311 – sono le settimane da numero 1 di Novak Djokovic, divenuto detentore del record di permanenza complessiva al vertice della classifica ATP, in precedenza di proprietà di Roger Federer.
Facendo un rapido calcolo, il serbo ha totalizzato quasi sei anni – o 2177 giorni, oltre 3 milioni di minuti come informa una grafica di Wimbledon – in cui è stato per il computer il primo giocatore al mondo, suddivisi in cinque distinti periodi. La prima volta in cui Nole è divenuto numero 1 risale al 2011, ben tre anni e mezzo dopo la vittoria del primo Major, l’Australian Open 2008: il 4 luglio di dieci anni fa la classifica successiva al primo Wimbledon vinto dal serbo – superando nell’atto conclusivo dei Championships Nadal – è la prima che vede in cima il tennista nato a Belgrado. In quel momento Djokovic, che subentra proprio Nadal in vetta alla classifica, ha 24 anni, un mese e 10 giorni e in bacheca conta già tre Slam, nove Masters 1000, una vittoria alle ATP Finals e 26 tornei complessivi del circuito maggiore (il primo dei quali arrivato nel 2006 ad Amersfoort sulla terra rossa olandese, dove si impose in finale su Massu).
Un primo posto legittimato da una striscia che continuerà sino al mese successivo, consistente in ben 58 vittorie complessive inframmezzate da una sola sconfitta (la semifinale persa al Roland Garros contro Federer). Una serie iniziata nel dicembre 2010 con i due singolari nella finale di Coppa Davis vinta con la sua Serbia sulla Francia e terminata con la semifinale conclusa positivamente a metà agosto nel Masters 1000 di Cincinnati (in Ohio, in finale, Nole si ritira quando è sotto di un set e un break contro Murray). Un mese dopo, Djokovic vince anche il suo primo US Open sconfiggendo prima Federer (per il secondo anno consecutivo nella semi del torneo newyorkese annulla due match point allo svizzero, che per la prima volta dal 2003 chiude una stagione senza aver vinto uno Slam) e poi Nadal in finale. In tal modo, Novak mette in bacheca l’unico Slam della carriera in cui per arrivare al titolo è in grado di superare gli altri due Big Three (Federer non c’è mai “riuscito”, Nadal lo ha fatto per tre volte nei Roland Garros giocati dal 2006 al 2008).
Nole rimane in testa alla classifica per 53 settimane, poi gli subentra Federer che nel luglio 2012 si riprende il numero 1 dopo aver trionfato per la settima volta a Wimbledon. Piccolo inciso: dal febbraio 2004 ci sono stati diciannove cambi al vertice della classifica e ben diciotto hanno riguardato Djokovic, Federer e Nadal – con l’unica eccezione rappresentata dalle quarantuno settimane da numero 1 di Murray tra novembre 2016 e agosto 2017.
Djokovic torna il primo giocatore al mondo appena quattro mesi dopo aver lasciato per la prima volta la vetta della classifica: ci riesce il 5 novembre 2012. Qualche giorno dopo, nell’atto conclusivo delle ATP Finals di Londra, sconfigge in due set spettacolari proprio Federer, legittimando la chiusura della seconda stagione consecutiva al numero 1 del mondo, un 2012 che lo ha visto vincere altri cinque tornei, tra i quali l’Australian Open. Nel 2013 il serbo vince ancora a Melbourne, perde le finali di Wimbledon e US Open e a ottobre di quell’anno cede il testimone a Nadal che chiude la stagione col 92% di vittorie (record personale) e aggiunge alla sua bacheca ben dieci titoli (tra cui Roland Garros, US Open e cinque Masters 1000).
Nel 2014 Nole centra per la seconda volta il “Sunshine Double” (vince di seguito Indian Wells e Miami, sino ad oggi c’è riuscito altre due volte in carriera), vince al Foro Italico, si arrende nell’atto conclusivo del Roland Garros a Nadal e poi supera per 6-4 al quinto set Federer nella finale di Wimbledon, divenendo dal giorno successivo nuovamente il numero 1. Inizia così quello che sinora è per il serbo il periodo più lungo da primo giocatore al mondo: grazie a venti titoli vinti (tra i quali cinque Slam, due ATP Finals e undici Masters 1000) per quasi due anni e mezzo si mantiene al vertice della classifica, ben 122 settimane consecutive (ma il record in tal senso è di 237 e appartiene a Federer, al numero 1 tra il 2 febbraio 2004 e il 17 agosto 2008).
Nel 2016, Djokovic cala vistosamente nella seconda parte della stagione dopo essere diventato – vincendo nella prima metà dell’anno Australian Open e Roland Garros – contemporaneamente il campione in carica di tutti e quattro i Major (l’ultimo ad esserci riuscito era stato Rod Laver) e lascia il numero 1 a Andy Murray al termine del torneo di Bercy, nei primi giorni di novembre di cinque anni fa. Il britannico capitalizza in tal modo un’annata straordinaria durante la quale perde solo 9 delle 89 partite giocate e vince nove titoli, tra i quali Wimbledon, Olimpiadi di Rio, Roma, Shanghai e Bercy. Andy, primo britannico a conquistare la vetta della classifica 80 anni dopo Fred Perry (ma ai tempi di quest’ultimo non esistevano le classifiche del computer), dimostra di aver meritato quella posizione, battendo proprio Djokovic nell’atto conclusivo delle Finals, pochi giorni dopo essere diventato numero 1.
Il serbo vive nel 2017 la sua stagione peggiore: gioca male nella prima parte dell’anno (vince solo gli ATP 250 di Doha e Eastbourne), poi si arrende ai dolori al gomito destro e dopo Wimbledon prende una pausa dal circuito sino al gennaio successivo: nel frattempo osserva dominare i suoi eterni rivali Federer e Nadal, i quali si scambiano in un anno e mezzo per sei volte la vetta del ranking. Djokovic arranca nel rientro nel circuito in tutta la prima parte del 2018 sino a uscire dalla top 20 – per la prima volta dal 2006. A Wimbledon 2018 ritrova improvvisamente se stesso: vince i Championships per la quarta volta e apre una nuova striscia vincente che con i successivi trionfi allo US Open e ai Masters 1000 di Cincinnati e Shanghai già a novembre gli consente di ritrovare la vetta della classifica. Una posizione che, dal 4 novembre 2018 ad oggi, ha mollato soltanto per tredici settimane, tra novembre 2019 e febbraio dello scorso anno, quando ha fatto spazio a un Nadal capace di centrare l’accoppiata Roland Garros-US Open, di arrivare in finale a Melbourne e vincere due Masters 1000.
Ad oggi Nole – che ha vinto sei degli ultimi nove Slam giocati – ha 2180 punti di vantaggio su Nadal, 2295 su Medvedev e più di 3000 su Thiem, e sembra destinato a rimanere piuttosto saldamente al numero 1 ATP, quantomeno per il prossimo paio di mesi: ne saranno felici i suoi tanti sostenitori, legati a questo come ad altri suoi primati. Il record di numero di stagioni concluse da numero 1 (sei, come riuscito anche a Pete Sampras); il primato nella classifica dei Big Titles (la somma di successi negli Slam, Masters 1000, ATP Finals e Olimpiadi) che lo vede a 59 trionfi, seguito dai 56 di Nadal e i 54 di Federer; la vittoria per almeno due volte di tutti i Masters 1000 del calendario tennistico (unico tennista a esserci riuscito), gli head to head favorevoli con gli altri due Big Three (27 vittorie e 23 sconfitte contro Federer, 29-27 il bilancio contro Nadal) sono alcuni degli argomenti usati da chi patteggia per il tennista serbo nella disputa (senza reale soluzione) su chi sia il più grande tennista di tutti i tempi.
Questi sono giorni in cui è giusto celebrare Djokovic, uno dei tennisti più grandi di sempre, e ricordare cosa ha fatto di straordinario nella sua carriera. D’altro canto, siamo certi che tutte queste curiosità poco importino ai fan di Federer e Nadal: i loro tifosi conoscono invece a memoria i vari primati dei rispettivi idoli e sono convintissimi che il proprio eroe tennistico sia il GOAT (Greatest Of All Times).Tutto è ovviamente legittimo ma l’impressione è che, tra tutti questi record, l’unico vero vincitore sia il tennis.