La notizia era nell’aria; adesso il pour parler è diventato nella sostanza una forte raccomandazione. Vaccinale, nello specifico. L’Australian Open, infatti, sarà il primo torneo dello Slam in cui l’essere vaccinati sarà una discriminante tra il subire forti restrizioni (leggasi quarantena) e il godersi l’atmosfera di uno dei Major del circuito. In una nazione che ha fatto della lotta al Covid-19 una crociata, forse anche più dura rispetto a molti altri stati, c’era da aspettarselo; ricordiamo tutti le condizioni molto stringenti alle quali tutti, tennisti e addetti ai lavori, sono stati sottoposti nella passata edizione. Impossibile dimenticare anche le ferree regole applicate agli spettatori, costretti ad abbandonare le tribune degli impianti durante gli incontri per rispettare il coprifuoco. Per non dover subire limitazioni nella gestione della propria vita fuori dal campo non basterà più quindi dimostrare la propria negatività attraverso i tamponi, per quanto ravvicinati, ma ci si dovrà vaccinare. Punto. Nessuna deroga, nessuna eccezione.
“Se io fossi un giocatore o una giocatrice non avrei dubbi, mi vaccinerei. Questa condizione darà loro l’opportunità di giocare al meglio gli Australian Open, con le minori limitazione possibili”. Parole e musica del ministro dello sport dello stato di Victoria, Martin Pakula; concetti che non lasciano molto spazio a dubbi o interpretazioni. Tuttalpiù che la situazione potrebbe anche modificarsi e queste indicazioni passare da fortemente consigliate ad obbligatorie. I confini dell’Australia rimangono effettivamente chiusi ai non residenti e al momento nessuno sa se questa situazione possa o meno modificarsi entro il 17 gennaio, data di inizio del torneo. “Questo sarà argomento di discussione tra il gabinetto nazionale e tra il gabinetto federale“, ha aggiunto Pakula. “Per quanto riguarda le regole che potrebbero essere applicate agli Australian Open, nello specifico, ne stiamo discutendo con Tennis Australia e il dipartimento della salute“.
La notizia non ha colto impreparati i tennisti che però adesso sono chiamati a prendere delle decisioni, soprattutto per tutti quelli che si definiscono No-Vax o più prosaicamente Boh-Vax. Di molti di loro conosciamo idee e motivazioni, ma adesso cosa cambia? La domanda è stata posta al campione olimpico Alexander Zverev: “Questa è una domanda molto difficile perché so che molti giocatori ne stanno discutendo. Non voglio andare contro Tennis Australia ma non voglio andare contro i giocatori non vaccinati; capisco e rispetto pienamente le decisioni dei giocatori contrari al vaccino. Rispetto anche la decisione del governo australiano. Quello che posso dire è che non ho questo problema, intendo quello delle restrizioni e delle due settimane di quarantena. È una situazione difficile e non voglio andare contro nessuno”.
Molto meno doroteo l’atteggiamento sul tema di Andy Murray: “L’Australia ha sempre avuto, fin dall’inizio della pandemia, un approccio molto severo. Le persone hanno dovuto sopportare 18 mesi molto duri ed è comprensibile che il Governo voglia evitare nuovi focolai a causa di arrivi dall’estero. La trovo una scelta comprensibile. Il tema, ad oggi, non è che tu atleta non possa giocare, ma che debba subire delle maggiori restrizioni; decidere come approcciare l’evento è una scelta del giocatore. Sarebbe fantastico se più giocatori arrivassero in Australia vaccinati. Ho più volte detto che sostengo la vaccinazione e spero che sempre di più le persone acquisiscano la consapevolezza che i benefici sono di gran lunga superiori ad eventuali rari rischi. Spero che molti giocatori possano comprendere questo tema”.