TENNIS LAVAGNA TATTICA – Nelle due finali del combined romano abbiamo assistito allo strapotere tecnico di Serena Williams e Novak Djokovic, quest’ultimo ormai formidabile anche nell’esecuzione del dritto.
Lo strapotere tecnico di Serena e Novak
Dispiace davvero tanto per l’infortunio muscolare patito da Sara Errani, durante la finale del singolare femminile contro Serena Williams. Purtroppo, il rammarico maggiore riguarda il futuro prossimo, ovvero la possibilità che “Sarita” non faccia in tempo a recuperare in vista del Roland Garros, torneo che tante soddisfazioni le ha dato negli ultimi anni. Speriamo bene, e in bocca al lupo.
Per quanto concerne la partita di ieri, invece, è apparso evidente che non ci sarebbe stata storia comunque: Serena è una categoria abbondante sopra a tutte le altre, e in particolare quando affronta avversarie che in una, o più fasi di gioco (nel caso della Errani, la purtroppo cronica “leggerezza” del servizio), manifestano lacune di tipo tecnico o insufficienze a livello di spinta e incisività, non lascia scampo affondando sul punto debole con tutta la sua potenza.
In ogni caso, come si usa dire, “la palla è rotonda”, e per quanto estremamente improbabile, finchè si rimane in campo con piena efficienza fisica qualcosa potrebbe sempre succedere anche avendo davanti il “mostro da tennis” che è la Williams. Almeno, si può tentare di fargliela vincere faticando un minimo, cercare di stare in campo il più a lungo possibile, e poi le si dà la mano e le si fanno i complimenti lo stesso, ma almeno quell’uno per cento di chances ce le siamo giocate. Pazienza, e come detto incrociamo le dita perchè non ci siano troppe conseguenze fisiche.
Molto più interessante e ben giocata, invece, è stata la finale maschile, vinta al terzo set (4-6, 6-3, 6-3) da Novak Djokovic su Rafael Nadal. Del match-up tecnico-tattico-strategico tra i due migliori giocatori del circuito sono già stati analizzati i più piccoli dettagli, e la conclusione è stata che riguardo al tennis puro e semplice, l’arsenale di colpi e le doti fisiche insomma, il serbo abbia qualcosa in più rispetto allo spagnolo, particolarmente un maggiore equilibrio tra la qualità dei due colpi fondamentali. Ma si tratta di un margine talmente piccolo e sottile da venire spesso e volentieri superato da Nadal attraverso la sua inimitabile attitudine agonistica, e la sua concentrazione assoluta e costante nel perseguire la vittoria con ogni mezzo.
Il Rafa non del tutto “convinto”, a mio avviso soprattutto mentalmente, che abbiamo seguito in questa parte della stagione, non è però sufficiente per contrastare una macchina da tennis quale Novak ha saputo diventare nel secondo e nel terzo parziale della finale, dopo essersi fatto sfuggire il primo set a causa di un “ingresso ritardato” nel match proprio a livello di testa. A dirla tutta, per come la vedo io un Djokovic come quello della seconda parte della partita non lo contrasta proprio nessuno, ci vorrebbe un bombardiere alla Del Potro (o il bel Raonic visto a Roma), in stato di grazia assoluto, e che non sbagli un’accelerazione che sia una, o un Federer in versione “god mode” totale dall’inizio alla fine, o appunto un Nadal inferocito e perfetto in difesa e contrattacco come poche volte nella carriera intera, non certo quello di ieri.
La cosa che tecnicamente è ormai chiarissima è la definitiva perfezione raggiunta da Nole nell’esecuzione del dritto, già apparso sempre più potente, preciso e incisivo anche nelle prove recentemente offerte dal serbo. A una traiettoria destra in cross naturale, solida e carica di top-spin, Djokovic ha ormai stabilmente aggiunto la capacità di uscire e aggredire in lungolinea mollando botte terrificanti (ieri un vincente di dritto esterno a 167 kmh, non serve commentare) anche con quello che “dovrebbe” essere il suo colpo relativamente meno forte. Figuriamoci.
Le statistiche sottolineano in modo evidente questo ulteriore progresso di Novak: dell’enormità di vincenti (46! Sulla terra contro Nadal!) messi a segno, da fondo lo score ne riporta 22 con il dritto, 10 con il rovescio. Sul mio “personalissimo cartellino” (mi permetto di citare il Maestro Tommasi) dei winner, poi, winner che ho l’abitudine di considerare tali anche se la palla viene toccata magari in allungo disperato, chiamiamoli quindi “vincenti diretti + vincenti sporchi” (come i semi-ace sfiorati dal ribattitore), ne ho messi un’altra buona dozzina sempre di dritto. Prestazione mostruosa dal lato destro per Djokovic, e nessuno spiraglio a livello di geometrie per Rafa, data la proverbiale solidità e qualità del serbo con il rovescio bimane, con il quale ha piazzato diverse accelerazioni fulminanti. Dovunque lo spagnolo tirasse, gli tornavano in faccia missili pazzeschi.
Mettiamoci pure la grande lucidità tattica di Nole, che grazie a queste sue due sberle da fondocampo ha chiuso Nadal nel suo angolo destro, costringendolo a un intero match di recuperi con il rovescio, e facendogli letteralmente sparire la possibilità di girarsi e innescare il super-drittone in top (per Rafa, 7 vincenti di dritto. In 28 game su terra battuta. Uno ogni quattro giochi. Anche qui, è superfluo commentare), e qualche bella cosa perfino a rete (il gioco di volo rimane per me l’unica e ultima area tecnica che abbia margini di miglioramento per Djokovic, se si mettesse anche a toccare con continuità le volée, e soprattutto gli smash, con sicurezza e “mano”, avremmo il tennista perfetto), il risultato è scontato.
Ed è apparso scontato da poco più di metà del match, il che quando c’è in campo quel diavolo dalle mille risorse che è Nadal, succede davvero di rado, per non dire mai. L’uomo da battere a Parigi, per la prima volta da tanto, tanto tempo a mio avviso non è più sempre e solo Rafa (intendiamoci, non metterlo tra i favoriti rimane una follia), e anche se tre su cinque sulla terra battuta può comunque succedere di tutto, il fantastico Djokovic della finale di Roma è più che pronto per completare il career slam.