Anche se l’ufficialità arriverà solo il 12 settembre, il 1988 è senza dubbio l’anno di Mats Wilander, ovvero del settimo n.1 della storia da quando esiste il ranking ATP. Per quasi tutta la stagione, Ivan Lendl riuscirà a conservare il trono in virtù di una serie di buoni piazzamenti e poche sconfitte gravi ma lo svedese, sia pur inciampando di tanto in tanto, riempirà la sua annata di grandi risultati fino a piazzare la bandierina sulla vetta. Tuttavia, per inquadrare al meglio la figura di Wilander occorre fare un passo indietro di quasi sei anni, quando Mats stupisce il mondo diventando in un solo colpo il più giovane campione Slam della storia nonché l’unico ad aver vinto il singolare dopo essere stato campione juniores l’anno precedente. Tutto questo avviene nel 1982 al Roland Garros, la terra che per sei degli otto anni precedenti era stata dominata dal ben più celebre connazionale Bjorn Borg.
Anche se in apparenza ne replica lo stile, il credo tattico e la morfologia, in realtà Wilander è piuttosto diverso dal suo predecessore sia nel portare i colpi che nella visione di gioco, anche e soprattutto perché deve sopperire alla carenza di potenza con la sagacia e l’intelligenza. Il suo primo trionfo è un cocktail di sorpresa (degli avversari, che non lo conoscono abbastanza e ne sottovalutano le potenzialità) e resistenza (batte Lendl negli ottavi in cinque set e in finale con Vilas è una maratona di 4 ore e 43 minuti nonostante i quattro set di cui uno chiuso 6-0) ma Mats saprà cambiare pelle per portare a casa due Australian Open sull’erba (1983 e 1984) e un altro Roland Garros nel 1985, tanto da diventare il primo (e unico) tennista capace di vincere quattro major non ancora ventunenne.
Insomma, nel 1988 Wilander è un osso duro per tutti ma lontano dalla terra non sembra in grado di poter fare grandi cose, anche perché è a secco di titoli importanti ormai da quasi tre anni. Invece, nella prima assoluta degli Australian Open a Flinders Park, sul Rebound Ace della nuovissima Rod Laver Arena con il tetto mobile, Mats vince sia semifinale che finale al quinto set (rispettivamente contro Edberg e il beniamino di casa Pat Cash, che a sua volta aveva battuto Lendl in cinque set) e fa suo il primo Slam stagionale. In febbraio Lendl si ferma al secondo turno a Filadelfia contro l’attaccante australiano John Fitzgerald – un doppista eccellente che ha già vinto tre Slam e nel 1991 sfiorerà, insieme a Jarryd, il Grande Slam nella specialità – ma in marzo Wilander scivola a Orlando (battuto da Berger) prima di imporsi a Key Biscayne, che a quei tempi era praticamente uno Slam con sette turni al meglio dei cinque set, battendo Connors in finale.
Il n.1 Lendl incassa punti pesanti alzando i trofei di Monte Carlo e Roma (dove invece lo scandinavo perde clamorosamente con Pistolesi, nel Principato, e con Agenor al Foro) ma al Roland Garros non riesce a difendere il titolo conquistato nei due anni precedenti ed è un altro svedese, Jonas Svensson, a batterlo nettamente in tre set a livello di quarti di finale. Dal canto suo, Wilander a Parigi ritrova una condizione eccellente, sopravvive alle bombe di Zivojinovic al terzo turno (7-5 al quinto) e in semifinale manda Agassi per un’ora sul lettino del massaggiatore dopo aver subito le geometrie di Flipper e averne atteso il crollo fisico, evidenziato dal 6-0 della quinta frazione. In finale lo svedese mette dentro settanta prime su settantaquattro e disinnesca la volontà di attaccare di “Riton” Leconte, che i francesi vorrebbero vedere emulare Yannick Noah, campione cinque anni prima.
A Wimbledon, mentre Wilander (in odore di Grande Slam) ha la sfortuna di trovare sulla sua strada uno degli avversari che meno digerisce e viene eliminato nei quarti da “Gattone” Mecir, Lendl vede sfumare ancora una volta il suo sogno dovendosi fermare in semifinale contro Becker ma già negli ottavi il n,1 del mondo aveva dovuto annullare un match-point a Mark Woodforde prima di batterlo 10-8 al quinto di una partita intensissima, l’ottava consecutiva vinta sui prati della Regina al parziale decisivo.
Archiviata l’erba, l’estate americana diventa decisiva per la lotta al potere e le strade dei due contendenti si dividono. Lendl gioca a Stratton Mountain e Toronto mentre Wilander opta per Boston e Cincinnati ma i risultati sono praticamente gli stessi. Prima di trionfare in Canada, il n.1 perde a Stratton Mountain al secondo turno dal n.150 del mondo; Roger Smith, di Bahamas, non ha mai vinto più di un incontro in carriera nel tour maggiore e nel Vermont domina la sfida portandosi 4-0 nel primo set e 5-0 nel secondo e chiudendo 6-2 6-3 più per paura di vincere che per meriti di Lendl, il quale la prende con filosofia: “Non è la partita più importante della stagione, mi sto preparando per gli US Open e ci sta di perdere, anche perché Smith oggi non mi ha mai fatto entrare nel match con quei servizi tremendi”. Wilander non è da meno e, prima di aggiudicarsi l’importante tappa in Ohio, cade a Boston per mano del n.126 mondiale, Horacio De La Pena, che si impone 7-6 6-1.
Le tappe di avvicinamento sono terminate e a Flushing Meadows Lendl e Wilander sono ai lati opposti del tabellone e si guardano da lontano ma domenica 11 settembre c’è solo una rete a dividerli. L’approdo alla finale è stato simile per entrambi: Lendl ha dovuto ricorrere al quinto set già al debutto contro l’israeliano Amos Mansdorf e ha perso altri due set con Hlasek negli ottavi e il primo della semifinale con Agassi; Wilander invece è stato trascinato al quinto da Curren al secondo turno e ha ceduto a Emilio Sanchez il primo parziale nei quarti. Fino a tutto il 1984, le sfide dirette tra i due sono state equilibrate (5-5), poi Ivan ha preso il largo e nelle ultime nove occasioni ha perso solo la finale del Roland Garros 1985. L’anno scorso Lendl e Wilander sono stati in campo qui per 4 ore e 47 minuti, firmando la più lunga finale del torneo nonostante abbiano giocato solo quattro set e uno di questi sia terminato 6-0, ma il primato viene superato (sia pur solo di qualche minuto) e stavolta l’esito è diverso.
UN CAPOLAVORO TATTICO: WILANDER SEMPRE A RETE
In una giornata afosa come solo a New York in tarda estate sembra possibile, i primi due giocatori del mondo si danno battaglia per quasi cinque ore e fino all’ultimo l’esito resta in bilico. Ma Wilander aveva deciso di mettere in atto una tattica che non gli era per nulla abituale, tutta d’attacco. Non si era mai visto Wilander fare tanti serve&volley come quel giorno. A Flushing Meadows non riconosce più lo svedese chi aveva visto e ricordava quella sua vittoria nella finale del Roland Garros contro Vilas, con la gente che aveva preso addirittura a fischiare per via di scambi noioissimi e interminabili, un tennis di pazienza che non si poteva quasi credere che potesse esserne capace un ragazzino di 17 anni. Wilander giocherà addirittura 61 serve&volley, 2 perfino sulla seconda di servizio allo scopo di togliere ritmo a Lendl e destabilizzarlo. Di quelle 61 discese a seguito del servizio, e non è che Mats avesse un servizio irresistibile – ma si affida ad un’altissima percentuale di prime palle, l’86% (si legge nelle pagelle di Matchball di Ubaldo Scanagatta: la rubrica si chiamava, “Fritti in pagella”) servendo profondo seppur a tre quarti di velocità – nè volèe alla McEnroe o alla Cash, 38 sono i punti vinti e solo 23 quelli persi nonostante una tattica per lui certamente innaturale e super rischiosa.
Ma Mats attacca a spron battuto anche nel corso degli scambi: alla fine, Rino Tommasi e Ubaldo Scanagatta che commentano il match (dov’era Gianni Clerici?) – e con Ubaldo che nota come Tony Roche sul finire del quinto set viene inquadrato a bordo campo con gli occhi chiusi, pare proprio che dorma… il caldo o gli attacchi di Mats al suo pupillo devono averne sfibrato la resistenza e sorpreso pure lui – conteranno ben 131 attacchi dello svedese sui 328 punti dell’intero match. E 77 di quelli sono vincenti. 54 i perdenti, perchè Lendl non aveva mica un passante da ridere! Però è tanta roba. Secondo i cronisti dell’epoca Wilander era tipo che avrebbe attaccato al massimo 25 volte in un match: stavolta lo aveva fatto a set. Roba da non credere. Per attaccare si era affidato molto anche al rovescio slice a una sola mano.
Nel quinto set Wilander va avanti due volte di un break e serve per il titolo sul 5-4 ma qui deve fronteggiare due palle-break non consecutive. Nella prima Lendl mette a lato la risposta, nella seconda chiude uno smash ma per tutto l’ultimo gioco lo svedese cerca con insistenza la rete, supportato anche da un servizio con quasi il 90% di prime in campo. A sua volta Lendl, con le spalle al muro, annulla un match-point con un passante di rovescio giocato in scarso equilibrio che finisce sulla linea ma nel secondo non gli riesce la replica e affossa in rete l’ultimo colpo di una partita migliore di quella dell’anno precedente, di rara intensità emotiva: 6-4 4-6 6-3 5-7 6-4 in 4 h e 55 minuti (8 minuti più della finale dell’anno precedente che però aveva richiesto 4 set) e Wilander attenderà il giorno dopo festeggiando insieme alla moglie Sonja e suonando con Keith Richards.
Il 12 settembre lo svedese diventa n.1 ma il suo regno avrà vita breve, quasi come se il conseguimento dell’obiettivo gli avesse tolto ogni motivazione.
Con tre quarti di Grand Slam in tasca, Wilander rinuncia alle Olimpiadi di Seoul (ufficialmente per scelta, anche se pare che fosse stato dichiarato persona poco gradita dal Comitato Olimpico Internazionale a causa della moglie, sudafricana, il cui padre era uno dei maggiori latifondisti del paese e il tennista scandinavo non si era mai espresso apertamente contro l’apartheid, ancora vigente nella nazione africana in quel tempo) e accetta la proposta di giocare sulla terra di Palermo. La sua presenza nel capoluogo siciliano scatena l’entusiasmo degli appassionati e quando, nel palleggio di riscaldamento prima della finale, dopo aver preso tre nastri si rivolge al giudice di sedia per farne controllare l’altezza e questo, misurandola, si rende conto che è effettivamente alta, il pubblico sugli spalti esplode in un boato.
È, questo di Palermo in cui batte in finale il connazionale Kent Carlsson, il suo ultimo acuto a cui farà seguire una serie di sconfitte che mettono in mostra il suo allontanamento soprattutto mentale dal gioco. Mats perde al secondo turno di Stoccolma con Dan Goldie, due dei tre incontri al Masters e soprattutto lascia al tedesco Carl-Uwe Steeb il primo singolare della finale di Coppa Davis sulla terra di Goteborg facendosi rimontare un vantaggio di due set. La Svezia lascerà l’insalatiera alla Germania già il sabato e Wilander metterà insieme un totale di 20 settimane solo perché ci sarà la sosta di fine anno. In campo a Melbourne per difendere il titolo, il n.1 inizia malissimo il 1989 perdendo al secondo turno con l’indiano Ramesh Krishnan ma quella che va in campo è solo l’ombra di Mats Wilander che, quasi come Borg, di fatto abbandona il tennis di vertice in giovanissima età. La sua breve esperienza da n.1 ha numeri poco significativi in rapporto alla sua grandezza (11 finali Slam, di cui 7 vinte) e recita 13 incontri disputati (8 vinti) e appena 4 tornei.
Il 30 gennaio 1989 Ivan Lendl torna a sedere sul trono e vi rimarrà per altre 80 settimane, portando il suo totale a 270, due in più di Connors che deteneva il record. Ma ci siamo già dilungati fin troppo e di questa ultima parte del regno dell’ex-cecoslovacco parleremo più diffusamente nella prossima puntata.
TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – NONA PARTE
ANNO | NUMERO 1 | AVVERSARIO | SCORE | TORNEO | SUP. |
1988 | LENDL, IVAN | CASH, PAT | 46 62 26 64 26 | AUSTRALIAN OPEN | H |
1988 | LENDL, IVAN | FITZGERALD, JOHN | 67 46 | FILADELFIA | S |
1988 | LENDL, IVAN | SVENSSON, JONAS | 67 57 26 | ROLAND GARROS | C |
1988 | LENDL, IVAN | BECKER, BORIS | 46 36 76 46 | WIMBLEDON | G |
1988 | LENDL, IVAN | SMITH, ROGER | 26 36 | STRATTON MOUNTAIN | H |
1988 | LENDL, IVAN | WILANDER, MATS | 46 64 36 75 46 | US OPEN | H |
1988 | WILANDER, MATS | GOLDIE, DAN | 16 46 | STOCCOLMA | H |
1988 | WILANDER, MATS | EDBERG, STEFAN | 26 26 | MASTERS | S |
1988 | WILANDER, MATS | BECKER, BORIS | 67 76 16 | MASTERS | S |
1988 | WILANDER, MATS | STEEB, CARL-UWE | 108 61 26 46 68 | DAVIS CUP | C |
1989 | WILANDER, MATS | KRISHNAN, RAMESH | 36 26 67 | AUSTRALIAN OPEN | H |
Uno contro tutti: Nastase e Newcombe
Uno contro tutti: Connors
Uno contro tutti: Borg e ancora Connors
Uno contro tutti: Bjorn Borg
Uno contro tutti: da Borg a McEnroe
Uno contro tutti: Lendl
Uno contro tutti: McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
Uno contro tutti: le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl