Nonostante sia passata da parecchio la mezzanotte, la prima conferenza stampa di Jannik Sinner da Top 10 “virtuale” è discretamente affollata, anche se i giornalisti della stampa internazionale che erano sempre stati presenti durante la settimana hanno optato per saltare quest’appuntamento e forse andare a dormire.
“Non era facile. C’erano tante cose assieme a cui pensare in questa partita – ha detto all’inizio Sinner – All’inizio siamo partiti tesi. Mi son sciolto prima io, ma poi ha fatto meglio lui. Dopo il break sul 5-5 anche nel primo game del secondo non ha servito benissimo, ho provato a spingere e questo mi ha portato alla vittoria“.
“È vero che nelle ultime partite sono partito subito bene nel secondo. Ma non vuol dire nulla. Le partite son più normali quando sei 3-3, 4-4. Invece quando parti bene sei più tranquillo quando servi. Non credo ci sia una spiegazione esatta. Quando ho una chance cerco di prenderla e così ho fatto, mi ha dato tranquillità. Però ho anche recuperato da 15-40 dopo che ho preso il doppio break. Se vince il game lui torna in scia. Io mi son tirato fuori da lì e alla fine è andata bene“.
In palio in questo venerdì sera a Vienna c’erano tante cose: il n. 10 della classifica ATP, il n. 9 nella Race, la continuazione della serie positiva di match indoor (11 incontri). “Ovvio che son contento della top 10. Sapevo tutte le implicazioni che c’erano dietro questa partita prima di scendere in campo. C’è tanta pressione. Però la cosa più importante è la prestazione, oggi è stata buona. Sto gestendo per il momento tutto bene. Ma in un altro senso ci si gioca tutto a Parigi, come sempre. Ogni anno gli ultimi 1-2 posti si assegnano lì. Vedere il numero 10 è molto bello. Ripensi a quanto lavori quandi fai questo risultati. Dall’altro senso si prova ad andare avanti. Poi se il mio massimo è 10, è 10. Speriamo di no. La cosa più importante è sempre migliorare e cercare di fare prestazioni buone e solide. Sono felice della mia stagione, vedremo poi dove sarò alla fine.”
“I risultati non arrivano se lavori bene per una settimana. Questi risultati sono il frutto del lavoro iniziato sei mesi fa. In più si gioca indoor, i campi mi piacciono. Però c’è tanto lavoro e dedizione allo sport. Sono pronto a investire, assieme al mio team. Questo è uno dei momenti in cui puoi vedere dei risultati. Ora continuiamo con questa voglia di migliorare. Spero che quando avrò un altro periodo in cui sarà così in fiducia potrò esprimere un livello ancora più alto. Ci saranno momenti anche in cui giochi male.“
Ma non c’è davvero tempo per festeggiare. Poco meno di 15 ore, il minimo regolamentare, e bisogna tornare in campo contro Tiafoe: “Ora faccio il lavoro col fisio. Ieri però dopo la partita siamo andati ad allenarci. Noi come team stiamo provando a mantenere questo ritmo ma anche a migliorare alcune cose. Non sapevo che nel regolamento ci fosse un limite di ore, però gioco con quello che ho. Avrò comunque abbastanza tempo per dormire”.
“La cosa che mi soddisfa di più è come sto gestendo le cose attorno a me. Il mio team mi spinge, qui poi ci sono tutti, compresi familiari e amici. Oggi ho servito meglio di altre partite e questo mi ha dato fiducia anche nei momenti difficili. Tiafoe ti prende il tempo e sarà una partita difficile”.
Inevitabile il parallelo tra Sinner e il diciottenne Alcaraz, vincitore di Berrettini, che sta dimostrando grandissimi progressi: “Carlos è già uno dei migliori al mondo per me. Sia per come gestisce la partita, sia per la sua forza fisica. Io due anni fa non ero così. Oggi il terzo set era un livello altissimo contro Matteo, che ha comunque tanta esperienza. Lui a 18 ha vinto 7-6 al terzo e questo ti dice tanto. Ha ancora margine credo. A 18 anni non sei completo, anche se fisicamente non dimostra 18 anni ma di più. È molto forte anche mentalmente e ha grande un team dietro, con Ferrero che ti può dare tanto. Lavora duro, è molto professionale ed è giusto che stia nella posizione dove si trova. Il ranking è solo un numero, ma per il livello che sta tenendo può stare molto in alto. Ma non dimentichiamoci di Matteo eh…”