Il giorno di Kyrgios, il talento sfrontato che demolì Nadal (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)
E’ uno di quei giorni che cambiano la storia e tracciano il destino, marchiando a fuoco il battesimo di un nuovo eroe. L’impresa è compiuta, Nick Kyrgios dal cognome omerico si accomoda nell’olimpo con il passo imperioso della sfrontatezza che esalta il talento di diamante grezzo. Cade Nadal, ma stavolta il regicidio si consuma per la forza impetuosa di quello sfacciato e giovane rivale e non per il pegno dovuto alle ginocchia scricchiolanti. E nell’epica del tennis che si rigenera c’è sempre un afflato greco: era toccato a Sampras affrettare l’abdicazione di Lendl con il successo agli Us Open nel 1991, poi Pietrino visse la propria nemesi a Wimbledon dieci anni dopo, con il golpe di un Federer ancora ragazzo. Kyrgios è qui, per la prima volta nel tempio, da numero 144 del mondo, perché due settimane fa ha conquistato il Challenger di Nottingham, meritandosi una wild card. Erba minore, ma scuola decisiva per esplorare l’All England Club con il petto in fuori. Nel secondo turno, il boy di Canberra annulla nove match point a Gasquet, ed è il primo sintomo di una stoffa fuori dalla norma. Ma scendere nell’arena del Centrale contro il più forte dei gladiatori, cominciare con un ace e aggredirlo ad ogni palla fino a sfinirlo diventa una fatica da titano: «Sarà contenta la mamma — sorride Nick — perché quando mi ha telefonato l’ultima volta mi ha detto che non avevo neppure una possibilità di farcela contro Nadal».
Rafa però si accorge presto del pomeriggio da tregenda, annullando due palle break nel sesto e nell’ottavo gioco del primo parziale e poi il set point sul 6-5, prima di inchinarsi al tiebreak. Di fronte ha una furia, che non è solo braccio armato al servizio (comunque, 37 ace alla fine): l’australiano con il sangue misto d’Europa e Malesia fa malissimo con il dritto e quel rovescio quasi a scavetto, indubbiamente il colpo più debole, quando trova il tempo e l’impatto giusto disegna angoli impensabili. Il numero uno vince il secondo set perché è una tigre in risposta nel 12 game e ottiene il suo primo ed unico break dell’incontro, ma sul set point che lo porterebbe avanti 2-1 sul 6-5 del terzo, l’altro lo respinge ancora con un ace. Nel nuovo tiebreak, al teenager basta il primo set point sul 6-5 per riportarsi davanti, e lo sfrutta con un dritto spaccaossa e spaccapartita, perché Rafa non saprà rimontare, ed anzi con il break nel quarto game del quarto set si consegna all’apoteosi del rivale, schiacciato da 70 vincenti:
«Lo sapevo che dovevo essere solido —è l’analisi di Kyrgios — e di chiedere molto al mio servizio, giocando sempre aggressivo. Per adesso, sono stati dieci giorni favolosi, ma ora devo recuperare bene per la sfida con Raonic». Appuntamento In tribuna, papà e sorella dopo il match point assecondano saltellando la «juicy wiggle», la danza della vittoria di Nick che si può tradurre come «succoso dimenarsi», mentre la mamma scettica, dall’altra parte del mondo, per adesso deve accontentarsi di uno smile sul cellulare. Per John McEnroe, l’australiano è diventato addirittura il favorito del torneo, mentre Nadal scuro in volto lo promuove con riserva (…)
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Bum Bum Kyrgios, è nata una stella (Stefano Semeraro, La Stampa)
Serve come Goran Ivanisevic, pensa come Boris Becker: si chiama Nick Kyrgios, ha 19 anni e da ieri ufficialmente anche un grande futuro. Il ragazzo di Canberra, figlio del greco australiano George e della malese Norlaila, debuttante a Church Road ed entrato in tabellone grazie ad una wild card, a12 turno aveva già salvato 9 matchpoint contro Gasquet ma ieri negli ottavi l’ha fatta grossa buttando fuori dal torneo il numero 1 del mondo Rafa Nadal. Ed è che come l’ha fatto impressiona ancora di più: vincendo in quattro set (7-6 5-7 7-6 6-3) aprendo e finendo il match con un ace (37 totali), piazzando 70 vincenti e soprattutto sfoderando una calma olimpica. «L’ultimo che ho visto così convinto non solo di poter vincere non solo una partita, ma tutto il torneo qui a Wimbledon – ha detto John McEnroe ai microfoni della BBC – aveva 17 anni e si chiamava Boris Becker». Stoffa vera, da campione, quella di cui sono fatti i 193 centimetri di Nick mano calda, il giocatore che gli australiani stavano aspettando da tempo per risuscitare un’immensa tradizione e mandare serenamente in pensione l’ultimo re «aussie» delle classifiche Lleyton Hewitt (33 anni) che qui ha perso a12 turno.
L’ultimo numero 1 sconfitto in uno Slam da un avversario non compreso fra i primi 100 del mondo era stato Courier, che si fece sorprendere qui a Wimbledon nel ’92 dal mediocre russo Andrei Olhovsky. Ma Kyrgios, figlio del melting-pot australe, mezzo asiatico ma con cromosomi greci come quelli di Pete Sampras (7 titoli ai Championships) e dell’ultimo finalista australiano di Wimbledon, Mark Philippoussis (2003, l’anno del primo successo di Federer), non è solo un lampo, è luce destinata a durare. Si era annunciato con una grande carriera juniores, oggi è il ritratto del perfetto tennis moderno: servizio sopra i 200 all’ora, dritto che sfonda, ma anche una manina non rozza, capace di tocchi leggeri, un rovescio spiazzante in cross. Ha solo un anno più del nostro Quinzi, ma prima del torneo era n. 144, ora è già sicuro di essere n.66. La pioggia dei giorni scorsi ha sfasato il tabellone e quindi già oggi nei quarti gli tocca un esamone di maturità fra giovani bombardieri nei quarti contro il n.9 del mondo Milos Raonic. «Sarà divertente», ha sorriso Nick. Il futuro del tennis riparte da lì.
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Sfacciato Kyrgios, sembra Sampras a Wimbledon: Nadal si inchina (Gianni Clerici, La Repubblica)
Nick Kyrgios, Eleyson come l’ha chiamato un amico umorista, ha appena battuto, in quattro set, Rafael Nadal, risultato atteso soltanto da sua mamma, una signora che, mi dicono, non osa seguire le prodezze del suo bambinone alla tv a Canberra, e si trincera emozionatissima in cucina. Cosa avrei potuto dirle, fossi stato nel suo salotto? Le avrei detto che, quando ancora non avevo mai sentito il nome di una famiglia greca come la loro, di new australians, come si definiscono down under gli immigrati, del bambinone mi aveva parlato Ray Ruffels un vecchio amico, ottimo tennista di quella straordinaria generazione di deportati e contadini inglesi che sottrassero il paese ai poveri aborigeni. Non aveva accennato alla Grecia delle origini, Ruffels, ma ero stato io a pensare a Philippoussis, uno degli ultimi campioni chiamati a sostituire una dinastia di angloaustraliani ormai alla frutta, con Lleyton Hewitt quale ultimo rappresentante. II bambinone che ha oggi superato Nadal mi ha certo sorpreso, ma non del tutto, poiché l’avevo già visto nei turni precedenti comportarsi come faceva qui a Wimbledon, da ultimo, Goran Ivanisevic. Affrontava il match con una sorta di handicap positivo, a causa delle battute di che spinsero il mio povero amico Chatrier, Presidente della Federazione mondiale, ad arrivare vicino ad una proposta rivoluzionaria, quella di limitare la battuta a una palla. Quel tempo è passato, così come la presenza di grandi battitori, ma la storia si ripete, ed ecco Kyrgios che improvvisamente straccia il povero Rafa, pur grande ribattitore, con 37 aces, più un numero maggiore di prime vincenti, che non sono in grado di definire causa l’ora, e l’emozione, che mi hanno fatto dimenticare in tribuna un taccuino zeppo di punti esclamativi.
Quel che mi è venuto in mente, davanti al microfono di una tv locale che continua a prendermi per un tecnico, è stato un altro nome, di un altro emigrato greco, della generazione che ancora cercava fortuna negli Usa Pete Sampras, il ragazzo che mi lasciò ancor più sconvolto di Kyrgios, perché più atleta, e dotato di un tennis che ancora rifuggiva il rovescio bimane, privilegiando le volè. Quel tennis è scomparso, e quindi il nuovo campione emigrato strappa i suoi punti soprattutto con lo schema battuta e diritto, così come un tempo Sampras utilizzava servizio e volò. Kyrgios, tuttavia, possiede anche un rovescio bimane di notevolissima angolazione incrociata, e ha con certezza davanti a sé notevolissime possibilità di miglioramento.
Vorrei dire che quella di oggi non è una meteora, ma un tipo che sarà capace, insieme ai Raonic e ai Dimitrov, di portare oltre i Fab Four una successione certo molto attesa. Par giusto, non conoscendo le scelte della tv che trasmette da Milano, dare una pur minima indicazione del punteggio. Quando Rafa ha perduto il primo set, non sono stato il solo a notare che questa pareva la caratteristica del suo attuale Wimbledon e che, dall’assenza temporanea negli spogliatoi, era sempre risorto rinfrancato. Qualcuno mi aveva fatto giustamente notare che nelle precedenti tre partite Nadal non aveva subito qualcosa come 17 aces, sorta di 0-30 ad ogni game. Simili eccessi non si sarebbero più verificati ma, ripeto, il numero dei servizi vincenti, che si chiamano anche aces sporchi, non sarebbe sceso di molto. Era soprattutto la rapidità degli scambi a non consentire a Nadal di ritrovare un gioco fatto di piazzamenti e del successivo diritto a uncino, per solito decisivo. Quella frammentazione in velocità avrebbe finito per premiare chi ne era la causa, ad eccezione di una circostanza, il servizio perduto nel 2° da Kyrgios, che sarebbe rimasto incredibilmente l’unico dell’incontro (…)
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Forse oggi il tennis è cambiato, è il primo giorno dell’era di Nick (Claudio Giua, repubblica.it)
Rod Laver l’aveva previsto, con tutte le cautele semantiche del caso: “Mi chiedete se se Kyrgios può battere Nadal? Rispondo così: portasse a casa anche un solo set sarebbe un successo, ma non mi stupirei vincesse”. Io stesso – che tennisticamente parlando sono un organismo monocellulare rispetto a Laver – l’avevo scritto e riscritto nei giorni scorsi: non perdetevi il match di martedì tra il numero 1 e l’attuale numero 144, potrebbe essere di quelli che entrano nella storia. È accaduto: Nadal torna a pescare con gli amici nel braccio di mare tra Barcellona e le Baleari mentre il ragazzino di Canberra approda ai quarti di finale di Wimbledon a 19 anni e 66 giorni.
La cronaca scritta del match, finito 7-6 5-7 7-6 6-3, non vi direbbe granché. I 47 game vanno visti e rivisti, se si vuole capire cos’è accaduto oggi nel tempio massimo del tennis. Mi limito a segnalare che Nick ha imposto le sue regole fin dal primo game: prime di servizio devastanti, formidabili botte piatte di dritto e di rovescio a spostare continuamente a destra e a sinistra il povero Rafa, spaventato dal dover combattere con il clone di se stesso otto anni più giovane. Lo spagnolo ha dovuto remare senza pause, con il frequente risultato di mettere dall’altra parte del campo palle centrali poco efficaci che l’australiano restituiva sempre più potenti. Nei momenti decisivi dei due tie break, ad aver paura era lo spagnolo, mentre Nick non ha mai avuto un momento d’incertezza.
Per avere elementi per valutare le potenziali dimensioni del fenomeno Nick Kyrgios per il tennis globale – i cui poco fantasiosi resocontatori sono ansiosi di segnalare per tempo chi detronizzerà i padroni dell’ultimo decennio Federer e Nadal, Djokovic e Murray – ho interpellato una fonte ben informata sui fatti, il quotidiano Sydney Morning Herald, che a propria volta aveva sentito il già citato campionissimo per definizione, Rod Laver. Il giornale edito da Fairfax è il più antico (1831) tuttora diffuso in Australia, vende 130mila copie nei giorni feriali e 230mila la domenica, ha un sito seguito e autorevole. Rod è l’unico umano titolare di due Grandi Slam, avendo conquistato nel 1962 da dilettante e nel 1969 da professionista tutti e quattro i supertrofei: di fatto, l’aussie più celebre della storia. Infastidito dai media in asfissiante pressing sul ragazzo di padre greco e madre malese, è sbottato ieri con il Morning Herald: “(Per colpa vostra) va a finire che Nick penserà d’essere arrivato e di non aver più bisogno di lavorare. Invece è proprio adesso che deve darci dentro di più”. Diciotto mesi fa Kyrgios doveva ancora compiere 18 anni ed era intorno alla posizione 800 del ranking ATP, adesso è già – in tempo reale – quota 66: una crescita record, quasi senza precedenti recenti. Nick dà l’idea di avere testa fredda e spalle forti. Sotto di due set, mercoledì scorso ha salvato nove match point di Richard Gasquet e l’ha battuto per 3-6 6-7 6-4 7-5 10-8. Oggi ha umiliato Nadal. È talmente sicuro di sé da aver già deciso di cambiare coach alla fine degli Championships, quando darà il benservito a Simon Rea per cercare qualcuno che lo consigli su come diventare un Top Ten entro un anno. Potrebbe metterci anche meno.
La partita è stata tra le più difficili e dolorose mai combattute dallo spagnolo sull’erba londinese, che pure non gli ha dato mai grandi soddisfazioni in passato. Secondo Laver, il margine di crescita di Kyrgios è notevole: “L’esperienza di questi giorni è decisiva. Nick sta capendo quanto deve fare per arrivare al livello più alto. Prima era solo un ragazzo di talento, ora sta imparando a giocare bene sotto pressione”. Nadal non era altrettanto consapevole della forza anche nervosa del suo avversario. Il prossimo a sfidare Nick sarà il canadese-montenegrino Milos Raonic. Prevedo buche sul prato.