TENNIS WIMBLEDON CHAMPIONSHIPS – Un’occasione sciupata dal ligure che aveva giocato molto bene fino all’1 pari al quarto. Ma è ancora troppo ingenuo. Ha fatto servire Kevin Anderson per primo quando poteva evitarlo. Il sudafricano non ci credeva. Kvitova-Venus Williams grande show.
Il commento di Ubaldo Scanagatta e Stefano Tarantino da Londra
Sul prato già sdrucito ed a chiazze del court n.17 quel testa calda di Fabio Fognini – ben ispirato fino a quando è stato avanti 2 set a 1 e 2-1 nel quarto con due promettenti opportunità per il 3-1 che gli sarebbe valso il passaggio agli ottavi di finale e alla seconda settimana dei Championships – ha perso l’ennesima partita che avrebbe potuto benissimo vincere.
Ma dal mancato 3-1, e quindi dal 2 pari in poi di quel quarto set, un Fabio sempre meno sereno e più loquace, avrebbe perduto il controllo del match contro il lungagnone sudafricano Kevin Anderson, n.18 del mondo e 2 metri e 3 centimetri di altezza. Fino a cedere 9 games di fila e 10 degli ultimi 11. Alla fine il 4-6, 6-4, 2-6, 6-2, 6-1 quasi non gli rende giustizia.
Lui si è detto a fine partita soddisfatto del suo tennis, ma insomma le partite di cinque set dovrebbero durare cinque set e non quattro e 5 o 6 games.
Da Anderson si può perdere eccome, è n.18 del mondo, mica 150. Ha un gran servizio e se entra nel ritmo giusto per essere un tipo di 203 centimetri si muove pure abbastanza bene. Ma soprattutto ha testa, cioè lui lotta fino all’ultimo senza distrarsi. Fognini invece no. Dal 2 pari in poi, e più ancora dopo il break anche un po’ fortunato arrivato a seguito di un gran rovescio tirato improvvisamente da Anderson, Fabio si è disunito.
“Ho perso un po’ il controllo” avrebbe ammesso, aggiungendo che “fino al 2-5 del quarto ho lottato, soltanto quell’ultimo game l’ho come lasciato”.
Già, gran bella ingenuità! Che è seconda soltanto all’ingenuità pazzesca rivelata da Anderson al momento del sorteggio.
“L’arbitro ha lanciato in aria la moneta e lui ha vinto il sorteggio. L’arbitro gli ha chiesto allora di scegliere e lui ha risposto “doesn’t matter”. Non è importante insomma! Dopo di che ha come casualmente deciso di rispondere”.
Alla conferenza stampa di Anderson ero l’unico giornalista italiano presente. Ma c’erano tantissimi colleghi inglesi perchè al prossimo turno il sudafricano giocherà contro Andy Murray. E Barry Flatman del Sunday Times mi diceva: “Come sarebbe stato più divertente vedere sul centre court Fognini contro Murray, anziché i cannonballs di servizio di Anderson, tennista noioso se ce n’è uno, soprattutto dopo quel che è successo in Coppa Davis a Napoli!” Oggi tutti i giornali inglesi l’avrebbero raccontato.
Beh, quando Anderson ha riferito l’episodio di Fognini che alza le spalle come per dire “E’ uguale che batta io o te” si sono messi tutti a ridere, increduli. Come lo stesso Kevin del resto; se solo aveste visto la sua faccia mentre lo raccontava… “Così – ha proseguito il sudafricano – ho servito per primo, in tutti i set. Sul 5-2 (nel quarto) sembrava che lui avesse perso un po’ di energie. Non mi sono messo in testa l’idea di ‘adesso bisogna che io gli faccia il break”. Ma ho risposto qualche volta e lui ha giocato un game loose…sciolto. E’ stato importante per me cominciare bene nel quinto set. Servendo per primo puoi farlo. Credo che sia un piccolo vantaggio”. Potete leggere l’intervista ad Anderson qui https://www.ubitennis.com/english/2014/06/28/kevin-anderson-last-two-sets-sort-liked-start-match/
Altro che piccolo! Un grande vantaggio. A fine partita ho chiesto a Fognini se avesse pensato sul 2-5 che sarebbe stato importante cercare di tenere il servizio per avere l’opportunità di cominciare il quinto con il servizio a disposizione. Che vuol dire, di solito, poter fare una gara di testa. Mettere più pressione sull’avversario.
La risposta è stato un secco “No!”, ormai sembra che Fognini abbia pensato sia una buona idea fare tutte le volte quando le domande le faccio io.
Beh, no comment sul suo atteggiamento, ma non ci ha fatto una bella figura a rispondere così. Da come ha giocato quel game, sottolineavano anche i colleghi italiani, non c’è dubbio che in effetti Fabio non ci aveva pensato.
Strano però che non ci abbia pensato neppure nessuno del suo angolo, Perlas, Barazzutti, Palmieri. Sono concetti abbastanza elementari, soprattutto quando si gioca contro avversari alla Anderson, che affidano il 90 per cento delle loro possibilità di vittoria al servizio.
Tutti sanno che si è sempre registrata una discreta percentuale di break nel primo game di una partita, perchè chi serve a freddo non ha magari ancora registrato l’arma. Per questo motivo certi giocatori preferiscono scegliere di rispondere all’inizio, per il primo set. Ovviamente dipende anche dalle caratteristiche dell’avversario. E proprie. Ma quando ci si è ben scaldati, nel corso di un match, poi servire per primi diventa un discreto vantaggio psicologico, soprattutto al quinto set quando la tensione inevitabilmente monta, game dopo game, mentre magari la lucidità decresce.
Si sta avanti nel punteggio e l’avversario non può permettersi la minima distrazione. Se sta sotto 5-4 e magari 15-30 non può non soffrire. Senza tiebreak si può perdere il quinto set anche per 16-14 come capitò a Roddick contro Federer. E battere sette o otto volte per restare nel match è roba da far tremare i polsi a chiunque.
Ripeto: regalare in due minuti quel game di servizio, sul 2-5 nel quarto set, erroracci e un doppio fallo, è più un’ingenuità da junior che da tennisti (ed allenatori) esperti.
Dal 4-2 in poi si sentiva Fabio sempre più spesso imprecare, prendersela con “questi campi di m…, questo è uno sport di m…” e improvvisare i soliti soliloqui, un po’ triviali, un po’ originali. Del tipo: “Sono un nano (1m e 78 in realtà)! Se fossi 10 cm più alto potrei giocare contro questo qua con un sigaro in bocca” sclerava “Fogna”, fra un lancio di racchetta e i soliti monologhi vietati ai minori.
L’imperturbabile biondo gigante avversario non se ne dava per inteso. Si preoccupava soltanto di salvare quelle pallebreak a suon di aces: sarebbero stati 16 a fine grandinata. Più almeno una decina di servizi vincenti, scagliati come noci di cocco da un appartamento al secondo piano, fra lui, Anderson, che serve con il salto, la racchetta e il braccio smisurato, saranno almeno 4 metri.
Fognini lascia così Wimbledon al terzo turno ma con un record che non ci inorgoglisce: quello del tennista più multato della storia di 127 Wimbledon, 27.500 dollari, per lanci di racchette, parolacce e quant’altro, nel match di primo turno rimontato all’americano di origini ucraine Kuznetsov. Sempre che non lo multino ancora per il match di oggi, dove almeno un moccolo fragoroso l’ha tirato nel terzo game del primo set. Secondo me l’arbitro Moreno, che pure ad un certo punto lo ha ammonito per “racket abuse” quando Fabio, stizzito per il fatto che non si sarebbe rotta sull’erba (“Era troppo soffice!”) l’ha dovuta rompere su una gamba.
Gianni Clerici tornava scandalizzato in sala stampa dicendo: “Bisognerebbe non andare alle sue conferenze stampa”. Ma il lavoro e il rispetto dei lettori, richiede invece che ci si vada. Fognini sarebbe probabilmente felicissimo se non ci andassimo. Non si lamenterebbe di certo.
Se domani Simone Bolelli, n.132 Atp, ed ultimo superstite della pattuglia azzurra di 11 nostri tennisti a Wimbledon non riuscirà a sconfiggere il giapponesino Kei Nishikori, n.12 del mondo, questo Wimbledon verrà ricordato quasi con lo stesso disappunto che ha fatto seguito ai mondiali di calcio in Brasile. Tutti a casa un po’ troppo presto, nessuno presente alla seconda settimana.
Le aspettative erano diverse, però negli ultimi cinque anni almeno una ragazza e spesso più d’una (Schiavone, Errani, Pennetta, Giorgi, Knapp, Vinci), era approdata al terzo turno. Quante volte abbiamo scritto “grazie alle ragazze” negli ultimi anni? Non si può certo gettar loro la croce addosso, se per una volta non vanno avanti.
E a questo punto ringraziamo la buona sorte che Bolelli, già eliminato nelle qualificazioni, sia stato ripescato in tabellone, abbia incontrato un “qualificato” al primo turno e giocato poi il suo miglior tennis contro il tedesco Kohlschreiber. Solo il ventottenne bolognese di Budrio può riscattare un Wimbledon da dimenticare per gli italiani.
Per il resto tutti i grandi favoriti, Djokovic (che però non deve tuffarsi come ha fatto a metà terzo set contro Simon: si è fatto male ad una spalla, niente di grave ma insomma…lui non è mica Becker anche se lo ha ingaggiato come allenatore!) Murray, Nadal e Federer sono ancora in corsa, così come Serena Williams, Maria Sharapova e Petra Kvitova che ha rimontato Venus Williams (giunta anche a due punti dal match) in quella che è stata la più bella partita del giorno.
Due soli break l’hanno decisa e una Venus quasi risorta ha ceduto il servizio soltanto sul 6-5 al terzo. Contro una Kvitova dimagrita e in forma così discreta da dichiarare: “E’ la miglior partita che ho giocato qui a Wimbledon da quando vinsi il torneo”.
Secondo me può anche rivincere.