Dopo la sconfitta di ieri contro Jannik Sinner, Alexander Zverev ha rivelato di non essere al meglio della condizione. Durante il match, il tedesco appariva semplicemente travolto dalle manate dell’altoatesino, e anche l’MTO nel primo set (per farsi sbloccare le vie nasali) non sembrava legato a un problema fisico specifico.
Invece durante la conferenza stampa Sascha ha detto: “Sono stato molto male dopo il match con Cecchinato di venerdì sera, non riesco a respirare, come potete sentire dalla mia voce. Ho anche avuto la febbre. Direi di non essere nelle migliori condizioni fisiche, e credo che questo abbia condizionato l’andamento della partita”. Ha poi aggiunto: “Lui gioca bene, ma io non ho fatto niente oggi, ho solo rimandato di là la pallina e gli ho lasciato fare quello che voleva. Credo sia piuttosto semplice tirare così forte se ti consento di farlo. Non avrei dovuto giocare, l’avevo capito già durante il riscaldamento, ma speravo forse in una vittoria in tre set, pur sapendo dall’inizio che non sarebbe stato facile”.
Questa sintomatologia, che in passato non avrebbe fatto notizia (specialmente durante un torneo così freddo), ha subito destato più di una preoccupazione, anche perché Zverev ha confermato (durante la conferenza in tedesco) sintomi simili accusati dal suo fisioterapista, Hugo Gravil, che ha avuto un raffreddore un paio di settimane fa. Mentre questo fa pensare che si tratti di una normale influenza, è lecito chiedersi se non si trattasse di un potenziale caso di coronavirus. Quando Ben Rothenberg del New York Times gli ha chiesto la data del suo ultimo tampone, Sascha non ha risposto, probabilmente per una certa acrimonia nei confronti del reporter: “Non rispondo alle tue domande. Dopo quello che hai scritto su di me negli ultimi mesi non c’è possibilità che ti risponda”.
Come dichiarato dalla Federtennis francese (FFT), inoltre, il giocatore non ha avvertito i medici del torneo prima di scendere in campo, pur avendo toccato i 38 gradi di temperatura corporea “la sera o la notte” prima del match. Gli organizzatori hanno fatto sapere che l’ultimo tampone negativo del giocatore risale al 29 settembre, con il successivo in programma oggi, ma è presumibile che se li avesse avvertiti sarebbe scattato un test supplementare, un’operazione che avrebbe fugato qualunque dubbio e stemperato ogni preoccupazione sul nascere.
Al di là di quelle che possono essere rivolte al giocatore, soprattutto alla luce del suo comportamento di quest’estate, quando promise di auto-isolarsi per due settimane in seguito all’Adria Tour ma si fece pizzicare a una festa all’Anjuna Plage Beach Club di Eze in Costa Azzurra, e posto che molto difficilmente avrà contratto il virus o contagiato qualcuno, il dato che sorprende è la totale mancanza di consapevolezza dell’organizzazione del torneo, criticata da diversi giocatori durante la scorsa settimana per una certa “rilassatezza” nell’implementazione della bolla, che secondo diversi atleti bolla non è.
Infatti, se da un lato i giocatori non possono lasciare le loro stanze, qualche giorno fa l’americano Mackenzie MacDonald ha detto: “Quando sono arrivato allo US Open, la security ti scortava direttamente fino alla tua stanza. Quando sono arrivato a Parigi, mi aspettavo la stessa cosa, e invece non c’era nessuno, sono salito fino alla mia stanza al terzo piano per i fatti miei. Mi è anche stato detto che sarei potuto andare a fare la spesa prima della quarantena”. Questo ricorda da vicino le parole di Denis Shapovalov in conferenza stampa: “Qui a Parigi non c’è bolla, specialmente nel secondo albergo a quanto ho sentito. Puoi lasciare l’hotel e andare dove vuoi. A New York era molto meglio“. In più, diversi giocatori, fra cui Dan Evans, hanno denunciato la presenza di normali turisti nei due alberghi – il cui utilizzo non è dunque esclusivo degli atleti.
Anche Vasek Pospisil ha paragonato le due bolle, definendo quella parigina “di gran lunga peggiore”. Tornando al punto iniziale, una delle apparenti falle è la mancata misurazione della temperatura a chi si reca al circolo del Roland Garros, una basica misura che avrebbe stoppato immediatamente Zverev al suo arrivo sul Lenglen; non solo, perché, oltre al migliaio di fan ammessi sui campi (misura comprensibile, vista la quantità di spazio a disposizione), Sam Querrey ha dichiarato che i giocatori per forza di cose devono andare ai campi tutti i giorni, perché gli incordatori sono lì, ergo vanificando il consiglio di presentarsi solo per le partite.
Per questo motivo, la misurazione della temperatura sarebbe stata importante, anche perché la situazione fra New York e Parigi è piuttosto diversa per quanto riguarda il virus: durante le tre settimane nella Grande Mela, il numero più alto di casi riscontrati nello Stato di New York è stato (perdonate il bisticcio) di 789, registrati il 28 agosto, mentre giovedì, secondo la BBC, l’Île de France ha superato una delle tre soglie che determinano la massima allerta. Fra queste si trova una casistica di oltre 250 casi per 100.000 abitanti, e se consideriamo che la regione segna 12 milioni alla casella demografica – questo significa che i positivi accertati sono oltre 30.000.
In definitiva, tornano in mente le parole di Gaudenzi dopo l’Adria Tour: “È un po’ come quando dici ai tuoi figli di indossare il caschetto mentre provano ad imparare ad andare in bicicletta. Dicono ‘no, no, no’ e continuano a guidare la bicicletta, poi cadono e allora mettono il caschetto“. Ne siamo proprio sicuri? Ma soprattutto, anche se la risposta fosse affermativa (ed è ragionevole pensare che lo sia), siamo sicuri che non avrebbero dovuto essere i giocatori ad aspettarsi maggiori tutele?