L’anno tennistico di Fernando Verdasco, con due vittorie e otto sconfitte a livello ATP, non è stato ricco di soddisfazioni come forse lui si sarebbe augurato ma alla fine si concluderà con un ruolo importante che delinea chiaramente quale sarà la strada del 37enne una volta appesa la racchetta al chiodo. Recentemente infatti è stato nominato direttore delle finali di Coppa Davis e pochi giorni fa è stato intervistato in esclusiva dal sito puntodebreak ripercorrendo gran parte della sua carriera. Partendo dalla fine ha ammesso che “dopo l’operazione al ginocchio [novembre 2020] mi è stato detto che sarei stato pronto in quattro mesi, ma mi ha dato molto più fastidio. Poi mi è successo l’infortunio al gomito e ho dovuto sottopormi di nuovo a un intervento chirurgico, quindi con questa situazione non ho potuto fare molto. È chiaro che è difficile uscire dalla top 100 dopo quasi 18 anni. A 37 anni non fa bene avere due operazioni nella stessa stagione, anche se nessuna è stata grave, ma questo ti lascia con pochissimo ritmo e fiducia in partita. In questo momento non ho altra scelta che giocare i tornei che la mia classifica mi permette”.
In molti potrebbero chiedersi chi glielo fa fare a mettersi in gioco nel circuito Challenger ma lui risponde così. “Data la mia situazione, la mia età e la mia carriera, è una situazione complicata. Ma mi piace molto giocare a tennis, anche se sono tempi difficili, sto facendo tutto il possibile per tornare. Non ti sto dicendo di tornare di nuovo tra i primi 10, ma sto cercando di recuperare quel livello di gioco degli altri anni, pur sapendo che dopo ci saranno settimane in cui giocherai meglio e altre peggio”.
SUL DOLORE – È inevitabile che il discorso ben presto abbia iniziato a rivolgersi agli anni d’oro della carriera del mancino spagnolo e anche qui gli infortuni entrano in causa. “Nel 2011 sono arrivato tra i primi 15 però ho iniziato a soffrire di problemi al ginocchio sinistro, che mi ha impedito di partecipare a tanti buoni tornei come nel 2009 e nel 2010. La gente non ci crede quando lo racconto, ma la partita contro Rafa in Australia nel 2009 l’ho giocata con uno strappo al peroneo della caviglia, cosa che mi trascinavo dalla partita con Murray nei quarti di finale. […] Come ci sono riuscito? Per l’adrenalina, l’emozione di essere per la prima volta in un una semifinale Slam, anche contro Nadal che a quel tempo era il numero 1. Il pubblico, l’atmosfera, tutto quello che ho sentito… anche se niente di tutto questo mi ha tolto il dolore, soprattutto all’inizio, ma una volta caldo era come se non avessi nulla. Dopo la partita non ho lasciato l’Australia per due giorni perché non riuscivo nemmeno a camminare, infatti mi sono perso la sfida di Coppa Davis che si è giocata poi contro la Serbia. Non ho iniziato ad allenarmi fino a una settimana prima di Indian Wells, dove ho perso nei quarti di finale contro Federer. Ero 5-4 e servizio”.
SI POTEVA DI PIÙ? – Con sette finali vinte e 16 perse è inevitabile che Verdasco venga visto un po’ come tennista incompiuto, non in grado di sfruttare al massimo il suo potenziale. Ma anche qui lui la vede diversamente. “Tutti possono dare di più, si parla sempre di possibilità di aver vinto più titoli o di essere tra i primi 10 per più anni. Chi vince cinque Slam, chiede perché non ne ha vinti quindici. Quanti giocatori rendono tutto perfetto dalla nascita alla morte? Nessuno, siamo esseri umani, non siamo macchine. Avrei potuto dare di più? Sì. Anche Feliciano avrebbe potuto dare di più? Sì. Ma la verità è che anche un Nadal, un Federer o un Djokovic avrebbero potuto fare di più a un certo punto… Nessuno lo sa. Se Nadal avesse fatto qualcosa di meglio nella sua carriera, ora avrebbe conquistato 25 Grand Slam? Criticare è sempre molto facile, ma io sono molto in pace con la mia carriera. Ho sempre fatto le cose nel modo in cui pensavo di doverle fare in quel determinato momento, poi impari e vedi se ci sei riuscito o meno. […] Ho avuto una carriera ventennale. Sono il terzo giocatore della storia con il maggior numero di Slam giocati di fila, che riflette una certa continuità; penso che siano numeri molto buoni. Che poi sia stato più o meno stabile è un’altra cosa. Poteva andare meglio, sì, ma poteva anche andare peggio“.
DA RAFA A DUDI – Una piccola rivincita su Rafa, Fernando se la prese nel 2016 proprio in Australia ma anche lì in un certo senso rimase con l’amaro in bocca. “Nel 2016 l’ho battuto al primo turno in Australia e ho perso al secondo turno con Dudi Sela, ma non credo di averla persa per via della pressione di aver battuto Rafa; quello che è successo è che fisicamente ero abbastanza stanco dopo altri cinque set, sia mentalmente che fisicamente. La logica dice che se batto Nadal, devo battere Sela… ma anche Dudi Sela gioca molto bene a tennis, quindi se non giochi bene perderai. Tutte le sconfitte fanno male, indipendentemente dall’avversario. Fanno più male a seconda del round o delle circostanze della partita”.
La voglia di continuare a competere è ancora ben presente in Verdasco e dunque la data del ritiro non è stata ancora fissata, tuttavia il pensiero c’è e anche lui ne è consapevole. “Sono realista, ho quasi 38 anni, so che la mia carriera non sarà eterna. Non so se continuerò ancora un anno, due o tre da professionista. Per ora questa esperienza da capitano sarà bellissima per il futuro”.