Il Principino del Foro (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Rinascimento italiano. Il Foro diventa un museo a cielo aperto delle bellezze tricolori, raccontando di imprese che riportano alla memoria i bei tempi andati, ma con la solida promessa di replicarli qui e ora: era dal 1984 che tre nostri giocatori non approdavano agli ottavi degli Internazionali e siccome oggi al secondo turno se ne esibiscono altri tre, sussiste la splendida opportunità che venga battuto il record del 1979, quando ci riuscirono in quattro. E almeno uno di loro è già sicuro dei quarti, perché Berrettini e Travaglia si sono regalati un gustoso derby casalingo al prossimo passo. Narra la leggenda che Cimabue cacciò Giotto dalla sua bottega quando si accorse che era più bravo di lui a disegnare una mosca. L’anno scorso, l’implume Sinner proprio al secondo turno come adesso, cozzò contro Tsitsipas, che era già un apprezzato artista della racchetta. Ma Jannik è uno che impara in fretta e al greco, numero sei del mondo, stavolta ha fatto saltare la mosca al naso, con un successo ottenuto con il cuore e il cervello, più ancora che con il talento puro, diventando così il più giovane italiano a battere due volte un top ten (era già accaduto con Goffin a Rotterdam in febbraio), record sottratto a Gaudenzi. E poco importa che l’apollo ateniese confermi il momento critico e la scarsa adattabilità alla terra con un primo set inguardabile. Primo set a passeggio, ma un po’ di confusione e di comprensibile braccino di Jannik nel secondo riporta a galla Stefanos, fino al tiebreak surreale (8 minibreak nei primi 10 punti) in cui il nostro non sfrutta due match point e resuscita una partita già morta, accompagnando la parziale controprestazione con un warning per una pallina scagliata verso l’Olimpico: «A volte una reazione ci vuole, qualche frustrazione è bene che esca, non si può stare sempre zitti». Ma è lì, all’inizio del terzo set, che Sinner la vince mettendoci la testa, resettando subito i regali fatti al greco e allungando con il break decisivo: «Anche quando ho perso il set, anche se sbagliavo il colpo, sentivo di fare la cosa giusta. Contro Stefanos non è mai facile, un anno fa era il mio primo match contro un top 10 e da allora ho imparato molte cose, sapevo di avere i mezzi per competere e ho meritato di vincere, sono davvero contento. Dopo il secondo set ho messo via tutto e sono ripartito fresco. In questo sport la testa è fondamentale, non si può giocare bene tutto l’anno, devi trovare il modo per risolvere le situazioni. Io l’ho fatto». Negli ottavi incrocerà Dimitrov, e non sarà un pronostico imperforabile nella magia di un torneo che sta esaltando un altro teenager come Musetti, di cui Jannik parla con estasi: « E’ bello che dietro di me ci sia qualcun altro, ho visto la partita con Wawrinka in albergo, come potenziale Lorenzo forse è anche meglio di me». […]
Sinner-Musetti, colpo capitale (Paolo Franci, La Nazione)
Per raccontare quanto sia stata verticale l’arrampicata di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, c’è da fare un passo indietro fino alla scorsa edizione degli Internazionali. Il sogno del giovinotto altoatesino nel 2019, dopo aver vinto il primo match in un Master 1000, si interruppe proprio contro Tsitsipas. Ma non è di quel match contro il biondo Stefanos che vogliamo parlare, ma del derby dei millennials Sinner-Musetti andato in scena lo scorso anno nella finale delle prequalificazioni nella quale i due si giocarono una wild card per il tabellone dei grandi e fu una battaglia di quelle da ricordare tra i marmi e le statue del Pietrangeli. E già lì s’era capito che questi due avevano i tratti di quelli che vogliono e possono arrivare. II ricordo dello stadio strapieno di gente quell’8 maggio del 2019 è ancora lì, con file e file di persone in piedi. Mai visto prima per un match tra due ragazzini. Ma è chiaro che il profumo del talento s’era sparso in ogni angolo del Foro Italico richiamando una folla di persone. Vinse Jannik 6/7 7/6 6/3 dopo una battaglia di 2 ore e 39 minuti e un match point annullato nel secondo set. Un anno dopo, Jannik elimina il numero tre del tabellone, Stefanos Tsitsipas. Però ricordiamolo: Sinner non solo è il più giovane italiano della storia ad avere vinto un torneo Challenger, ma è uno degli 11 tennisti del pianeta ad averne vinti almeno due prima dei 18 anni di età: come Nadal, Djokovic Del Potro e Zverev. Jannik compie l’impresa poche ore dopo la straordinaria impresa di Lorenzo sul Centrale contro Wawrinka, un signore che ha in bacheca tre titoli dello Slam – Australian Open nel 2014, Roland Garros nel 2015 e Us Open nel 2016 – n°17 del mondo e 10 del tabellone, messo ko in due set. E mettiamoci dentro, ci mancherebbe anche Matteo Berrettini, numero 4 del torneo che supera Federico Coria 7/5 6/1 e giocherà domani il derby con Travaglia, altro italiano che ha compiuto la sua impresona, battendo Coric 7/6 7/5 e conquistando gli ottavi di finale proprio come Matteo e Jannik. L’altoatesino ieri ha dato dimostrazione di quello che potrà fare continuando su quella strada. Ora lo aspetta Dimitrov. Lorenzo invece se la vedrà nei sedicesimi con Nishikori. Dice Jannik di Lorenzo: «Come colpi è più forte di me. Abbiamo molti giovani, forti come Zeppieri, Nardi. E’ bello essere tanti e questo mi rende felice per il tennis italiano» […]
Fenomeno Sinner. E’ nextgen Italia (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)
Il futuro è adesso, e corre veloricsimo. Agli Internazionali del 2019, Jannik Sinner e Lorenzo Musetti si affrontarono nell’ultimo turno delle prequalificazioni. In un “Pietrangeli’ già bello pieno (altri tempi…), vinse il ragazzo di Sesto (6-7 7-6 6-3), che poi battè anche l’americano Johnson al primo turno del tabellone principale prima di perdere proprio da Tsitsipas. Un anno e mezzo dopo, i due ragazzi (insieme sommano 37 anni, due meno di Federer..) sono entrati da protagonisti nella storia del torneo. Martedì è stato il giorno di Musetti, primo 2002 a vincere una partita del circuito principale, che ha brutalizzato la brutta copia di Wawrinka, ieri i titoli li ha meritati Sinner 19 anni, che ha eliminato in tre set diseguali la testa di serie numero 3 del torneo, Tsitsipas, ottenendo la sua seconda vittoria su un Top 10 (precedente Goffin, numero 10) e vendicando così la sconfitta di un anno fa. Sinner – che domani sfiderà Dimitrov – ha cominciato subito a martellare da fondocampo uno Stefanos inaspettatamente lento e incapace di pensare ad una contromisura adatta al gioco d’incontro del nostro. Sul 6-1 5-2, qualcosa cambia. L’emozione accorcia i colpi di Jannik, Tsitsipas gioca qualche palla sporca in più, allunga gli scambi e prende coraggio, arrivando a servire sul 6-5. Inutilmente, perché Sinner rimonta e arriva al tie-break, un frullato di emozioni che – dopo due match-point scialacquati dall’azzurro, due pallate fuori non di poco – premia il greco per 11 punti a 9. Partita finita? Tanti giocatori anche più esperti si sarebbero persi, non l’azzurrino, che ricomincia a picchiare come se niente fosse, in un attimo si trova 4-0, fino al 6-2 finale, a festeggiare con l’indice puntato sulla tempia. «Sì, la testa è fondamentale – conferma in conferenza stampa – Sono stato bravo a restare concentrato. Mi ripetevo che nel tie-break avevo sbagliato un paio di colpi facendo però le scelte giuste. Così ho cancellato quanto era successo e ho pensato solo a ripartire bene, come ho fatto. Penso di essere migliorato molto in un anno, i risultati si vedono. Cera Djokovic in tribuna? Sono contento, ma non me n’ero nemmeno accorto…». Ne ha fatta di strada anche Musetti. Nel 2019 ha vinto gli Open d’Australia juniores, quest’anno ha giocato a febbraio la sua prima partita nel tabellone principale di un torneo Atp a Dubai, perdendo da Rublev ma senza sfigurare (6-4 6-4). Martedì ha spazzato via un triplo vincitore di Slam come Wawrinka (numero 17, ma è stato anche 3). «Ho visto tutta la partita in Tv – ha detto ieri Sinner – Lorenzo gioca un tennis bellissimo, e come potenziale forse è anche più forte di me. E poi sono contento che ci sia un italiano più giovane che fa grandi risultati. Ma di talenti di valore ce ne sono tanti, saranno belle sfide in futuro». […]
Sinner è uno spettacolo (Daniele Azzolini, Tuttosport)
C’è tutta l’Italia di De Gregori. Quasi tutta. Manca l’Italia del pubblico, e non è poco, ma chissà se avrebbe aggiunto qualcosa di buono, di utile. È una domanda che gira, in questi giorni di conteggi da record. Otto italiani in secondo turno nel torneo degli italiani. Tre già agli ottavi e oggi vanno in campo Fognini, Musetti e Sonego. Dite, si era mai vista tanta abbondanza? Di lavoro ne è stato fatto tanto, da quando accademie e coach hanno avuto i sostegni che era giusto attribuire loro, e danno corpo a un unico motore, in marcia tutti nella stessa direzione. È l’Italia di Jannik Sinner, che non c’era fino a due anni fa. O meglio, c’era ma nessuno ne parlava, perché iragazzi vanno condotti per mano sui blocchi di partenza, prima di dare loro il via. Senza squilli e annunci conditi di troppe speranze. Scovato da Sartori, consegnato a Piatti, cresciuto in un’università del tennis con cinque o sei professori a disposizione, oggi Sinner rappresenta un insieme unico, che integra con naturalezza due anime distinte, rendendole entrambe tennistiche. Non come Stefanos Tsitsipas, che diverso da se stesso proprio non riesce a essere. Conosce uno spartito, e lo mette in pratica. Viene da 12 mesi di cemento, tanti, non si rende conto che i suoi movimenti sono accorciati, non hanno la rotondità che il rosso meriterebbe. Sinner se ne accorge subito, perché è naturalmente portato a pensare, valutare, a cercare soluzioni. Muove il match, insomma, perde in maniera rocambolesca il secondo set ma non si scompone. Libera il braccio e mette in pratica i suoi propositi. Ha ragione Piatti. Dategli ancora qualche anno. Ma la fretta di dire che avremo presto un altro top ten è tanta. Tratteniamola. […]
Djokovic-Nadal, buona la prima (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)
Uno doveva cancellare quanto accaduto agli Us Open, la pallata alla giudice di linea, la squalifica, il pensiero di uno Slam che probabilmente avrebbe vinto. l’altro tornava in campo duecento giorni dopo l’ultima partita giocata e sfidava uno dei semifinalisti a New York. I due di cui parliamo si chiamano Djokovic e Nadal, avrete quindi già capito come sono finite le loro partite: 6-3 6-2 per Nole, 6-1 6-1 per Rafa. Djokovic e Nadal, sempre loro: ritorna al Foro Italico la sfida tra i primi due della classifica mondiale, che su questi campi si sono già incrociati otto volte (Nadal in vantaggio per 5 vittorie a 3), cinque in finale. Contro il bravo Caruso Djokovic ha giocato 84 minuti molto attenti, con qualche errore di troppo ma sempre in controllo, senza mai offrire palle break all’avversario. «Aspettavo con una certa ansia questo momento – ha detto il serbo – perché desideravo disputare match ufficiali prima possibile per rimuovere sul piano mentale quanto è accaduto a New York. Sono riuscito a gestire gli scambi servendo bene quando contava. So che il cambio di superficie richiede tempo per adattarsi bene alla terra, ma nel giro di qualche giorno riuscirò a sentirmi del tutto a mio agio». A caccia del decimo trionfo romano, il riscaldamento agonistico di Nadal è durato meno di cinque minuti, il tempo di annullare il break point nel primo gioco. Poi dall’1-1 ha vinto 16 dei successivi 22 punti, facendo subito capire al suo avversario, il connazionale Carrello Busta, che sarebbe finita come nei cinque predenti incontri tra i due, con la vittoria cioè del tennista più forte. «Mi marcava il campo, sono stato solido, mi sono piaciuto sia di dritto che di rovescio. Non mi aspettavo di giocare così bene mentre lui era forse un po’ stanco dopo tutti i suoi match a New York».