27- i tornei consecutivi giocati sul duro indoor da Rafael Nadal senza aver vinto alcun titolo. L’ultimo (e unico) risale al Masters 1000 che nel 2005 si giocava ad ottobre a Madrid, dove lo spagnolo si impose in finale su Ljubicic al tie-break del quinto, dopo aver rimontato uno svantaggio di due set. Non c’è alcun dubbio che il maiorchino sia uno dei campioni più straordinari della storia del tennis e del resto proprio la settimana scorsa è stato capace di raggiungere due traguardi statistici molto prestigiosi. Arrivando in semifinale al Masters 1000 di Parigi-Bercy è innanzitutto entrato nel ristretto club -a cui già appartenevano Connors, Federer e Lendl- dei tennisti capaci di raggiungere le 1000 vittorie (a fronte di appena 201 sconfitte) nel circuito maggiore (di queste 282 sono arrivate negli Slam e 387 nei Masters 1000). Il maiorchino ha inoltre stabilito il record assoluto di settimane consecutive nella top ten, ben 790, corrispondenti ai più di 15 anni trascorsi da quando vi entrò per la prima volta nell’aprile del 2005, quando pur avendo iniziato la stagione fuori dalla top 50, vi riuscì dopo aver vinto in due settimane consecutive Monte Carlo e Barcellona. Eppure, come tutti i più grandi campioni sportivi anche Rafa ha un tallone d’Achille, che quasi puntualmente si manifesta quando gioca sul cemento in condizioni indoor. Se i tredici Roland Garros vinti non lasciano dubbi sul fatto che nessuno vincerà mai come Nadal sulla terra battuta e gli altri sette Slam (nonché un Olimpiade e nove Masters 1000) conquistati sulle altre superfici certificano la sua impressionante grandezza anche al di fuori del rosso, fa specie vedere come in condizioni indoor Rafa stenti. Ovviamente non in senso assoluto: Nadal ha raggiunto traguardi comunque difficili (come due finali alle ATP Finals e altre tre tra Bercy, Basilea e Rotterdam) e il suo bilancio quando gioca sul tappeto nei palasport contro i top ten è di 20 vittorie e 21 sconfitte. Tale record non si discosta poi di molto da quello da lui avuto contro lo stesso tipo di giocatori affrontati sul cemento all’aperto o sull’erba, consistente in 56 successi e 50 debacle (la sua nettissima supremazia sulla terra falserebbe ogni considerazione e non viene qui considerata). Anche andando a restringere l’attenzione sullo score di Nadal contro i top 5 non vi sono grosse differenze tra i confronti diretti giocati sul tappeto indoor (8 W-12 L) e quelli totalizzati tra cemento outdoor ed erba (23 W- 31 L). Piuttosto, quando ha giocato indoor a Rafa sono venuti meno i picchi raggiunti sulle altre superfici e non basta citare il torneo vinto su terra (questa superficie fa per lui un’immensa differenza) indoor a San Paolo nel 2013 in finale su Nalbandian o quanto accaduto lo scorso dicembre, quando ha conquistato la sua quinta Coppa Davis vincendo tutti e cinque gli incontri di singolare disputati: quella competizione, pur molto importante, non era un tradizionale torneo e sul suo cammino Rafa ha comunque affrontato solo tre top 20. Quando Nadal gioca sul duro indoor, una condizione di gioco non perfettamente adatta al suo tennis e sulla quale da una decina d’anni si cimenta anche molto poco e solo nell’ultima parte di stagione, in preparazione alle ATP Finals (a cui ha partecipato nove volte) si è tolto anche soddisfazioni importanti (ad esempio, ha sconfitto due volte Djokovic, una Federer e tre Murray) ma sinora è stato incapace di centrare, quantomeno negli ultimi tre lustri, il grande acuto. Ci proverà alla O2 Arena nei prossimi giorni.
100- il numero percentuale di tennisti partecipanti alle prossime ATP Finals occupanti anche i primi otto posti della classifica virtuale dei risultati ottenuti nei soli tornei disputati negli ultimi undici mesi. Un dato ovvio per ogni passata edizione del torneo che chiude il calendario del circuito maschile, ma che lo è molto meno in un’annata in cui -a causa della pandemia da Covid-19 e del conseguente taglio del calendario- non sono stati giocati lo Slam più prestigioso (Wimbledon), 6 Masters 1000, 7 ATP 500 e ben 23 ATP 250 inizialmente in programma: un buco corrispondente a più di 17000 punti non assegnati ai soli vincitori di questi quasi quaranta tornei. Pochissimi al momento della ripresa -con il nuovo regolamento del ranking, adattato all’emergenza sanitaria internazionale consentendo ai tennisti l’opzione di poter mantenere in classifica il miglior risultato di ogni torneo tra il 2019 e il 2020- avrebbero immaginato che alla O2 Arena tra dieci giorni sarebbero arrivati effettivamente gli otto giocatori ad aver fatto i migliori risultati da gennaio ad oggi. Invece, grazie alla dolorosa assenza di Roger Federer, alla deludente sconfitta di Berrettini contro Giron a Bercy e soprattutto alla concomitante vittoria di Medvedev la scorsa settimana nel Masters 1000 parigino (il russo sino a qualche giorno fa era solo nono per risultati raggiunti nel 2020), si è verificata questa coincidenza che sostanzialmente dà ancora più valore all’imminente svolgimento di quello che un tempo era chiamato Masters. Una concomitanza tanto più curiosa se si osserva la forte discrepanza esistente tra le restanti posizioni della top 20 della classifica ufficiale della ATP con quella ottenuta a fini solo statistici dei risultati raggiunti esclusivamente nei tornei giocati quest’anno. In entrambe ci sono sette giocatori (Raonic, Carreno, Shapovalov, Monfils, Bautista, Wawrinka e Dimitrov), mentre solo nella seconda figurano cinque tennisti nati dal 1996 in poi (Ruud, Garin, Humbert, Auger Aliassime e Coric), segno di un ricambio generazionale che, fenomeni della racchetta a parte, in particolare da questo 2020 è effettivamente in atto. Un’impressione resa ancora più reale da una seconda osservazione che si ricava dal confronto tra le due classifiche: a parte Djokovic e Nadal (che per la loro grandezza quasi non fanno statistica) e il tre volte campione di Major Stan Wawrinka, solo Monfils e Bautista hanno compiuto i trent’anni tra i venti giocatori ad aver fatto meglio nei pochi tornei giocati nel 2020: tra i restanti ben dieci sono under 25 e, tra di loro, sette sono nati non prima del 1997.
Numeri: alle Finals comunque i migliori otto del 2020, Nadal e il problema “indoor”
La pesante assenza di Roger Federer crea a sorpresa una situazione non scontata: a Londra ci saranno i giocatori con più punti fatti nel 2020. Nadal raggiunge quota 27 tornei indoor consecutivi senza un titolo
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