Gli strascichi medici per i partecipanti all’Adria Tour sembrano essere finiti (per quelli d’immagine potrebbe eufemisticamente volerci un po’ di più), ora che Goran Ivanisevic e Grigor Dimitrov hanno superato il coronavirus e sono risultati negativi al test. Questo l’annuncio del campione di Wimbledon 2001, direttore della tappa di Zara, che ha scritto di aver “vinto in cinque” dopo tre test negativi e due positivi…
…seguito da quello del Maestro dei Maestri del 2017:
Molti ricorderanno anche le parole del campione croato nel momento in cui aveva dovuto dare l’annuncio della cancellazione dei restanti match di Zara, quando si era schernito dai fischi con un “non sono io quello positivo al test” gravido di karma, facendo riferimento a Dimitrov stesso. C’è quindi da supporre che, ancorché accomunati da una buona nuova, i due non siano necessariamente in grandi rapporti al momento, specialmente in seguito alle accuse partite dal padre di Djokovic, che aveva sostanzialmente dato dell’untore al bulgaro, reo, secondo lui, di aver portato il virus a Belgrado e di non aver segnalato la propria sintomatologia per tempo – ricordiamo che Goran fa parte del team di Nole.
Al di là delle polemiche e delle delazioni a mezzo stampa, che si spera possano essersi definitivamente sopite, c’è una parte del messaggio di Dimitrov che risulta particolarmente significativa: il bulgaro ha infatti scritto di voler essere pronto per lo swing nord-americano.
In una stagione normale avremmo scritto che è normale, Grisha deve difendere la semi a Flushing Meadows, ma al momento il concetto non ha più significato, viste le modifiche al ranking. Ciò che ora interessa è che per la prima volta una stella del tennis europeo (che da un decennio domina le classifiche maschile) ha dichiarato senza mezzi termini di voler giocare a New York, in un momento in cui lo zeitgeist parrebbe inclinato nella direzione opposta, un po’ per rinunce di natura fisica (Federer, Fognini, Pouille), un po’ per la giusta inquietudine legata all’attuale ondata negli Stati Uniti (Popyrin, che ha dichiarato di aver raccolto pareri simili da De Minaur e Berrettini – sappiamo che due di questi sono australiani, ma risiedono entrambi in Europa), un po’ per rinunce desunte dall’entusiastica adesione allo swing sul rosso in contrasto con i dubbi vigenti sullo US Open (Nadal, Djokovic, Halep).
Il fatto che un nome di alto profilo (anche nei momenti in cui la classifica non va di pari passo) abbia aderito al progetto “bolla diafana” della USTA fa pensare che ci sia un sottobosco di top player che potrebbero decidere di sorvolare l’Atlantico (il cui bacino non pareva tanto capiente dall’epoca della caravelle) per cercare delle vittorie di prestigio, consci di un tabellone più abbordabile per via dell’assenza del cerbero a nome Big Three, e magari non proprio felici di doversi giocare le proprie chance esclusivamente sulla terra, superficie che per alcuni non è mai stata congeniale. La prima motivazione potrebbe far pensare a quasi tutti gli altri Top 30 (anche se Thiem, per esempio, è uno che potrebbe declinare proprio per il suo superiore magistero sul rosso), mentre la seconda consentirebbe ipotesi più precise – nomi che vanno da Dimitrov stesso a Daniil Medvedev, da De Minaur, nonostante i dubbi, a Shapovalov, da Bautista a un Murray che sente la paura della morte sportiva.
Potrebbero essere congetture prive di fondamento, specialmente se il torneo alla fine venisse annullato, ma il post di Dimitrov apre una finestra sui piani potenziali di molti giocatori d’alta classifica, e sarà interessante valutare le scelte di ciascuno nelle prossime settimane.