiduo… ogni tanto si faceva una passeggiatina) che se ne stavano a un paio di metri da me. Per tutta la durata della finale! Eppure non sembravano minimamente appassionati. Roba da non credere. Alla fine del match sono tornato verso la porta dell’ingresso stampa, e questi dietro. Ho incontrato amici vari, fatto una foto con alcuni colleghi italiani e stranieri, più d’una con la bellissima Daniela Hantuchova, una mia passione l’ex campionessa slovacca che parla anche discretamente l’italiano (l’ho pure portata sulla mia Vespa a Wimbledon per un tragitto ahimè troppo breve anni fa).
Intorno alle 20 stavano ormai sbaraccando, lì accanto all’accesso alla sala stampa, la sala VIP. Non c’erano più che i camerieri, alle prese con casse, piatti, bicchieri e cose da spostare. E c’era anche una signora cui ho osato chiedere se avrei creato un problema a usare la toilette per pochi secondi. ”Ma certo, ci mancherebbe!” mi ha risposto lei super gentile. Passano neppure cinque secondi e cinque metri e mi arriva alle spalle uno degli agenti: “Lei ha l’accredito? Qui non si può entrare senza!”. “Nemmeno per fare pipì quando non c’è più nessuno?” replico evidentemente disorientandolo. Incredibilmente comprensivo mi ha scortato al bagno e mi ha lasciato chiudere la porta. Ouf.
Seguo gli Internazionali da 47 anni e sono sempre stato fiero di esprimere liberamente le mie opinioni. Sabato 18 maggio mi è stato impedito di esercitare liberamente il diritto di un giornalista – garantito dallo Costituzione – con motivazioni miserevoli. Una postilla sulla conferenza stampa di domenica 19 maggio tenuta dal presidente Binaghi sull’argomento delle lamentele espresse da diversi tennisti (Djokovic, Federer, Thiem, Goffin, Fognini, Cecchinato etcetera) ha detto che a lamentarsi sono sempre i giocatori che perdono. Non è vero: Djokovic non aveva fatto perso quando si è lamentato della condizione dei campi, difatti è arrivato in finale. Non è vero neanche nel caso di Federer che nel corso del match CHE HA VINTO con Coric chiedeva più volte all’arbitro Carlos Bernardes di fare asciugare dai raccattapalle le righe bagnate e pericolosamente scivolose dopo l’innaffiatura del campo a fine primo set, senza essere ascoltato. L’innaffiatura del campo non la decide l’arbitro e la gestione della tenuta dei campi spetta all’organizzazione. Neppure a farlo apposta Federer è poi scivolato proprio su una riga e purtroppo – pur avendo vinto la partita – l’indomani è stato costretto ad abbandonare il torneo per un problema fisico alla gamba così infortunata.
Basta così. Capisco che questa cronaca per un appassionato di tennis che vuol sapere vita morte e miracoli di Nadal e Djokovic e se ne frega giustamente dei guai di Scanagatta e dei dispetti della FIT (che per tante ore il sabato e tante ore la domenica hanno comportato smuovere KGB, Mossad, CIA e FBI per tener d’occhio un pericolosissimo criminale quale il sottoscritto) è noiosissima. Ma, cercate di capirmi e perdonarmi, non è per egocentrismo che ho scritto tutto questo. Ma perché è esperienza vera, vissuta e per me assolutamente inimmaginabile, molto più – francamente – della stanchezza di Novak Djokovic e dei progressi di Rafa Nadal.
Quando un giocatore non più giovanissimo – nemmeno Djokovic lo è più, anche se resta un atleta straordinario – affronta due lotte spasmodiche e fino a tarda notte come ha fatto lui, e dopo altre due partite giocate nello stesso giovedì, non può essere fresco come una rosa a meno di 24 di distanza. E si soffre più nel primo set, quando tutte le tossine si devono ancora liberare che dopo. Lui era come ingrippato all’inizio – e ha rimediato il suo primo 6-0 da Rafa in 54 match – si è un po’ sciolto nel secondo, nonostante abbia sbagliato due smash raccapriccianti (quel colpo proprio non fa parte del suo repertorio: se il punto è importante, il pallonetto è alto e lui è in sofferenza, lo sbaglia. E non di poco; lo sotterra proprio).
Ha comunque vinto il secondo, illudendosi per poco, perché la spia della benzina era rossa. Non c’è più stata partita, Nadal è tornato al successo, il primo sulla terra rossa quest’anno, il Masters 1000 numero 34, uno più di Nole.
Affronterà il Roland Garros con molta più fiducia nei propri mezzi. E Djokovic sa di non dover fare troppo caso alla propria prestazione deludente. Ha più d’un alibi. E anche di che ringraziare il cielo: se del Potro non si fosse mangiato il dritto più facile che gli poteva capitare sul primo dei due matchpoint, Novak sarebbe già andato a casa. Ora i confronti diretti dicono che Novak è avanti per 28 duelli a 26 (e Rafa per 34 Masters 1000 a 33), ma alla fin fine sono numeri che contano poco e nulla ai fini di future previsioni per eventuali prossimi head to head fra il n.1 e il n.2 del mondo. Forse sulla terra rossa il n.2 è il n.1, e viceversa, ma di fatto tutto dipende da come i due arrivano ad affrontarsi. Stanchi, non stanchi, sani, non sani, motivati, non motivati (vale per altri tornei eh, non per Parigi!), in fiducia, in sfiducia. Ad maiora.
E qui sotto di seguito, come anticipato, la lettera scritta dall’avvocato Massimo Rossi alla FIT.
In nome e per conto del dottor Ubaldo Scanagatta, che me ne ha conferito mandato, sono con la presente a significarVi quanto segue.
Ubaldo Scanagatta è giornalista professionista da sempre specificamente e particolarmente impegnato nell’attività di commentatore dello Sport del tennis.
In tale veste da più di quarant’anni egli segue gli Internazionali d’Italia anche dalla Sala Stampa del torneo, cui è sempre stato ammesso a seguito di accredito richiesto dal quotidiano La Nazione di Firenze e regolarmente concesso.
Oltre che per la sua collaborazione con il quotidiano La Nazione, Ubaldo Scanagatta è universalmente noto al mondo del Tennis, e quindi anche a tutti i destinatari della presente, quale fondatore e direttore responsabile della testata on-line denominata “Ubitennis”.
In occasione di tutte le ultime dieci edizioni degli Internazionali d’Italia Ubaldo Scanagatta ha esercitato la sua professione di giornalista scrivendo commenti sia sul giornale La Nazione, che sul Resto del Carlino, che su Il Giorno – tutti appartenenti al medesimo gruppo editoriale – sia sulla testata “Ubitennis”, peraltro partner dello stesso “Network”.
Anche l’edizione in corso non ha fatto eccezione, tanto è vero che fin dal primo giorno di gare Ubaldo Scanagatta ha scritto i suoi pezzi pubblicati dalle testate sopra richiamate. In particolare, va forse sottolineato, nella giornata di ieri “Ubitennis” ha pubblicato, a firma del suo Direttore, alcuni articoli aventi riguardo ai ritiri dalla competizione di Roger Federer e della numero 1 del tennis femminile – la giapponese Osaka – nonché riguardo alle dichiarazioni critiche e in parte polemiche espresse dai giocatori Fognini, Federer, Djokovich, Thiem e Goffin sia con riferimento alle pessime condizioni dei campi, sia con riferimento alla organizzazione del torneo, con particolare riguardo agli orari di gioco.
Questa mattina il direttore della comunicazione degli Internazionali d’Italia, Piero Valesio, ha contestato per iscritto a Ubaldo Scanagatta la pretesa violazione da parte sua dell’ obbligo “di non svolgere attività giornalistica per media diversi da quello che hanno (sic n.d.r.) richiesto l’accredito di cui è in possesso”.
Contestualmente e conseguentemente è stato revocato a Ubaldo Scanagatta il “pass” di accesso.
La Vostra iniziativa è del tutto illegittima e viola gravemente i diritti del mio assistito.
Non può al proposito non rilevarsi come l’articolo 21 della nostra Costituzione tutela espressamente il “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Il medesimo articolo afferma che “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure”.
Aggiungasi che l’esercizio di libera stampa comprende il diritto di accesso alle informazioni e alla loro raccolta senza limitazioni.
Appare dunque evidente la grave violazione di diritti costituzionalmente garantiti da Voi posta in essere a danno non solo del mio assistito ma anche e soprattutto del pubblico dei lettori.
La Vostra censura è inaccettabile e sarà pertanto oggetto di adeguata reazione nella competente sede giudiziaria, anche ai fini risarcitori in relazione ai gravi danni subiti dal mio assistito e dalle testate da lui rappresentate.
Vi diffido in ogni caso dal proseguire nelle Vostre illegittime condotte, invitandoVi alla immediata restituzione del Pass al giornalista Ubaldo Scanagatta.
Distinti saluti.
Massimo Rossi