Adesso, in sede d’analisi, il dubbio può venire: al netto delle questioni di principio – chi scrive è pro maglia azzurra, sempre – ha fatto bene Jannik Sinner a saltare l’Olimpiade? Lui stesso negli scorsi ci ha raccontato che non sa se ha fatto la scelga giusta, perché probabilmente in una situazione del genere la scelta giusta non esiste. La partenza lanciata della stagione nordamericana sembrerebbe dare l’indicazione che quantomeno la scelta si è rivelata fruttuosa.
Ad Atlanta, la scorsa settimana, l’eliminazione al primo turno è stata compensata dal primo successo in carriera in doppio. A Washington è arrivato il primo successo in un ATP 500, superando in una finale combattuta (forse troppo? ma fa nulla…) lo statunitense Mackenzie McDonald al termine di quasi tre ore.
La terza coppa sollevata in carriera – su quattro finali, niente male la percentuale – vale per l’azzurro il salto al numero 15 del ranking, più giovane italiano a essere mai entrato tra i primi 15 al mondo. Soprattutto, una posizione utile in ottica sorteggio dello US Open. Tra i vari record c’è anche l’essere diventato il primo giocatore sotto i vent’anni a vincere un ATP 500, in un torneo che – per collocazione in calendario – ha tradizionalmente favorito le diverse gradazioni di sorprese. Quattro degli ultimi detentori di questo record, infatti, l’hanno conquistato proprio nella capitale statunitense approfittando volta per volta di defezioni piò o meno prestigiose. Allo stesso tempo, i quattro che avevano disputato una finale ATP 500 all’età di Jannik o con un anno di meno (è il caso di Auger-Aliassime, da diciottenne, a Rio de Janeiro nel 2019) l‘avevano sempre persa.
Ma queste perle statistiche non sembrano appassionare più di tanto l’altoatesino. “Mi interessa solo lavorare sodo per migliorare e vincere – ha spiegato -, arrivo da una bella settimana, ma allo stesso tempo so anche che nei precedenti tornei non ho raccolto buoni risultati. Credo sia una cosa comprensibile a 19-20, quando non si ha la solidità dei 25-26. Ho vinto tre titoli, ho ancora tanta strada da fare, la mentalità giusta è non pensare all’età ma solo al prossimo torneo”.
Che sarà ovviamente il Masters 1000 di Toronto dove, da 16 del seeding, affronterà al secondo turno uno tra Duckworth e Fritz in proiezione a un’ottavo intrigante con Daniil Medvedev. Nell’atto conclusivo di Washington, Sinner ha tagliato il traguardo a braccia alzate domando i suoi stessi alti e bassi: la nuova impostazione del servizio ha funzionato se si guardano i nove ace complessivi e il 72 per cento di punti conquistati sulle prime, va però anche detto che nel set decisivo proprio la prima gli è entrata con uno scarso 36%. Anche il rovescio lungolinea non ha funzionato al meglio, ma – evidentemente – per vincere da favorito è bastato tutto il resto, in quella che forse dal punto di vista strettamente tecnico non è stata la migliore partita della sua settimana (contro Korda, negli ottavi, il successo sicuramente più prestigioso). “Credo che per la vittoria sia stato più determinante l’aspetto mentale che quello della resistenza fisica – la sua analisi in conclusione -, perché a 19 o 20 anni il recupero è veloce anche se giochi tanto e spesso“.