Gli exploit di Martina Trevisan e di Jannik Sinner, senza dimenticare gli ottavi splendidamente raggiunti da Lorenzo Sonego con la sua vittoria su Fritz, hanno avuto il pregio di guadagnare grande spazio nel palinsesto di Eurosport e su tutti i giornali che di solito lasciano angolini piccolissimi al tennis.
UN GIGANTESCO E BELLISSIMO SPOT PER IL TENNIS
È un bellissimo spot per il tennis italiano e non si può non esserne felici e soddisfatti già adesso, quando il torneo non è neppur finito, anche se alla vigilia di un duello Nadal-Sinner è quasi proibito farsi soverchie illusioni dopo che Nadal fin qui ha vinto 12 set cedendo in tutto 23 game, meno di due per set. Anche se non sarebbe giusto pretendere un nuovo miracolo da Martina Trevisan, già salita 73 posti da 159 a 83 in classifica virtuale, della WTA sulla carta ha più chances lei di incappare in una cattiva giornata di Iga Swiatek, strepitosa contro Simona Halep al punto di lasciare soltanto tre game a colei che era la favorita n.1 del torneo.
Dopo Aga, Iga… in Polonia saranno al settimo cielo, perché la ragazzina classe 2001 come il nostro Sinner, aveva chiuso il 2019 con un ranking migliore rispetto a Jannik, n.61 e se noi in Italia abbiamo già scritto anche sui muri del talento del ragazzo della Val Pusteria, delle sue prospettive, in Polonia hanno cominciato a scrivere di lei perfino prima che nel 2018 vincesse il torneo junior di Wimbledon. Swiatek, dunque, è giovane, giovanissima, e stavolta a differenza di ieri contro Halep entrerà in campo domani pensando di “dover” vincere per forza, di essere fortemente favorita contro una tennista proveniente dalle qualificazioni che fino a pochi giorni fa era praticamente una sconosciuta fuori dai nostri confini.
I risultati ottenuti dai giocatori italiani da Cecchinato 2018 in poi, con la loro sempre più massiccia presenza nei tabelloni degli Slam (secondi soltanto ai soliti spagnoli e ai giocatori di casa se lo Slam è americano, francese oppure australiano), stimolano ormai sempre più spesso i colleghi stranieri a interpellare quelli italiani in cerca di spiegazioni.
COME È CAMBIATO IL TENNIS
Io ho scritto due giorni fa, nell’editoriale il cui titolo e concetto base era che il tennis non è più propriamente uno sport del tutto individuale, ma è diventato sport di squadra, quelli che ritengo siano sono i motivi di questo momento felice, dopo oltre 40 anni di buio nel settore maschile, rischiarato soltanto per poco più di un quinquennio dai risultati delle nostre ragazze: 2010-2015, dall’anno del trionfo di Francesca Schiavone al Roland Garros fino a quello di Flavia Pennetta all’US Open. Ma scrivo da diverso tempo e ormai tante volte (qui e sui giornali per i quali collaboro) – e con ciò rispondo anche a chi sostiene pregiudizialmente che io non voglia riconoscere anche i meriti della FIT e di Binaghi – che due sono state le più importanti svolte “strategiche” alla base di quanto stiamo verificando.
L’ANTICA GUERRA FRA FIT E I TEAM PRIVATI, GLI ACCORDI FALLITI CON RICCARDO PIATTI
La prima è stata riconoscere dopo anni di discriminazioni poco lungimiranti che i team privati con i loro allievi più promettenti e capaci di conseguire risultati concreti andavano aiutati esattamente quanto i convocati federali al centro di Tirrenia. C’era stato un primo periodo durante il quale si era chiesto a Riccardo Piatti di collaborare con il progetto federale di Tirrenia. Piatti aveva già dimostrato di saperci fare portando fra i top 20 o a ridosso dei top 20 perfino giocatori non straordinariamente dotati. Né di puro talento né di fisico visto che non arrivavano al metro e 75: Renzo Furlan, Cristiano Caratti, più che Mordegan e Brandi che anni prima erano stati scaricati dalla FIT una volta che avevano compiuto 18 anni. La FIT di Galgani allora non si era ancora resa conto che non tutti erano Borg, Wilander, Becker, Chang cioè enfant-prodige. E voleva dismetterli dal centro tecnico di Riano. Piatti aveva lasciato la FIT per formarsi il suo primo team privato. Si sarebbe allenato alle Pleaiadi di Buccero. Per un certo periodo si sarebbe aggregato a loro anche Omar Camporese.
LA STORIA DI RICCARDO PIATTI E DELLA FIT
Tornando al progetto FIT di Tirrenia Piatti si rese presto conto che con le ingerenze federali, e di alcuni presidenti di comitati regionali che tendevano a “raccomandare” questo o quell’atleta per le convocazioni a Tirrenia, questo o quel maestro di questa o quella regione per dargli uno stipendio, questo o quel tennista perché gli si desse una wild card invece che a un altro più meritevole, sarebbe stato assai difficile portare avanti un progetto serio. Cio’ anchese i ragazzi convocati venivano aiutati in mille modi – forse anche troppo secondo lui! – con wild card e sostegni economici che alla fine, nella maggior parte dei casi, si rivelavano fortemente controproducenti.
Fra i ragazzi del centro di Tirrenia e quelli che si allenavano a casa loro, con i loro maestri e in mezzo a mille difficoltà economiche che alla fine si rivelavano quasi formative, sorgevano naturali rivalità che alla fine erano più stimolanti per i ragazzi che stavano fuori dall’alveo federale rispetto a chi ne era dentro. Idem per i maestri. Molto più motivati, in genere, quelli disposti a rischiare sulla propria pelle rispetto agli… ”statali” che il loro stipendio se lo guadagnavano comunque, a prescindere dai risultati.
Per i coach dei team privati c’era un bello stress. Tirare su un ragazzo, per anni e anni prima che nella migliore delle ipotesi potesse ripagarli degli sforzi sostenuti, era un gran bel rischio, con trasferte per seguirli ai tornei, alberghi a due stelle quando andava bene e in camere a più letti per dividere le spese, subendo anche le pressioni dei genitori più impazienti oltre che spesso anche meno abbienti. Quanti, ad un certo punto, hanno lasciato baracca e burattini per mettersi a lavorare in santa pace in qualche circolo privato – seppur con zero soddisfazione – dando lezioni al commendatore con pancetta, alla mogliettina garosa, ai figli del consigliere che non avevano alcuna chance di diventare minimamente forti e competitivi anche ai più bassi livelli? Tantissimi li ho conosciuti personalmente. Quanti si sono persi per strada, perché le loro famiglie non potevano permettersi investimenti di tempo e denaro (mancante) a lungo termine!