TENNIS – Quinta puntata sul GOAT. Muhammad Ali viene considerato il più grande pugile di sempre, pur non avendo vinto più di tutti. Che cosa ha contribuito a creare la leggenda di Cassius Clay? Prima puntata – Seconda puntata – Terza puntata – Quarta puntata
PUGILATO
“Vola come una farfalla, pungi come un’ape”. Chi ha detto questa famosa frase, oltre a tante altre ugualmente celebri? Troppo facile: Muhammad Ali. Il pugile statunitense, rivelatosi alle Olimpiadi di Roma quando ancora si chiamava Cassius Clay e che per un quindicennio ha dominato la scena pugilistica internazionale con grandi match in location esotiche contro il suo grande avversario Joe Frazier. Ali è il più grande pugile di tutti i tempi a detta di molti: soggetto di grandi biopic, superstar mediatica, icona vera e propria di un’epoca, con un carisma che trascende dall’ambito sportivo è stato incorniciato “più grande sportivo di tutti i tempi” da diversi sondaggi e fonti autorevoli quali la BBC e Sport Illustrated. Cosa c’è dietro il fenomeno Ali?
Ormai non vi stupirà più constatare che no, Cassius Clay non è stato il più vincente nè dominante pugile di tutti i tempi. Per attribuire la palma di “più vincente” si possono considerare il numero (e l’importanza) dei titoli e la percentuale di vittorie, che non sempre vanno di pari passo. La questione però si chiude quando consideriamo che nel pugilato è presente un unicum non riscontrabile in alcun altro sport: quello di un atleta mai battuto in carriera. Impresa appunto possibile solo nel pugilato (data la risicatezza di match che lo sportivo deve affrontare in carriera in confronto agli altri sport) e riuscita ad un solo uomo finora: Rocky Marciano, imbattuto su 49 incontri disputati. Non solo: nessun “no contest”, quindi 49 vittorie effettive, delle quali 43 per KO, di solito entro i primi 3 rounds. Vincente e dominante, il suo personaggio ha ispirato quello di Rocky Balboa.
Altri pugili grandi e vincenti allo stesso tempo sono stati Joe Louis (sconfitto proprio da Marciano nel suo ultimo match), Jack Dempsey, Mike Tyson e, in tempi moderni, i fratelli Kiltschko, Manny Pacquiao, Lennox Lewis e Floyd Mayweather, solo per citarne alcuni. Molti di loro non si sono mai incontrati nè mai lo faranno per un motivo che rende difficile i confronti H2H nel pugilato o negli sport di combattimento in genere: la separazione in categorie di peso. Ciononostante, Ali pare aver messo tutti d’accordo. Perché?
Come primo punto, anche se non è il più importante, citiamo la categoria di peso: il pubblico si è sempre appassionato maggiormente ai massimi, visti come il non plus ultra in questo sport. Questo vale anche per specialità più di nicchia come la lotta o il judo. Manny Pacquiao ad esempio può aver vinto quanto Alì (ha vinto di più anzi, e in una maggiore quantità di categorie) ma non sarà mai considerato dello stesso livello tranne, forse, in patria; è più o meno lo stesso discorso che abbiamo visto nel ciclismo, in cui gli scalatori sono solitamente più acclamati dei passisti o dei cronoman. O nel calcio, dove tutto pare ruotare attorno agli attaccanti (quante volte ci si è chiesti se era più forte Pelè o Maradona, ma mai se fosse più forte Maradona o Beckenbauer).
Più importante credo siano state le sue scelte di vita che hanno diviso gli Usa e, di conseguenza, il Mondo occidentale in un periodo di grande rivoluzione culturale. Ali si rifiutò di svolgere il suo servizio militare contestando la guerra in Vietnam, scontò un periodo di carcere di 4 anni in cui non solo venne allontanato dalle competizioni ma anche privato dei titoli; come gesto di ribellione verso la sua nazione, gettò in un fiume la medaglia d’oro che aveva vinto a Roma in rappresentanza di tutti gli statunitensi. Ad aumentare il suo carisma e la popolarità ci sono poi anche i suoi celebri mantra, frasi ad effetto che soleva ripetere più volte alla vigilia degli incontri per intimorire l’avversario ma anche riscaldare la stampa. Ancora oggi espressioni come “Thrilla in Manilla” (coniata in occasione del match del 1975 a Quezon City contro Frazier) sono di uso comune nello slang americano.
Dobbiamo poi constatare l’importanza di quelli che chiameremo “eventi singoli”. Ennio Flaiano soleva dire che “I giorni importanti nella vita di un uomo sono cinque o sei. Tutto il resto fa massa”. Questo può anche essere vero per alcuni atleti, e solitamente quelli che assurgono allo stato di Grandi, aldilà della costanza in carriera sono ricordati per pochi singoli eventi, a volte uno solo (basti pensare all’infinito salto in lungo di Bob Beamon).
Ali ha vissuto alcuni combattimenti divenuti epici: sopra tutti forse i 3 contro Joe Frazier, il cui primo concise con la sua prima sconfitta in generale da pugile professionista. “The match of the century” è forse l’quivalente pugilistico della finale di Wimbledon 2008. Marciano al contrario, un po’ come il Federer del quadriennio d’oro, è accusato dai suoi detrattori di non aver avuto avversari all’altezza, e di non aver saputo trasmettere pathos e incertezza a causa della sua strabordante superiorità di inizio carriera. Questo ci fa anche riflettere su come un principio di grandezza sia il saper vincere in circostanze complicate, piuttosto che il dominare. Probabilmente un Ali senza Frazier sarebbe meno grande, come anche un Federer senza Nadal, pur avendo vinto di più; ma son solo supposizioni.
Infine, anche per la storia già epica di Ali, è presente il fattore tragico. In questo caso non la morte, ma una lunga e debilitante malattia: il morbo di Parkinson. Alì, da grande lottatore, non si è nascosto; ha anzi commosso il Mondo durante le Olimpiadi di Atlanta accendendo tremante il braciere durante la cerimonia inaugurale. Un ulteriore passo verso il mito. Anche Marciano, per dover di cronaca, non fu fortunato: morì appena 45enne in un incidente aereo.
In conclusione, è interessante notare un ulteriore parallelo con il tennis. Da sempre sport per veri duri e quindi spesso violenti anche in atteggiamenti e parole, il pugilato sembra oggi divenire gradualmente uno sport per gentlemen. Pacquiao dedica ogni vittoria alla mamma, Holyfield è un educato pastore cristiano, gli stessi Lewis e Klitscho parlano poco e menano tanto. Fra gli appassionati di pugilato l’epoca degli sfacciati Alì, Frazier e, ultimo, Tyson, rappresenta un po’ quelle che per i nostalgici del tennis furono le sbracciate di Connors e McEnroe o la tracotanza di Ilie Nastase. Nel tennis ciò non è stato di grande impatto per la popolarità dello sport, dato che i dominatori attuali sanno essere grandi personaggi anche senza bisogno di risse o battibecchi. Ma in uno sport di puro combattimento come il pugilato, questo trend verso il politically correct ha forse nociuto alla popolarità dello stesso.
Aminoacidi di Grandezza individuati:
- Le scelte di vita.
- Aver vinto lottando contro avversari di gran fama piuttosto che dominando il panorama, dando luogo a riconosciuti “eventi singoli” .
Prima puntata
Seconda puntata: l’atletica
Terza puntata: l’automobilismo
Quarta puntata: il ciclismo