Con il torneo di Stoccarda le tenniste di vertice sono tornate a giocare in Europa; hanno affrontato per la prima volta la terra rossa, cominciando l’avvicinamento al Roland Garros. In Germania ha vinto la testa di serie numero 1, Ashleigh Barty, prima tennista australiana a conquistare il torneo tedesco. Il suo successo merita qualche riflessione soprattutto per come ha saputo, in tre occasioni, risalire la corrente, vincendo i match dopo aver perso il primo set.
Ashleigh Barty
Grazie alla vittoria a Stoccarda, Barty ha raccolto nella attuale stagione 2471 punti. E visto che Naomi Osaka in questo 2021 ne ha guadagnati 2400 tondi, significa che dopo molto tempo classifica ufficiale e Race coincidono, con lo stesso nome al comando. Insomma, dopo il 2020 trascorso quasi senza senza giocare, la numero 1 del mondo comincia a dare una più solida legittimità alla posizione di vertice.
Barty ha vinto due degli ultimi tre tornei a cui ha partecipato. Dopo il successo a Miami, ha perso a sorpresa sulla terra verde di Charleston (sconfitta da Paula Badosa), ma si è subito rifatta a Stoccarda. Visto il tabellone limitato le sono bastate quattro partite per raggiungere il titolo, ma questo non significa che sia stato tutto facile.
Ha esordito battendo 6-0 7-5 la wild card Laura Siegemund: autentica enfant du pays (è nata a pochi chilometri dall’impianto tedesco) capace di raggiungere due volte la finale a Stoccarda: nel 2016 (persa contro Kerber) e nel 2017 (vinta contro Mladenovic). La attuale Siegemund, però, non vale più la giocatrice di quegli anni: il grave infortunio subito al ginocchio nel 2017, qualche settimana dopo la partita contro Mladenovic, ha lasciato il segno sul suo rendimento odierno.
Nel turno successivo Barty ha rischiato grosso contro Karolina Pliskova: ha vinto 2-6, 6-1, 7-5 e più volte si è trovata a due punti dalla sconfitta, in particolare quando Pliskova sul 5-4 terzo set ha servito per il match. Di questa partita segnalerei soprattutto la ritrovata competitività di Karolina: chissà che non sia un momento di svolta dopo il lungo periodo di appannamento, al quale nemmeno la nuova collaborazione con il coach Sascha Bajin sembrava riuscire a porre rimedio. Naturalmente è presto per certificare che abbiamo ritrovato la migliore Pliskova, e il fatto che non sia riuscita a chiudere la partita a proprio favore lo dimostrerebbe; ma essere stata in grado di misurarsi alla pari con la numero 1 del mondo ha comunque un importante significato.
La partita migliore del torneo secondo me Barty l’ha sostenuta contro Elina Svitolina. Un match probabilmente influenzato dagli avvenimenti del turno precedente. Perché se Ashleigh era passata a fatica contro Pliskova, Svitolina aveva rischiato ancora di più contro Kvitova, scampando a due match point nel secondo set, prima di prevalere al terzo. Nei momenti più difficili contro Kvitova, Elina si era spesso aggrappata al servizio, che l’aveva sostenuta a livelli sorprendentemente alti (sette ace e il 64% di prime).
Sulla scia di questo successo nei quarti, Svitolina è scesa in campo in semifinale contro Barty con uno slancio e una convinzione eccezionali: ha vinto il primo set senza nemmeno concedere palle break, servendo l’’84% di prime, con un contorno di 3 ace ma anche di parecchi servizi vincenti. Fatico a ricordare una Svitolina così efficace in battuta, rafforzata dalla solidità dei tempi migliori nello scambio da fondo. Insomma, per Barty non era facile rovesciare l’andamento dell’incontro, tanto è vero che Elina si è trovata nella condizione di servire per il match sul 6-4, 5-4.
Ma proprio nei momenti più difficili Ashleigh si è comportata da numero 1: ha preso atto che Svitolina stava giocando benissimo e ha provato a cambiare le proprie impostazioni tattiche. E Barty se lo può permettere, vista la completezza tecnica che possiede. Ha quindi provato a esplorare un ambito di gioco nella quale non risultasse soccombente, e lo ha trovato a rete. Ha cominciato a verticalizzare di più, muovendosi in avanti non solo per “benedire” palle facili, ma per cercare di consolidare tutte le minime situazioni di vantaggio che si sviluppavano nello scambio da fondo. Appena c’era l’opportunità, toglieva tempo all’avversaria cercando di colpire di volo.
Grazie a questo atteggiamento, gli schemi del match sono cambiati e Barty ha raccolto nei pressi della rete quasi tutti i punti più importanti del finale di secondo set. Sul 4-5 ha strappato il servizio ad Elina e poi è riuscita ad allungare il set sino al 6 pari. Infine nel tie break ha sfoderato una serie di volée di qualità assoluta, che meriterebbero di essere riviste integralmente. La sintesi del video fornita da WTA non le presenta tutte, ma ne bastano un paio per dare l’idea. La prima è una smorzata da metà campo, dopo aver fintato l’esecuzione dello schiaffo di potenza. La seconda un drop-shot di dritto a conclusione di una discesa in controtempo. Eccole:
La decisione di scendere a rete con più frequenza per sparigliare il confronto e indebolire il mix vincente di Svitolina (eccezionale servizio unito alla notevole efficacia difensiva durante lo scambio) ha permesso a Barty non solo di vincere il secondo set, ma anche di smorzare l’entusiasmo di una giocatrice in grande fiducia, sino a rovesciare completamente l’inerzia del match. Come testimonia il punteggio finale: 2-6, 7-6(5), 6-2.
A conti fatti si è rivelata più semplice la finale contro Sabalenka. perchè Aryna è durata un set, ma poi le si è spenta la luce in modo definitivo, e la partita si è avviata alla conclusione senza che Barty avesse nemmeno bisogno di raggiungere eccezionali livelli di gioco: 3-6, 6-0, 6-3.
a pagina 2: Aryna Sabalenka