L’interesse mediatico e perché no sociale, abbondantemente superiore rispetto alla valenza dell’evento sportivo in programma, aveva puntati su Naomi Osaka tutti i riflettori rimasti a Flushing Meadows, per la semifinale di Premier WTA più politica della storia. Prima ritiratasi in solidarietà con i colleghi della pallacanestro, ammutinatisi in sostegno del movimento Black Lives Matter dopo gli incresciosi fatti avvenuti in Wisconsin, e poi di nuovo nel torneo a sorpresa, Naomi Osaka ne ha approfittato per vincere anche la partita con Elise Mertens, impiegando peraltro un’oretta in più di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi scorgendone il primo set.
Prima frazione conclusa dall’ineffabile Osaka in poco più di mezz’ora trascorsa liscia liscia, grazie anche alla gentilissima collaborazione di una Mertens che nella solidità degli scambi normalmente si bea, e che invece oggi ha scialacquato lo scialacquabile soprattutto con il rovescio, causa di quindici, contati personalmente e mi si perdonino eventuali leggere inesattezze, errori non forzati nel singolo parziale. Le chance della fiamminga poche e poco significative: tre palle break buttate nel terzo gioco per recuperare il servizio precocemente perso e break effettivo nel settimo, quando ormai i buoi erano abbondantemente scappati dalla stalla.
Volata sul due a zero anche nel secondo e in agilissimo controllo della faccenda, Osaka ha d’un tratto smarrito la concentrazione e si è assentata dal match per una ventina di minuti, con la prima di servizio contumace e un piccolo fastidio alla coscia sinistra, causa e concausa di un parziale di quattro giochi a zero di Mertens che improvvisamente ha riaperto la partita. Da quel momento e fino al traguardo non sono mancati momenti d’imbarazzo per chi ha deciso che il match dovesse andare in fascia protetta: invariabilmente, chi ha avuto l’occasione per staccare la rivale ha fatto in modo di giocare il punto peggiore tra quelli possibili. Osaka ha rimediato alle malefatte impattando sul quattro pari, antipasto di un nono gioco da ventisei punti e sette palle break gettate alle ortiche dalla disperata Elise, incapace di migliorare la tragica resa nella speciale statistica, che a fine incontro reciterà tre su ventuno, roba che nemmeno il miglior Federer.
In qualche modo si è dunque giunti al tie-break, non prima che Osaka si vedesse cancellare da un numero clamoroso di Mertens nei pressi della rete un match point nell’undicesimo gioco. E il canovaccio del tredicesimo non sarebbe potuto essere diverso dal resto della partita che lo ha prodotto, con Mertens prima ad acciuffare il mini-break sul cinque a quattro e successivamente pronta a restituirne due consecutivi, servendo il secondo match point a Osaka la quale, stavolta, allo scoccare delle due ore, ha chiuso la contesa.
IL RITORNO DI VIKA – In finale l’altalenantissima Naomi avrà Vika Azarenka. La bielorussa, a lungo in balia della solida Johanna Konta vista in questi giorni, ha rimontato il set perso all’alba dell’incontro per dominare un terzo parziale che in trasparenza ci ha svelato, seppur solo per i trentaquattro minuti necessari a vincerlo, una versione vicina a quella migliore di sé. Dal lockdown Vika sembra riemersa con più chili, più muscoli e più spinta: non sarà il 2012, ma la prima finale Premier dai tempi di Miami 2016 è molto più che meritata. Ci soffermiamo soprattutto sulla reazione di carattere nel finale di secondo set, nel quale dopo aver servito senza successo sul 5-3 ha trovato la zampata decisiva un game più tardi, in risposta, e sull’intero terzo set – giocato su livello parecchio entusiasmanti. Konta era ben presente in campo (76% di prime in campo, per dare un numero) ma ha potuto opporre ben poca resistenza all’aggressione della bielorussa, esercitata talvolta anche in verticale.
“Non voglio darvi un titolo parlando di settimana magica, sono solo contenta di come sto giocando” ha poi raccontato Vika in conferenza stampa, da un lato raggiante e dall’altro attenta a schivare le domande sul gesto che ha caratterizzato la settimana – il rifiuto di scendere in campo da parte di Osaka. “Non voglio parlare di questo, concentriamoci sul tennis” ha risposto Azarenka liquidando un paio di domande sull’argomento. Non sembra una presa di posizione contro la giocatrice giapponese, quanto un tentativo di difendere con orgoglio il risultato ottenuto sul campo. In ogni caso, ne sapremo di più in finale.
Risultati:
[4] N. Osaka b. [14] E. Mertens 6-2 7-6(5)
V. Azarenka b. [8] J. Konta 4-6 6-4 6-1