Alla lista dei tennisti che sono stati contagiati dal coronavirus si è aggiunto il nome di un allenatore illustre che ha passato una brutta esperienza con il virus. Franco Davin ha raccontato la sua degenza in una lunga intervista alla testata argentina La Nacion. “Ti dico quello che ho provato: stavo morendo. Sono stato per quattro giorni in condizioni tali per cui poteva andare in un modo o nell’altro. Tutto ciò che ho letto e ciò che mi è successo mi ha portato a pensare di essere vicino alla morte. Ed è stata una questione di giorni. Quindi un milione di cose ti passano per la testa. Mi ha dato la sensazione di avermi afferrato forte e anche se mi consideravo una persona sana, che viene dal mondo dello sport, mi ha colpito. Ero al limite” così l’ex coach di Fabio Fognini ha descritto la sua esperienza.
L’argentino attualmente allena Kyle Edmund ma i due si sono separati per ovvi motivi logistici, con il britannico che è tornato in patria mentre Davin è rimasto con la famiglia a Miami. “Alla fine di giugno ho lavorato molto sul campo, per molte ore; in questo momento a Miami fa caldo. Un giorno ho iniziato a sentire come se il sole mi stesse bruciando. Ho pensato: ‘Dovrò smettere per un giorno, stare lontano dal caldo’” ha iniziato a raccontare Franco. “Appena ho avuto la possibilità, per un giorno, di lavorare fuori dal campo ho deciso di non prendere troppo sole. Il giorno dopo ho svolto lavoro normale e ho iniziato a sentirmi stanco. Quel pomeriggio sono rimasto a casa e la mattina dopo ho fatto il test. Era giovedì 25 (giugno). Mi sentivo molto male, come se avessi una brutta influenza, un dolore in tutto il corpo che non mi permetteva di alzarmi. Il risultato del test normalmente te lo danno in 48 o 72 ore ma si è trovato di mezzo il fine settimana, quindi sono stato da giovedì a lunedì senza il risultato. Avevo la sensazione fosse solo un’influenza”.
“Lavoro con molti ragazzi di 18, 20, 22 anni, che a quanto pare sono asintomatici ma trasmettono il virus. Quando ho fatto il test ho chiamato tutte le persone con cui ero stato in contatto e nessuno aveva sintomi. Anche questo mi ha fatto pensare di non essermi contagiato. Poi, quel fine settimana ho iniziato a sentire una diminuzione del senso di gusto e olfatto. Mi sentivo un po’ meglio fisicamente, tuttavia il quarto o il quinto giorno ho iniziato a tossire e mi mancava il respiro. Questo è il peggio. Ho avuto paura, perché avevo letto tutto quello può succedere. Alcuni amici italiani mi dicevano una cosa, gli spagnoli un’altra. Monitorare la saturazione di ossigeno è stato utile. Il dottore mi diceva di controllarmi, perché se il livello fosse sceso sotto una certa soglia, sarei dovuto andare in ospedale”.
A questo punto è iniziato il calvario dell’isolamento. “Abbiamo isolato i miei figli e sono rimasto con Mariana, mia moglie. Mi passava il cibo attraverso la porta e si è presa cura di me. Il momento peggiore è stata la mancanza di aria, perché non sai fino a che punto può arrivare. La saturazione era al limite. Di notte ero disperato. Ho passato dei brutti momenti, mi sembrava di morire. Ho anche un amico medico, Miguel Castellán, ed ero in contatto con lui. Non stavo assumendo farmaci e non sapevo se stessi migliorando o no. Ci sono molte opinioni diverse”.
Davin si è dunque affidato solamente a “paracetamolo per abbassare la febbre. Così sono andato avanti. Sono tre o quattro i giorni difficili. Più tardi, ho iniziato a sentirmi meglio ma il dottore mi ha detto che poteva peggiorare ancora ed è successo: sei spaventato perché non sai quanto può durare. Dicono la situazione diventi abbastanza critico tra ottavo, nono e decimo giorno. Quando superi la dodicesima o tredicesima giornata è un’altra cosa, perché inizi a sentirti meglio e senti che te lo sei lasciato alle spalle. Ma ci sono stati tre o quattro giorni in cui ho passato davvero brutti momenti. Più tardi, uno dei dottori mi ha detto che era mi avrebbe fatto molto bene camminare; infatti dopo essere rimasto a letto a lungo, spostarmi ha iniziato a farmi stare meglio. Non è stato facile“.
Infine l’allenatore argentino, riflettendo su come possa aver contratto il virus, fa una piccola ammissione che dovrebbe essere di lezione per molti e che sicuramente lo sarà per lui. “Non indossavo spesso la mascherina. Avevo perso un po’ della paura iniziale“. Paura che successivamente si è ripresentata, in modo purtroppo per Davin molto più evidente.