Di quel “You are not a human” potremmo essergliene grati. Nell’immediato, Alexander Bublik ha dato il titolo a molti. Con spontaneità, senza costruzioni, apprezzando la capacità di Jannik Sinner di resistere e adattarsi al suo tennis affascinante quando indecifrabile. In prospettiva, può aver incollato sulle spalle dell’altoatesino un’etichetta mediatica che lo accompagnerà a lungo. “In partita l’ho chiamato un paio di volte robot, che non sia umano lo penso davvero – ha sorriso il naturalizzato kazako in conferenza stampa, interagendo con il direttore Scanagatta – è sorprendente che a 19 anni abbia questa forza mentale che anche giocatori più esperti non hanno. Rifiuta l’idea della sconfitta. Gli altri giovani sono fisiologicamente altalenanti nei risultati, ma lui è costruito in maniera differente. L’ho detto anche al suo coach, è davvero un grande giocatore“. Un paio di volte Bublik si rivolge simpaticamente al direttore di Ubitennis – con il quale ha un ottimo rapporto sviluppatosi anni addietro quando non era ancora fanoso ma faceva parte della scuderia di Corrado Tschabushnig – pronunciando qualche parola italiana. Che le abbia imparate dallo sponsor italiano che ha creduto in lui, nella sua estrosità sul campo e fuori – particolarmente apprezzata dai media adusi a dichiarazioni troppo spesso banali – quando Alexander non aveva ancora la classifica che ha oggi (n.40 virtuale)?
Del secondo ko rimediato nelle ultime settimane con l’azzurro, Bublik disegna questa cartolina. “Sul 5-4 nel tie break ha tirato fuori due punti incredibili – racconta –, nei momenti determinanti mi ha spinto sempre a rischiare tantissimo con il dritto, perché lui gioca in un modo incredibile. A differenza sua io sì che sono umano, visto che per la tensione commetto doppi falli quando sono a rischio break”.
POCHE CHIACCHIERE – Soddisfatto, in ogni caso, per il suo primo quarto di finale in un Master 1000 (“Ma qui non ho nessuno con cui festeggiare“, svela), Bublik non ha dribblato le domande sul tema politico riportato in questi giorni all’attualità dallo sfogo Pospisil. “Io col tennis cerco di guadagnarmi da vivere – è il suo pragmatico punto di vista -, quando la PTPA è partita ho partecipato a molte discussioni ma nulla, al momento, è diventato concreto. Se Djokovic mi farà guadagnare di più, lo ringrazierò, ma non combatterò per questo. Sono più dalla parte dell’ATP perché in ogni caso adesso stiamo giocando, stanno facendo il loro lavoro tra cose buone e cose meno. Lo dico senza aver mai parlato con i vertici, con uno come Gaudenzi. Io non sono un buon politico e non voglio esserlo“.
L’approccio, come detto, è molto realista. “Prima di questo momento difficile posso dire che si guadagnava bene – ha concluso – nel 2019 giocando 12 tornei ho guadagnato 900mila dollari. Ovviamente non siamo il calcio, ma alla resa dei conti l’ATP ci fa vivere e non mi sento di andarle contro. Anche perché non vedo cosa possano fare di diverso Nole e Pospisil“.