dal nostro inviato a Londra
La prima al Queen’s Club, per giunta da favorito numero uno, obbliga Stefanos Tsitsipas a confrontarsi se non con le aspettative dei campioni almeno con le loro ingombranti ombre.
Parlando di Wimbledon, al quale mancano ormai poche settimane, al greco è stato chiesto se si ritenga un candidato a spezzare l’egemonia dei Fab Four, che dura ormai da 16 anni (l’ultimo al di fuori del quartetto a vincere all’All England Club fu Lleyton Hewitt nel 2002). “Vorrei vedere qualcosa di diverso quest’anno, a essere onesto” ha risposto lui. “Spero di essere io, ma in generale penso che farebbe bene allo sport avere finalmente un po’ di varietà. È noioso veder vincere sempre gli stessi”.
Alla dichiarazione iconoclasta è seguito un appello ai coetanei molto simile all’accusa lanciata da Parigi da Boris Becker, secondo il quale la striscia di successi dei soliti noti “non sia un complimento per nessuno sotto i 28 anni” e “obbliga a farsi domande sulla qualità e sull’atteggiamento di questi ragazzi”. “Noi della nuova generazione abbiamo la responsabilità”, sostiene Tsitsipas, “di lavorare duro e credere di poter tirare fuori qualcosa di nuovo per batterli. È una questione di carattere. Alcuni di noi però non vogliono prendersi questa responsabilità di andare in campo pensando: li batterò”.
Tsitsipas non fa nomi, ma è noto che tra lui e altri giovani del circuito c’è qualche attrito. E il giorno seguente, neanche a farlo apposta, la Interview Room del Queen’s Club ha accolto proprio Nick Kyrgios e Daniil Medvedev, i due che meno sopportano gli atteggiamenti da grande saggio del ventenne di Atene. Specialmente l’australiano non è certo il primo profilo a venire in mente quando si pensa all’eccessiva riverenza verso i campioni: a Roma, poco prima di farsi squalificare per il lancio di un tavolino, aveva sparato a zero su Nadal e Djokovic, definendo il primo “un pessimo perdente” e il secondo “falso” e “ossessionato dal piacere a tutti”.
Neppure stavolta la lingua di Kyrgios ha avuto freni: “Personalmente non porto loro rispetto, sono soltanto bravi a giocare a tennis. Non penso che nessuno batterà Rafa al Roland Garros, finché sarà in salute, è troppo duro fisicamente. E a Wimbledon sarà altrettanto difficile con Novak o Federer. Però non credo sia perché si porta loro troppo rispetto”. E perché allora? “Forse semplicemente i giovani non sono abbastanza forti da batterli sui cinque set”.
I big invece, vorranno a dargli una lezione quando lo incroceranno sul campo? La risposta di Nick è un’altra frecciatina: “Credo che Djokovic sarà motivato semplicemente a battermi almeno una volta…” In effetti gli scontri diretti dicono due a zero per la testa calda di Canberra, tra i pochissimi a vantare un record positivo sull’attuale numero uno del mondo (oltre a lui in attività c’è soltanto Ivo Karlovic). “In generale vorranno battermi come fanno sempre, non credo che prima dei miei commenti scendessero in campo contro di me pensando che non gli importava di vincere”.
La frase più forte sul tema la ha però pronunciata Medvedev, che pochi minuti dopo ha sostenuto di aver… odiato Federer. L’intento iniziale era probabilmente quello di prendersi anche un po’ gioco di Tsitsipas: “Ero d’accordo con lui quando ero più giovane, diciamo a 10 anni…” ha detto il russo sorridendo sotto i baffi. “A quell’età odiavo Federer, non ne potevo più di vederlo vincere. Tifavo per il suo avversario fin dal primo round, chiunque fosse.”
Dopo aver sottilmente dato del bambino al rivale, Medvedev ha risposto più seriamente: “Ora sono cresciuto, sono concentrato su me stesso. Se perdo al primo turno non mi importa se poi è Nadal, Roger o Novak che vince il titolo, sono soltanto arrabbiato per la sconfitta. Federer non lo ho ancora mai battuto, ma quando sono finalmente riuscito a battere Djokovic a Montecarlo non mi sono certo messo a gridare: sì, ce l’ho fatta, questa è la Next Generation!”
Per il Medvedev professionista, alle soglie della top 10, oggi i Fab Four sono più che altro un esempio e un enigma. “Tutti hanno alti e bassi, ma loro no. Non so come facciano ad essere così costanti, vorrei davvero scoprirlo. Per il resto spero che un giorno, semplicemente, inizieremo a batterli”. Che non porsi neppure il problema sia il modo migliore per risolverlo?