[1] N. Djokovic b. [5] A. Zverev 6-3 7-6(4)
Questo articolo verrà aggiornato con le dichiarazioni di Djokovic e Zverev subito dopo le conferenze stampa.
In un’ora e trentasei minuti Novak Djokovic si impone su un buon Alexander Zverev, a cui non bastano 38 vincenti per scalfire una ritrovata concretezza serba dopo le ultime prove in cui era risultata pericolosamente assente. Sascha, che ha compromesso il primo parziale con un avvio a dir poco problematico, è poi riuscito a fare partita pari e il secondo set avrebbe anche potuto prendere una direzione diversa, ma la velocità di crociera e l’attenzione tenute costantemente alte da Nole avrebbero richiesto dall’altra parte della rete ancora qualcosa in più che invece non è arrivato. “Ho servito bene” ha detto alla fine il numero 1 del mondo. “Sono riuscito a tenere il livello alto per tutto l’incontro. Lui ha commesso alcuni errori che mi hanno permesso di avere il controllo del match”. Non tanti, invero, quegli errori (18 unforced), ma quando il punto contava è stato inesorabilmente attratto in direzione Belgrado.
WARM UP – I due contendenti arrivano alla O2 Arena con i rispettivi bagagli di problemi personali, come peraltro qualsiasi altro essere umano, e fa parte del loro mestiere riuscire a lasciarli negli spogliatoi: Djokovic lamentandosi perché gli è stato impedito di avere sé stesso come interlocutore nei processi decisionali, Zverev alle prese con il suo processo mediatico (e il dettaglio del bebè in arrivo). Nessuno dei due si è espresso al meglio nelle prime due giornate, ma entrambi hanno la capacità di alzare improvvisamente alzare il livello e sfoggiare i loro panni migliori e questa è l’occasione giusta, anche perché sarà l’ultima per uno dei due.
Per Sascha, la variabile principale è il servizio, arma a doppio taglio capace sia di privare l’avversario della possibilità di iniziare lo scambio, sia di diventare fonte seconde appena appoggiate se non fuori bersaglio, con conseguenze disastrose sugli altri aspetti del suo gioco. Un esempio del suo picco è arrivato proprio contro Nole nella finale londinese di due anni fa dopo averci perso nel round robin. Superfluo dire di cosa è invece capace il 17 volte campione Slam che, dal canto suo, deve riscattare la prestazione contro Medvedev in cui è uscito sconfitto – ed è la cosa più sorprendente – anche sul piano atletico. Per chi ha già vinto cinque volte il torneo e il numero 1 di fine anno in tasca, al netto di quello che metterà in campo l’avversario, l’ostacolo maggiore non è tanto trovare le motivazioni, quanto avere a disposizione la scusa della loro mancanza per giustificare la sconfitta. No, nessuna scusa oggi.
IL MATCH – Sascha sceglie di partire in risposta – non un buon segnale – e, quando tocca a lui battere, si ritrova subito sotto 0-30. Un punto vinto da Djokovic con una difesa fenomenale alla… Djokovic e, dopo una seconda a 129 km/h che mette a dura prova l’attenzione del pubblico più giovane, arriva tutt’altro che inaspettato il primo doppio fallo. Il parziale di 12 punti a 2 con cui Novak ha iniziato minaccia un incontro dalle poche emozioni, ma Sascha tiene un ottimo turno di battuta sfoderando vincenti per dimostrare di essere pronto per la lotta; lo ribadisce al game successivo con uno scambio conquistato dopo alcuni recuperi illegali per un ragazzone che sfiora i due metri. I primi problemi per Nole arrivano al settimo gioco, complice la smorzata-assist, ma risale da 15-40 mettendo due ottime prime, la seconda delle quali tocca appena la riga (“3 millimeters” dice Lahyani dopo aver mostrato la grafica digitale), lasciando Sascha poco convinto davanti al segno sul campo.
Nonostante il ventitreenne di Amburgo sia decisamente entrato in partita, Djokovic non gli lascia più alcuno spazio per tentare l’aggancio e chiude 6-3 lasciando l’altro fermo con il rovescio lungolinea.
Zverev appare in fiducia, per quanto sempre appesa a un filo, Nole continua a direzionare il servizio preferendo il dritto tedesco; un doppio fallo serbo offre la possibilità del 3-1, ma Sascha non è abbastanza continuo nel rendimento per approfittarne. Il servizio teutonico va in tilt due volte consecutive, ma il n. 7 del mondo si ricompone in tempo per recuperare da 15-40. Il suo rovescio schiocca, la prima di servizio entra e fa male, il saldo dei vincenti a suo favore nel set assume proporzioni notevoli, ma c’è qualche imperfezione di troppo per mettere davvero pressione a un Nole che continua ben centrato e vince pure un paio di punti con altrettanti drop shot benché non perfetti. Zverev non può credere che gliene riesca un terzo e anche molto bene, così chiede la video review che però conferma il not up chiamato dall’arbitro.
È il dodicesimo gioco, Sascha dà sempre l’idea di essere a un passo dal prendersi il parziale, ma la solita disattenzione e il fido servizio serbo verso destra (“Novak ha servito incredibilmente bene, dovevo stare molto dietro in risposta” commenterà dopo l’incontro) portano al tie-break. Zverev allunga per primo, ma Nole lo costringe a forzare un colpo in più incassando l’errore e poi sorpassa con un gran passante di rovescio, punendo l’infelice scelta della direzione dell’altro. Sul 5-4, la solita battuta a uscire e uno scambio in pressione valgono a Djokovic l’accesso alla semifinale, la nona per lui alle Finals, contro Dominic Thiem.
L’anno scorso, nel girone, uscì vincitore l’austriaco, “un emozionante 7-6 al terzo” ricorda Novak. “Ho tantissimo rispetto per Domi e il suo team, hanno una grande etica del lavoro. È una semifinale, quindi mi aspetto una battaglia tosta. È un campione Slam, ora, e forse può giocare più libero di prima”.
Zverev si è poi dichiarato contento della sua stagione, “fantastica per me, ma sfortunatamente ho perso dei match importanti e ci lavorerò su il prossimo anno. L’incontro dello US Open brucia ancora, ma è positivo che riesca a mettermi in condizione di giocare quegli incontri. Se questo fosse un anno normale, sarei più in alto nel ranking”.