A. Anisimova b. [3] S. Halep 6-2 6-4 (da Parigi, il nostro inviato)
Finalmente non piove su Parigi e finalmente una giovane, alta, bionda, che si allena in Florida e col cognome che finisce in “-ova” non grida come un’ossessa ad ogni impatto con la palla. Il vento fresco che soffia sul Bois de Boulogne suona i cavi della spidercam come un violino dalle corde scoppiate e il suono metallico arriva nitido sino all’orecchio delle giocatrici.
Halep affronta la seconda bambina terribile di questa edizione del Roland Garros, dopo la severa lezione impartita a Swiatek negli ottavi e dopo avere terminato il rodaggio dei primi turni in cui ha ceduto per strada un paio di set. Anisimova va invece per la storia, e lungo il tragitto verso di essa, ancora ne deve lasciare uno. Non sarà l’ex numero uno del mondo a sporcare la sua statistica immacolata: Amanda vince, a tratti dominando, e diventa la più giovane semifinalista del Roland Garros dai tempi di Nicole Vaidišová, che nel 2006 – a 17 anni appena compiuti – si fermò al penultimo atto proprio qui a Parigi contro Kuznetsova.
L’applausometro dello Chatrier ha scarso senso materno, pendendo decisamente verso Simona e verso il ricordo della finale 2018. Questione di tempo e pian piano Amanda saprà conquistare i parigini.Naturalmente nessun precedente tra le due, troppo giovane Anisimova per essersi ancora confrontata con la ventisettenne di Costanza. Del resto con 42 match giocati in tutto sul circuito, non è che le possibilità fossero tante.
Anisimova parte al servizio e tribola un filo prima dell’1-0, in un match giocato in piena luce, ma con l’aria fresca del mattino sebbene sia mezzodì. Durante un’edizione del Tour de France corsa sotto pioggia, vento e freddo, un giornalista una volta scrisse: “è la corsa più bella del mondo, ma non capisco perché i francesi non la facciano svolgere d’estate”. Ecco, il Tour si corre in luglio, ma la battuta la rubiamo con piacere.
Giunti al 2-2 senza sussulti, si inizia a leggere la trama del match: Anisimova in spinta, Halep di rimessa. L’aria asciutta del freddo mattino favorisce senz’altro i colpi penetranti della ragazza del New Jersey e costringe da subito Halep ad una difesa ancora più estenuante di quella con cui di certo voleva impostare il match.
A furia di mandarla di là, Halep però inizia a mettere in palla la ragazzina, e una volta calda, Anisimova inizia a dilagare. Non che Simona non le dia una mano, tra qualche gratuito e un doppio fallo che portano l’avversaria al primo break e al 4-2. Ma la qualità dei colpi della allieva di papà Kostantin sembra essere superiore. Anisimova gioca con poco margine, sbaglia e stupisce, ma è lei a fare la partita. Nel settimo game subisce un ritorno della rumena, che arriva a palla break, ma l’americana reagisce e conferma il vantaggio.
Al ritorno in campo, nessuno se ne accorge finché la palla non va in gioco, ma Anisimova è salita su una nuvola. Saranno quattro game, a cavallo con l’inizio del secondo set in cui su Halep cominceranno a grandinare vincenti a raffica, specialmente col dritto. Halep non fa in tempo a dire “tennis” che il punto è già finito, in un parossismo di aggressività della americana. Anisimova che mostra un timing sul lato del dritto perfetto colpendo palla sempre in quella fase dell’ascesa nella quale c’è ancora energia a cui appoggiarsi, ma non ce n’è troppa per sentire il peso dell’avversaria: fantastico. Certo ci sono anche errori, in specie dal lato del rovescio. Ma anche essi incantano perché seguiti spesso dalle espressioni di Amanda, dal genuino e infantile sapore di disappunto.
Halep deve reggere con umiltà ai primi tiri di ogni scambio per avere la speranza che la diciassettenne vada fuori giri. Facile a dirsi, impossibile a farsi. Il dritto di Anisimova ha l’efficacia di quello di una Graf 2.0, ed è preceduto da un’intelligenza tennistica da veterana tradottasi in una percentuale di vittorie sul dropshot pari al 100%.
Anisimova arriva al 3-0, quando finalmente lo Chatrier rivede la campionessa del 2018. Halep si scuote col passante di dritto e col servizio e Anisimova percepisce che la numero tre del mondo non si eliminerà da sola. Un raro errore di dritto della Anisimova porta a palla break Simona, incitata dal pubblico, ma salvata dalla americana. Ora il match è giocato in due, entrambe brave ed il 3-1 Anisimova non è ancora una sentenza.Un gridolino in settima ottava accompagna un erroraccio di Amanda, che subito dopo gioca un kick alla Federer e un rovescio perfetto. Un giudice di linea distratto non ferma Anisimova che vince un lunghissimo scambio per il 4-1.
Dalle tribune partono cori sgangherati, privi di metrica e para-alcolici ad incitare Simona. Halep reagisce e Anisimova scende per qualche minuto dal carro degli dei. Esce anche dalla testa di Atena, iniziando a correre rischi folli ad ogni colpo, non sempre fruttuosi.Più Halep si avvicina, e più Anisimova tira forte. La giovane Anisimova ha ancora paura del mostro chiamato Vittoria ma decide di reagire chiudendo gli occhi e correndogli contro come una macchina lanciata in corsa. Halep è però umile nel resistere alle ondate americane ed anche brava a salire con il dritto per portarsi in parità sul 4-4.
Un dritto di Halep stile Anisimova in risposta e la sensazione ci dice che se Amanda non torna a giocare otto punti impossibili dei suoi, la partita per lei si complicherà e non poco. Anisimova ora fatica a giocare in campo ed a lanciarsi persino la palla di servizio. Halep ha una palla break che Anisimova cancella anche grazie a una seconda a tutta per portarsi 5-4 con Halep che serve per restare nel match. Halep sente la pressione. Sarà allora vero che allontanatici dall’incoscienza giovanile, si senta di più il peso delle cose. Non la paura di averle, ma quella che esse siano le ultime.
Anisimova si porta 15-30 ma è ancora un filo asimmetrica, risultando troppo fallosa col rovescio. Ed è a quel punto che l’esperta Halep impartisce alla sua giovane rivale la lezione più importante: non importa se sei stata numero uno del mondo, campionessa in carica di Slam, amata dal pubblico e favorita di un incontro. Si può anche avere paura. Chissà se Amanda farà doppio tesoro del doppio fallo che l’ha portata a match point. Di certo il rovescio lungolinea che tanto le piace e con cui chiude è già una lezione imparata.
“Ho pensato a giocare bene ed aggressivo. Sapevo che con Simona dovevo fare qualcosa di diverso”. E poi: “Non ci credo. Ho lavorato duro. Ho lavorato tutta la vita per raggiungere questo obiettivo”.
Tutta la vita, ha lavorato Amanda. Ma sentitela una che non è ancora maggiorenne usare l’espressione “tutta la vita”! Una vita di soli diciassette anni, in cambio di una semifinale slam. Non so se ne valga la pena. Ma quando gli anni saranno di più, faremo i conti insieme, Amanda.