IN THE HEART OF QUEENS
Dopo un lungo viaggio, solo dopo aver attraversato il trafficatissimo George Washington Bridge, i grattacieli di Manhattan, in piena libertà, assieme all’Hudson River, si prendono per la prima volta tutta la scena. Strizziamo l’occhio a quel paesaggio familiare che, per la prima volta, non è la nostra meta. L’auto corre veloce verso il Queens dove si gioca l’ultimo slam stagionale, lo US Open che torna a disputarsi con il pubblico dopo l’edizione a porte chiuse del 2020. La particolarità dell’ultimo slam stagionale è che l’impianto si trova all’interno del gigantesco Flushing Meadows Corona Park, nel cuore del Queens. Cosi, cercando di evitare i costosi parcheggi, ci troviamo catapultati nella vita quotidiana di uno dei Boroughs della Grande Mela. Siamo molto lontani da Manhattan, non solo geograficamente.
Questo è il secondo quartiere più popoloso di New York ma soprattutto il più multietnico. Addirittura, secondo un sondaggio del 2017, il Queens è il luogo in tutti gli Stati Uniti in cui si parlano più lingue diverse. Districandosi tra queste strade pare di essere in un film, da un momento all’altro immagino un gruppo di ragazzini sbucare da un vicoletto e spruzzare l’idrante verso le macchine che passano come in una famosa scena di “Do the right thing” di Spike Lee che, però, era ambientato a Brooklyn. Quando si cammina attraverso il Corona Park i boati degli spettatori diventano sempre più assordanti, provenienti soprattutto da coloro che si trovano nel Grandstand che è il campo più vicino al parco.
RE PER UNA NOTTE
Nonostante l’eccitazione sia veramente tanta, con il biglietto della sessione serale che inizia alle 19 non è consentito agli spettatori entrare prima delle 17.30. A Cincinnati, complice anche la pioggia, eravamo addirittura riuscito ad entrare alle 16, mentre qui sono molto fiscali e non aprono i cancelli nemmeno un minuto prima. L’impatto con il torneo è piuttosto scioccante. È il primo venerdì del torneo, ci sono davvero tante persone ma soprattutto è la dimensione dell’impianto a sorprendere. A prima vista il Louis Armstrong Stadium sembra il centrale da quanto è grande, ma continuando a camminare tutto diventa ancora più incredibile. Una grande folla si è radunata davanti al maxi-schermo nella piazza fuori dall’Arthur Ashe Stadium per seguire la fine del match tra il giovane spagnolo Carlos Alcaraz e la testa di serie numero tre Stefanos Tsitsipas, impegnati in un durissimo quinto set dopo una lotta estenuante.
Nonostante il match sia ancora in corso oltre le 18, solo i possessori del biglietto per la sessione diurna possono entrare per vedere la partita. I controlli, anche in questo caso, sono molto rigidi. Ma l’energia fuori dal campo centrale è elettrica tanto quanto all’interno. Tutti esultano a ogni punto del giovane spagnolo, a quanto pare Stefanos con i vari toilet break non si è guadagnato la simpatia della folla che, però, vuole anche assistere a qualcosa di storico. Così, quando Alcaraz piazza l’ennesimo vincente di dritto della sua partita, nella piazza è un tripudio. La folla si muove poi immediatamente nella vicina postazione di ESPN dove Carlos viene intervistato da John Mcenroe. New York ha un nuovo re, almeno per una notte.
ELECTRICITY ON AND OFF THE COURT
Nonostante tra gli spettatori dell’Open degli Stati Uniti ci siano molti stranieri, alcune “tradizioni” americane sono ben presenti. E cosi, mentre Roberto Bautista Agut e Felix Auger Aliassime lottano su ogni palla nel primo match del venerdì della sessione serale sul Louis Armstrong, una ragazza, non appena inquadrata dalle telecamere, beve un bicchiere di birra tutto d’un sorso per la gioia del pubblico. Nello stesso momento, dall’altra parte del campo, un gruppo di ragazzi non smette di incitare lo spagnolo che, dopo un fantastico passante di rovescio, si esalta guardando proprio verso di loro che lo stanno letteralmente spingendo attraverso una fantastica rimonta sotto due set a zero. Sulla maglietta di Roberto c’è lo stemma del Villarreal, la sua squadra del cuore con cui ha iniziato una partnership a luglio del 2020 per indossarne lo stemma ogni volta che scende in campo.
Il match, soprattutto negli ultimi tre set, è veramente di alto livello. I primi due set sono un monologo del canadese; Bautista Agut pare lento per i suoi standard, commette molti errori da fondo campo e il dritto non incide come dovrebbe. Dall’altra parte Auger Aliassime tira vincenti con il dritto, è solido con il rovescio e soprattutto intoccabile al servizio, colpo con il quale quando serve la prima non scende mai sotto le 125 miglia orarie (200 chilometri orari). È interessante, durante la partita osservare Toni Nadal con cui il canadese ha iniziato a lavorare alla fine dello scorso anno dopo alcune stagioni deludenti. “Grande attitudine e mentalità” dice Toni alla fine del secondo set parlando con una spettatrice vicino a lui. Frederic Fontang, lo storico coach del giovane di Montreal, è molto silenzioso durante la partita e raramente parla con Toni che invece è presente nella partita incitando Felix in spagnolo “vamos Felix”, in francese “ça va, ça va” o mischiando le due lingue “ça va, vamos, allez”. Nonostante un atteggiamento molto positivo, a prima vista lo zio di Nadal sembra più rilassato in questo contesto rispetto a quando sedeva all’angolo del nipote.
Nel terzo e quarto set il dritto di Auger Aliassime comincia a perdere in lunghezza, il rovescio è meno efficace e soprattutto con il dritto Bautista Agut comincia a giocare i suoi fendenti. Così si arriva a un giusto quinto set in cui il canadese parte molto forte, è pure vicino a conquistare due break di vantaggio ma lo spagnolo non molla un punto. Il colpo in più nell’ultimo parziale per Felix è sicuramente il servizio, con cui salva un pericolosissimo 0-30 quando va a servire per il match sul 5-3. Alla fine della partita sono ben ventisette gli ace scagliati dal giovane canadese, che con un dritto vincente si qualifica per gli ottavi di finale per la gioia di zio Toni che alla fine della partita viene letteralmente circondato dai fans per foto e autografi.
È incredibile come Mischa Zverev o perfino Mats Wilander possano camminare tranquillamente nell’impianto, mentre Toni viene preso d’assalto. Quando alla fine si allontana dallo stadio riusciamo a raggiungerlo: “Grande partita Toni“ gli dico, “si, perché Bautista non ti regala niente” mi risponde sorridendo. “ Felix ha usato la testa nei momenti importanti“, aggiunge prima di scomparire di nuovo tra la folla.
THE PRICE IS RIGHT
Il Labor Day Weekend generalmente è il periodo di maggior afflusso in tutto il torneo. Gli stand con il cibo pullulano di famiglie che cercano di decidere cosa mangiare tra un match e l’altro. Il torneo offre una buona varietà di cibo. Si può trovare barbecue coreano, tacos messicani, pizza fino al classico hamburger. La qualità del cibo è migliore rispetto a Cincinnati, ma i prezzi sono davvero troppo alti. Una pizza margherita le cui dimensioni equivalgono a due slice normali costa ben 17 dollari, un hamburger costa 14 dollari e così via. Ma ciò nonostante, nessuno pare far caso ai prezzi. Colpisce leggere come in questi giorni, in Italia, il Milan abbia deciso di abbassare i prezzi per le partite di Champions League dopo che i tifosi si erano lamentati. Purtroppo questo non accadrebbe mai negli Stati Uniti, soprattutto perché nessuno protesterebbe mai per un prezzo troppo alto. Troppo orgoglio. E così niente cambierà mai.
PRIMETIME SHOW
La sessione serale prevede il match di cartello tra il numero uno del mondo e grande favorito del torneo Novak Djokovic e il giovane idolo di casa Jenson Brooksby. Il centrale è praticamente quasi tutto pieno. Dopo il primo set in cui Novak sbaglia tutto quello che può, soprattutto con il dritto, la folla si esalta per festeggiare il 6-1 con cui il giovane americano vince il primo set. È piuttosto impressionante come per i primi due set Jenson sia in grado di tenere il ritmo di Djokovic sulla diagonale sinistra costringendo il campione serbo a uscire dallo scambio per primo. Molto interessante anche il dritto del teenager di Sacramento, colpo con cui appare quasi rallentare la velocità ma che risulta sempre molto profondo.
Nei restanti due set Djokovic ha sempre in mano lo scambio e Brooksby crolla fisicamente, anche perché non ha colpi con cui lascia fermo Novak e deve vincere ogni punto da fondo campo. Alla fine del match, dopo aver preso i complimenti del venti volte vincitore Slam, è curioso come Brooksby non lasci immediatamente il campo come tutti gli sconfitti fanno solitamente ma si guarda intorno come se volesse godersi maggiormente quest’incredibile atmosfera. Le basi sono molto buone, ma tutto è migliorabile. Dal servizio con cui non supera quasi mai i 110 miglia orarie, al dritto con cui è poco aggressivo. Il rovescio piatto è molto solido. È interessante come nonostante lo giochi a due mani riesca a giocare un back velenoso ed efficace. Djokovic ha detto che gli ricorda Florian Mayer, ma lo stesso Andy Murray è uno dei pochi giocatori con il rovescio a due mani che ha davvero un ottimo slice.
La partita del giorno è però certamente quella tra Maria Sakkari e Bianca Andreescu. Quando ormai la maggior parte degli spettatori è andata a casa. dal momento che il giorno seguente si lavora. la greca e la canadese vincitrice qui nel 2019 danno vita a una grandissima partita. Tre ore e mezzo di lotta in cui Bianca deve cedere al terzo dal punto di vista fisico davanti a una Sakkari che non ha mai mollato nemmeno quando, nel secondo set, ha dovuto annullare una palla break che avrebbe portato la giovane canadese a servire per la partita.
Andreescu è sembrata aver qualcosa in più dal punto di vista tecnico, soprattutto per quanto riguarda la varietà di colpi. Ottimo servizio in slice da destra e grandissimo rovescio con cui da ogni parte del campo fa letteralmente quello che vuole. Molto più incerto nei momenti decisivi del match il dritto, che l’ha tradita in più d’un occasione. Sakkari serve davvero molto bene e entrambi i colpi da fondo campo sono potenti. La domanda è “quanto riesce ad essere costante?”. È stata brava contro Andreescu a trasformare la partita in una battaglia fisica in cui ha dimostrato di averne di più. Nel terzo set gli spettatori si sono potuti sedere nei posti più vicini al campo così da creare un’atmosfera ancora più incandescente, che ha nobilitato una grande lotta che è terminata alle 2.13 di mattina. Nessuna partita femminile è finita più tardi nella storia dello US Open.
LEGENDS ON THE COURT
Il pomeriggio del secondo martedì del torneo, ultimo giorno allo US Open per chi scrive, c’è una grande sorpresa. Sul campo P5 riservato a gli allenamenti Juan Martin Del Potro e John McEnroe scendono in campo per un breve allenamento. Pochi scambi in cui il dritto del gigante di Tandil, seppur colpito da fermo, è veramente impressionante. Emozionante vedere John giocare veramente un tennis diverso. Polso bloccato con il rovescio davanti alle accelerazioni di Delpo, slice, discese a rete in controtempo. Purtroppo lo spettacolo dura poco e le successive dichiarazioni dell’argentino non lasciano troppe speranze su un suo ritorno ad altissimi livelli.
Poco prima di lasciare lo US Open è tempo di vedere l’allenamento di Carlos Alcaraz ,che qualche ora dopo giocherà il suo primo quarto di finale Slam contro Felix Auger Aliassime. Rispetto all’allenamento di Rublev che avevamo visto a Cincinnati, in cui il coach Fernando Vicente parlava davvero poco, Juan Carlos Ferrero spiega ad alta voce i movimenti che Carlos deve eseguire. Si soffermano molto sulla diagonale di rovescio, con Alcaraz colpisce di dritto per poi cambiare con l’inside in.
L’ex numero uno al mondo gli chiede di mascherare questo colpo fino all’ultimo. D’altronde è chiaro come sia lui, sia Aliassime, abbiano nel dritto il colpo con cui cercano di fare il punto. Quindi chi per primo prende in mano il gioco ha buone chance di vincere il punto. L’allenamento continua con servizio e risposta. Carlos allena lo slice quando serve da destra, mentre da sinistra opta più per la classica botta piatta. Ferrero serve ben oltre la linea del servizio per allenare la risposta del giovane spagnolo. Dopo circa trenta minuti i due lasciano il campo e per noi è tempo di lasciare l’impianto.
Tra i giocatori ammirati, a parte Djokovic che è di un altro livello, colpisce la forza mentale di Bautista Agut che davvero non molla mai. Auger Aliassime e Alcaraz, come ha detto Daniil Medvedev in conferenza stampa dopo la sua vittoria ai quarti di finale, hanno un gioco abbastanza simile. Penso che per entrambi la maggior sfida negli anni sarà trovare la costanza nei loro colpi. Ma Alcaraz, soprattutto su terra battuta, sembra veramente avere un grande futuro.
Mentre camminiamo verso la macchina riflettiamo su questi giorni passati allo US Open. È difficile trovare un torneo al mondo che dia le stesse emozioni. Il calore della folla (molto superiore a gli altri tornei negli USA), le luci della notte, i match serali che anche se terminano alle tre del mattino sono sempre pieni di gente. E soprattutto i giocatori qui sanno che la vittoria e la sconfitta contano veramente tanto. Se perdi al primo turno in Australia sei solo all’inizio della stagione, se fai male a Parigi dopo due settimane hai Wimbledon dove puoi rifarti e se giochi male pure sui prati hai un’ultima chance di salvare la stagione allo US Open. Ogni giocatore odia perdere in ogni torneo, ma cosa c’è peggio di una sconfitta ai primi turni nell’ultimo Slam dell’anno, con il successivo a quattro mesi di distanza e con una lunga off season in mezzo? Forse è proprio questo rifiuto della sconfitta che ha regalato così tanti match al set decisivo in una grande edizione dello US Open.
(Articolo a cura di Marco Lorenzoni)