Nole e Rafa, ci vediamo in finale? A Parigi sono in gioco le gerarchie (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)
Siamo ormai a ridosso delle fasi finali di questo Roland Garros autunnale certamente anomalo fra palle e campi pesanti, temperature fra gli 8 e i 10 gradi e fortemente voluto dalla federazione francese per motivi economici (diritti tv e sponsor) e politici: sono imminenti le elezioni presidenziali e Bernard Giudicelli vorrebbe garantirsi un secondo mandato. Tutto il mondo è paese. In termini tecnici il torneo ha rispettato le gerarchie per quanto riguarda il tennis maschile e invece assolutamente no per il tennis femminile. Alle semifinali maschili, infatti, sono approdate tre delle prime cinque teste di serie, i soliti n.1 e n.2 Djokovic e Nadal, la n.5 Tsitsipas e il quarto semifinalista non è un Carneade qualsiasi ma l’argentino Diego Schwartzman, favorito n.12 e già certo di essere top-ten da lunedì prossimo. Tutto sembrerebbe preludere a una finale Djokovic-Nadal, pronosticata da McEnroe a Wilander a Becker anche se, dopo 10 sconfitte consecutive, a Roma “el Peque” Schwartzman è riuscito finalmente a battere Rafa due settimane fa e quel risultato gli darà un minimo di fiducia. Un conto però è strappare due set al maiorchino e un altro è portargliene via 3. Djokovic ha battuto 3 volte su 5 il suo avversario odierno, Stefano Tsitsipas. La polacca Swiatek, 19 anni come Jannik Sinner, è la settima tennista conquistare una finale a Parigi da outsider. Con l’argentina Podoroska, n. 131 ha vinto 62 61 e nel torneo non ha perso un set. In 6 partite e 12 set ha ceduto soltanto 23 giochi! Però in finale domani se la vedrà con la 22enne americana Sonia Kenin, n. 4 del seeding e vittoriosa su Petra Kvitova 64 75, che giocherà la sua seconda finale di Slam nel 2020, dopo aver vinto quella in Australia.
Parigi baby boom. Kenin e Swiatek, finale più giovane dall’Australia 2008 (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Largo alle giovani. Saranno Sofia Kenin e Iga Swiatek, autrice dell’eliminazione di Martina Trevisan, a giocarsi domani il titolo femminile del Roland Garros. Ventuno anni la statunitense e 19 la polacca: sarà la finale Slam più giovane dal 2008, quando Maria Sharapova e Ana Ivanovic si giocarono il titolo dell’Australian Open, entrambe ventenni. Sofia Kenin ha la possibilità di centrare il secondo Major nello stesso anno dopo l’exploit a Melbourne. Ieri, nella seconda semifinale di giornata, la 21enne nata a Mosca, ha spento le velleità di Petra Kvitova, piegata in due set. Sofia, nata in Russia ma sempre vissuta negli Usa, è figlia del classico sogno americano. Il padre Alexander era arrivato a Brooklyn nel 1987 con 286 dollari in tasca. Una vita da costruire insieme alla moglie infermiera, facendo anche il tassista di notte. E’ lui, tennista amatoriale, che si è accorto della passione della figlia per le palline e la racchetta, e da lì è iniziata la costruzione di una carriera. Papà Alexander è il suo tecnico, un uomo dolce, molto distante dalla classica figura di padre padrone a cui il tennis ci ha abituato. Dopo la vittoria dell’Australian Open, Sofia aveva detto di avere un obiettivo, comprarsi un attico a Manhattan e dedicarsi allo shopping più sfrenato. Con un successo a Parigi, potrebbe cambiare idea e optare per una mansarda sulla Rive Gauche, ma tra lei e il sogno c’è la solida realtà di Iga Swiatek. È una tosta Iga, obiettivi ben fisati, idee chiarissime su dove vuole arrivare e come. La prima a capirlo è stata Simona Halep, numero 2 al mondo, campionessa sul rosso parigino due anni fa, e rispedita a casa con appena tre giochi in valigia. […] Swiatek, diciannove anni e una tabella di marcia a scadenza: «Se entro due anni non dovessi entrare nella top 10, smetto e mi dedico allo studio» ha ripetuto più volte. È una che ha fretta, e si vede anche da come sta in campo, sparando vincenti in serie per chiudere lo scambio alla svelta. Non c’è tempo da perdere sulla strada del titolo.[…]
Sofia che s’insulta e vince (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Costruisce il suo tennis fra un “fuck” e l’altro, eppure non è sboccata. I vaffa, infatti li rivolge a se stessa. Non li sparge per l’etere e nemmeno li recapita altrui. Lo fa con i modi aspri di una russa che vuole un posto in cima al mondo. Sofia Kenin, in realtà Sonja, ma la chiamano così solo in famiglia. È nata a Mosca, casualmente. Il padre, consulente informatico, era lì di passaggio ma aveva giù in tasca il biglietto per Pembrokes Pines, Florida, pochi minuti di macchina da Miami. Viaggio di sola andata. Seconda finale, quasi un miracolo in un anno così sconclusionato. Sonja ha vinto a Melbourne ed è rispuntata al Roland Garros, dove è tornata a costruire a suon di vaffa quel suo tennis di saggio contenimento che soffoca gli altrui ardori, costruito sul desiderio di una perfezione che corre fra i pensieri della ventenne alla stessa velocità dei piedini, che vanno come due lambrette. Su quegli impatti sempre accurati, sebbene feroci solo dalla parte del rovescio, l’unica senatrice ammessa ieri sullo Chatrier si è dissolta, cercando soluzioni improbabili. Petra Kvitova è immutabile, non sono riuscite a cambiarla le vittorie Slam (2, a Wimbledon), né le disavventure che l’hanno attraversata. Ha i tendini di una mano completamente ricostruiti dopo l’assalto subito da un ladro armato di coltello, che la colpì a casaccio devastandole lo strumento più prezioso del mestiere. Si è tirata su, è tornata fra le prime, ha fatto sacrifici quasi eroici, ma senza smettere di giocare quel suo tennis appeso a un filo, straordinarie giocate e orribili sbrodolate, quest’ultime che prendono forma sempre sul più bello. Ha inseguito Kenin per 2 set, e quando l’ha raggiunta sul 5 pari del secondo, le ha restituito la dote. Tre colpi pazzi, e via: 6-4 7-5. La finale è nuova, Sonja che ha 21 anni è quella saggia e anziana l’altra, Iga Swiatek, ne ha 19 e ancora deve decidere se interrompere il tennis per un anno, causa studi, o al contrario mettere da parte lo studio. Prima o poi ci farà sapere, «ma non ora, perché mi sento attratta dal tennis, e finirei per prendere una decisione senza rifletterci come si deve». Nel frattempo Chris Evert la considera futura dominatrice del circuito. Domani, al rendez vous con Kenin, potrebbe presentarsi da doppia finalista. E’ in semi in doppio con l’amica statunitense Melichar. «Spero di far presto perché non voglio perdermi Nadal. Faccio il tifo per lui».
Nadal Schwartzman, la rivincita è a Parigi (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)
Oggi sapremo se la finale del Roland Garros vedrà il capitolo numero 56 della rivalità da record tra Rafa Nadal e Novak Djokovic. Lo spagnolo, a due vittorie dal ventesimo Slam e dall’eguagliare il primato di Roger Federeir, affronta in semifinale Diego Schwartzman. L’argentino, piccolo di statura ma grande per spirito e tenacia, entrerà per la prima volta in top 10 la prossima settimana, e conferma che nel tennis come nella vita l’altezza aiuta ma è sempre solo mezza bellezza. Ha già sconfitto Nadal a Roma, ma aveva perso i primi nove confronti diretti. «Dovrò giocare la partita perfetta» aveva detto dopo la maratona con Thiem (5 ore e 7 minuti): chissà se ne avrà le energie. Nell’altra semifinale Djokovic sfida per la sesta volta Stefanos Tsitsipas. «Non sono più un giovane, ora sono un adulto», ha detto in conferenza stampa dopo la vittoria nei quarti. Nel bilancio degli scontri, Djokovic è in vantaggio 3-2. Sul Philippe Chatrier si incontreranno per la prima volta in uno Slam.