da New York, il direttore
Che bel martedì azzurro dopo il lunedì all’US Open che era stato nero per tutti i nostri fuorché per Paolo Lorenzi. È mancato il poker perché Marco Cecchinato ha perso tre tiebreak in un match che lo aveva visto indietro due set a zero, poi recuperare, passare in vantaggio 3-1 al quinto set, farsi raggiungere e palesare nella fase decisiva – il terzo tiebreak – tutte le insicurezze che da un pezzo lo hanno attanagliato.
È mancato il poker ma il tennis italiano ha calato un bran bel tris. Tris d’assi? Quasi. Vero che Berrettini e Sonego, rispettivamente n.25 e n.49 ATP, erano favoriti contro i due classe ’86 (33 anni compiuti entrambi) Gasquet (n.36) e Granollers (n.91). È vero anche che Thiem non era certo al meglio della condizione dopo il virus intestinale che lo aveva colpito la settimana scorsa (“Quello che ha giocato non ero io” ha detto Dominic senza tante mezze misure più politically correct). Però dopo che Sinner pur perdendo aveva lasciato in tutti noi una grande, grandissima impressione giocando alla pari con Stan Wawrinka, è il modo in cui i tre hanno vinto – quasi autoritario – ad avermi fatto esclamare: “Beh, finalmente il tennis italiano ha un presente capace di illuminare anche il futuro”.
Dopo averli visti giocare nel modo in cui li ho visti, il tabellone che li aspetta mi autorizza a sognare una seconda settimana per più d’uno dei nostri rappresentanti. Sì, perché francamente Berrettini mi sembra un tennista di miglior qualità rispetto all’australiano Thompson (n.55) al di là dei 30 posti in classifica che contano e non contano. Quanto a Sonego, ha un tennis molto più adatto al cemento che non Andujar (n.70) a prescindere dai 21 posti che lo vedono avanti nel ranking e sebbene un anno fa sul campo n.1 del Challenger Città di Firenze al circolo delle Cascine lo vidi soccombere in semifinale proprio davanti allo stesso spagnolo di Valencia.
Quanto infine al sorprendente Fabbiano, che a 30 anni si toglie la soddisfazione di battere i suoi primi due top-ten in due Slam consecutivi, Tsitsipas a Wimbledon e Thiem qui a New York, beh anche lui potrebbe benissimo vincere contro l’imprevedibile kazako (ex russo) Bublik che ha gran servizio e bel talento, ma sappiamo bene come possa fare punti straordinari come errori clamorosi. Fabbiano dice giustamente che il suo compito è solo quello di essere solido, di non dover mai regalare un punto… oltre a sperare che i bassi di Bublik siano più frequenti degli alti.
I giocatori notoriamente sostengono – spesso mentendo – di non guardare il tabellone, di pensare soltanto all’avversario successivo, uno alla volta. Probabilmente fanno pure bene. Ma io che faccio tutto un altro mestiere devo – e sottolineo il “devo” – guardare invece il tabellone e i possibili spiragli che si potrebbero aprire: ebbene, in un tabellone che ha perso nella seconda giornata ben sei teste di serie (la 4 Thiem, la 8, 9, 10, Tsitsipas, Khachanov, Bautista Agut, la 18 Auger-Aliassime e la 30 Edmund), che si aggiungono alle tre di lunedì (fra le quali ahinoi il nostro Fognini n.11), osservo che se Berrettini battesse Thompson troverebbe al terzo turno il vincente di Popyrin n.105 (Australia) e Kukushkin n.47 (Kazakistan).
Insomma il traguardo degli ottavi già raggiunto a Wimbledon sembrerebbe proprio alla sua portata. E se ci arrivasse – lo so che mi spingo troppo oltre – in ottavi non si imbatterebbe nel “mostro” Federer come all’All England Club, quando rimediò quel famigerato 6-1 6-2 6-2 che poteva costarmi la carriera (se Federer non mi avesse suggerito di rinviare la pensione ancora per un po’). Troverebbe invece chi uscisse dal settore lasciato vacante da Tsitsipas… quindi uno fra Rublev, Simon, Hoang, Kyrgios. Brutti pesci… ma nessuno che valga la solidità e il carisma di Federer.
Passo alla pratica Sonego e Fabbiano: vincessero entrambi con gli avversari sopra citati, si dovrebbero affrontare fra loro, garantendo una presenza italiana in ottavi, laddove l’azzurro superstite troverebbe uno di questi giocatori: Monfils, Copil, Laaksonen e Shapovalov. Insomma, ho visto tabelloni peggiori. E, negli anni, italiani con meno chances di farsi strada. Visto e considerato che Fabbiano ha già 30 anni, beh a ispirare rosee predizioni sono maggiormente Berrettini classe 1996 e Sonego classe 1995, due quasi… gemelli. Matteo è nato in aprile e Lorenzo a novembre. Di fatto li separano soltanto 5 mesi. Matteo è stato un tantino più precoce, Lorenzo ci ha messo appena un po’ di più a venir fuori, ma nessuno dei due è stato un… Sinner da junior e neppure un Musetti.
Vi invito ad ascoltare le audio interviste che abbiamo registrato con entrambi e con ciascuno dei due che racconta con particolari curiosi e inediti del magnifico, decennale rapporto di amicizia con l’altro, della felice reciproca condivisione dei risultati dell’amico, della compartecipazione anche tecnica. Umberto Rianna, validissimo tecnico FIT ed eccellente persona, coadiuva il coach di Berrettini Vincenzo Santopadre, e quello di Sonego, Gipo Arbino: i tre formano un team di persone di valore, sotto tutti i profili e questo è un aspetto non secondario ma fondamentale.
Berrettini: “Ieri ci siamo allenati insieme, stamattina ci siamo scaldati insieme e ho visto che sta giocando e servendo benissimo. Sono contento perché siamo molto amici”
Oltre a rappresentare un raro esempio di tennisti davvero molto più amici che rivali, non c’è dubbio che – come ho già avuto modo di scrivere anche in passato quando dedicai loro un profilo – Matteo e Lorenzo sono due bravissimi ragazzi, bene educati dai loro familiari, sul campo e fuori, sempre disponibili anche con noi scocciatori per professione e hanno curiosamente caratteristiche sia fisiche sia tecniche abbastanza simili, seppur diverse. Sono finalmente due tennisti alti e in possesso di un ottimo servizio, di un gran dritto, i due colpi più importanti, direi essenziali, nel tennis moderno.
Per anni abbiamo lamentato tennisti incapaci di mantenere i propri turni di battuta. Loro invece, ripeto, della battuta se ne fanno un punto di forza. E con il tennis che si gioca all’80 per cento ormai su superfici più veloci della terra battuta, cioè cemento, erba e campi indoor, è quasi l’unico modo per sopravvivere ad alti livelli. Lo stesso Fabbiano, che invece è tutt’altro tipo di giocatore, piccolino, più forte nella risposta che nel servizio, si esprime meglio sul veloce che sulla terra rossa natia.
Sonego: “Il servizio è la cosa che stiamo curando di più. È troppo importante servire bene oggi. Poi ho lavorato fisicamente, ho messo un po’ di massa sotto. Prima non avevo la forza per reggere. Adesso riesco a imporre il mio gioco”
Non vorrei bruciare tutto quanto raccolto negli audio esclusivi con troppe anticipazioni, anche perché è dal clima, dalle risate, da qualche battuta che i due si scambiano, dalle piccole provocazioni che noi giornalisti lanciamo (con Matteo per esempio sul suo recente flirt e i rischi che lui potrebbe correre con un ex fidanzato geloso che non ha una fama troppo raccomandabile) che si capisce perfettamente quale sia il loro rapporto, come si manifesti, dagli allenamenti congiunti alle cene ai ristoranti giapponesi come italiani. Dai primi intrecci quando erano ancora poco più che bambini a Pievepelago, alle trasferte ad Antalya per giocare soltanto quattro anni fa a caccia dei primi punti ATP. E Sonego giocava ancora il dritto con la presa continental. “Io remavo e basta, una vergogna, Matteo era già più bravino…”.
Sonego: “L’altra sera abbiamo parlato di quando eravamo ad Antalya e perdevamo al primo turno. Si è creata da lì una forte amicizia, cosa rara fra giocatori. Noi invece abbiamo creato un bellissimo rapporto”
Berrettini: “La prima volta che ci siamo incontrati mi sa che è stata a Pievepelago per la Coppa delle province. Mi ricordo che lui pesava tipo 15 chili, e io 16. Bei ricordi con lui, siamo stati sempre vicini…”
In quattro anni tante cose sono cambiate, “abbiamo fatto insieme un grande cammino dai futures, ai challenger, ai primi tornei ATP, fino allo Slam australiano del 2018…”. Si è parlato di tante cose, ma su una in particolare i pareri sono stati unanimi. Sul futuro di Sinner.
Matteo: “Io all’età sua stavo giocando qua le quali under 18! È impressionante. Ovviamente per il gioco, ma ancor più per il modo in cui sta in campo. Per come è entrato sull’Armstrong con Wawrinka a testa alta, giocando alla pari. Già a Roma contro Johnson ha subito vinto il primo match. È davvero molto avanti da quel punto di vista. Ha un atteggiamento… è sempre pronto a imparare, dalle sconfitte. Secondo me è quella la sua forza, per il futuro. Ci sono tanti ragazzi che giocano bene a tennis, ma poi la differenza la fa la testa. Ho visto sul matchpoint (che non è riuscito ad annullare) che gli giravano, e non è una cosa scontata. Quella è una qualità, la giusta rosicata, mai esagerata. Sentivo stamani Sartori che diceva: ‘Wawrinka ha dovuto giocare bene perché sennò sarebbe stata tosta’. Ha grande personalità tanto di cappello”.
E Lorenzo sempre su Sinner: “Sembra che Jannik non si accorga neanche di dove è, di che cosa fa. Proprio gli viene naturale, non sente la pressione. È veramente una macchina, un carattere perfetto per giocare a tennis. Per me sfonda di sicuro e anche presto, ha fatto grandi miglioramenti. Ogni giorno migliora a una velocità che è devastante”. Su chi potrà fare più strada fra tutti loro, Matteo, Lorenzo, Jannik, Musetti e Zeppieri, Sonego non ha dubbi: “Per me Sinner. Fra me e Matteo? Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
La penso come tutti anch’io. Se Jannik avesse avuto un altro carattere mi sarei preoccupato per tutte queste attenzioni che già lo circondano e che potrebbero – ad un altro tipo di ragazzo – creare troppa pressione. Nel suo caso non mi pare corra rischi. E poi Riccardo Piatti, sua moglie Gaia, Andrea Volpini, fanno buona guardia. Stanno facendo di tutto per proteggerlo dalle intromissioni più indiscrete. Qui a New York è stato quasi impossibile intercettarlo. Perfino per i media federali. Fino all’obbligatoria conferenza stampa post match con Wawrinka è stato praticamente impossibile avvicinarlo per tutti.
Forse dovrebbero pensare a fare qualcosa del genere anche per Coco Gauff. Nei confronti della ragazzina che ha fatto scalpore per la sua età e il suo tennis a Wimbledon – dove al primo turno batté il suo idolo ad immagine e somiglianza Venus Willians – c’è un’attenzione spasmodica. Le hanno dato una wildcard in barba alle regole WTA, perché l’US Open è “figlio” USTA e non deve rendere conto alla WTA, l’hanno subito programmata – contro Potapova che ha vinto il primo set ma ha poi perso al terzo contro la terribile ragazzina sponsorizzata dal managent di Federer (e da Barilla) – sull’Armstrong Stadium, il secondo campo principale del torneo. Torneo che per inciso ieri martedì ha fatto registrare 67.187 spettatori. Quanti tornei vorrebbero raggiungere quell’affluenza in tutta una settimana di gare!
Beh, ieri in sala stampa da un altoparlante arriva un annuncio: “I giornalisti che volessero assistere al match Gauff-Potapova sono pregati di mettersi in coda per procurarsi un biglietto”. Già, per andare sull’Armstrong di solito non serve. Ma è deflagrata una CocoGauffMania. Pensate che mentre ieri la sua conferenza stampa, dopo non so quante passerelle tv, è durata oltre 9 minuti – potete ascoltarla sul sito dell’US Open e io le ho fatto presente anche quanto sto per scrivervi – al n.1 degli Stati Uniti, John Isner, nessun giornalista USA ha chiesto di venire in conferenza stampa! Non se lo sono proprio filato.
Vale la pena di riferire un commento di Rafa Nadal, facilmente vittorioso su Millman, il tennista australiano che un anno fa eliminò qui Federer, a proposito di Coco Gauff: “L’ho vista giocare un paio di volte a Wimbledon. È molto forte davvero per avere… 15 anni vero? È alta e ha già tanta potenza. Gioca con una grande intensità. Vediamo… ovviamente sembra che possa schiudersi davanti a lei un grande futuro, le auguro il meglio…– e dopo una pausa – è dura metterle addosso tutta questa pressione o parlare così tanto di lei. Anche se sta facendo cose incredibili resta molto giovane. Credo che necessiti interiorizzare le cose passo dopo passo. È facile perdere la prospettiva. Spero davvero che abbia attorno a lei le persone più giuste e allora diventerà sicuramente una star di questo sport”.
Dopo di che Rafa ha detto di aver scritto a Andy Murray che sta giocando un challenger nella sua Maiorca, che “qualunque cosa ti possa servire, fammi sapere. Se vuoi andare in mare con la mia barca (appena comprata… un 80 piedi) basta che me lo chiedi”.
Chiudo questo editoriale fin troppo lungo, segnalando il bilancio del torneo maschile a fine primo turno in pareggio, quattro vittorie e quattro sconfitte – oggi gioca il solo Lorenzi dei nostri, contro il ventenne Kecmanovic, assai promettente – ricordando che nella seconda giornata dell’US Open sono uscite di scena anche quattro ragazze teste di serie: la più coronata Sloane Stephens, campionessa qui due anni fa, e battuta dall’esordiente Kalinskaya. Le altre “bocciate” sono Muguruza, Suarez Navarro, Strycova.