Rafael Nadal, ancora oggi, scrive e mangia con la mano destra: è un destrimano naturale. Ma è impugnando la racchetta con la mano sinistra che ha vinto venti Slam, tredici dei quali sulla terra rossa di Parigi: un record che sembra davvero difficile da battere.
Il fatto è che essere mancini a tennis conviene: lo dice l’intuito (giocare contro un mancino è inusuale per l’avversario, e inoltre, sul vantaggio e sulla singola palla break, il mancino può servire dal suo lato più naturale, cioè da sinistra) e lo confermano anche i numeri. Si stima che, nel mondo, ci sia un 10,6% di persone mancine. Ci si aspetterebbe quindi di trovare 10 o 11 tennisti mancini nella Top 100 mondiale: sono invece quindici, grosso modo il 50% in più, a testimonianza statistica di tale vantaggio.
E in forza di questa considerazione, fin da bambino (non è chiaro quanto spontaneamente e quanto su indicazione dello zio Toni, suo primo coach) Rafa Nadal si abitua a giocare con la sinistra. Diventa cioè mancino, per quanto riguarda il tennis. Già questo ci dice molto rispetto alla sua personalità e alla sua forza di volontà: ma con ancor più chiarezza parlano i successi che il maiorchino ha saputo accumulare in venti anni di carriera.
Palmarès
Esordisce a livello ATP giovanissimo nel 2001, a quindici anni. Poco dopo, vince il suo primo match nel circuito maggiore, sconfiggendo Ramon Delgado. Prima di Nadal, soltanto nove giocatori nell’Era Open erano riusciti ad aggiudicarsi una vittoria in una partita ATP prima di compiere sedici anni. Due anni più tardi, nel 2003, Nadal si aggiudica due titoli Challenger e chiude l’anno tra i primi cinquanta giocatori del mondo. Nello stesso anno, Rafa rivela il proprio talento al grande pubblico raggiungendo il terzo turno di Wimbledon, all’esordio. Ma è nel 2004 che si ha una vera e propria svolta: Nadal sconfigge Federer, numero 1 del mondo, a Miami, e contribuisce alla vittoria della Coppa Davis da parte della Spagna battendo Andy Roddick, allora numero 2 del mondo, in finale.
La stagione successiva è quella della consacrazione, in particolare sulla terra battuta, di gran lunga la superficie preferita dal maiorchino, specialmente in giovane età. Con un’impressionante serie di 24 vittorie consecutive, il non ancora ventenne Nadal vince il titolo a Monte Carlo, a Roma e poi a Parigi, dopo aver sconfitto Federer in semifinale: è il suo primo Slam. Nel corso del 2005, si aggiudica undici titoli, nove dei quali sulla terra battuta. La rincorsa alla prima posizione del ranking mondiale però sembra, nonostante lo straordinario successo, decisamente complicata. Federer vive il suo periodo d’oro, e lo svizzero, pur costretto a rassegnarsi al ruolo di seconda forza sulla terra, sembra più forte sul cemento e addirittura inavvicinabile sull’erba e indoor.
Tre anni dopo però, nel 2008, gli incessanti miglioramenti di Nadal lo portano a vincere per la prima volta a Wimbledon, battendo proprio Federer in cinque set, in una finale leggendaria. Nello stesso anno Rafa vince anche l’oro olimpico a Pechino, e diventa numero uno del mondo. Nel corso del 2009 viene sconfitto a sorpresa da Soderling a Parigi ed è costretto, nonostante la prima vittoria in Australia a inizio anno, a cedere nuovamente lo scettro a Federer, in una rivalità che proietta il tennis in una nuova dimensione, in termini di qualità di gioco ma anche di interesse da parte del grande pubblico.
Nel 2010, Nadal vince per la prima volta lo US Open, sconfiggendo in finale un altro grande rivale, Novak Djokovic. Completa così il Career Grand Slam, ovvero vince almeno una volta in carriera tutti e quattro i tornei dello Slam. Pur dovendo guardarsi da due veri e propri fenomeni come Federer e Djokovic, saprà riconquistare la prima posizione mondiale nel 2013, e poi nel 2017 e ancora, forse un po’ a sorpresa, nel 2019. Nonostante qualche infortunio infatti, Nadal non si ferma, e non si placa la sua sete di vittorie, specialmente a Parigi: nel 2020, proprio in terra di Francia, conquista il suo tredicesimo Roland Garros, e ventesimo Slam.
Quali segreti hanno permesso a Rafa di essere così vincente e così longevo? Proviamo ad analizzare i dati dei suoi match alla ricerca di qualche spunto. Data anche la disponibilità di dati tracciati con precisione, la nostra analisi si focalizzerà sulla seconda fase della carriera di Nadal: a partire dal 2011 fino a oggi, e sui match giocati nei tornei del Grande Slam.
UNO SGUARDO D’INSIEME
Prima di approfondire l’analisi, alla ricerca di pattern vincenti e perdenti, cerchiamo di averne una visione d’insieme, inquadrando lo stile di gioco di Nadal con una serie di statistiche, i cui valori medi sono mostrati in Figura 1, separatamente per superficie di gioco.
Colpisce innanzitutto la grande familiarità che Nadal, nella sua seconda parte di carriera, ha saputo trovare anche con l’erba di Wimbledon: il saldo tra vincenti ed errori non forzati sull’erba è infatti davvero impressionante, così come notevole è la statistica degli ace, se confrontata con altre superfici. Anche Berrettini, dopo la semifinale persa a Flushing Meadows nel 2019 (addirittura sul cemento, la superficie tutto sommato meno amata dal maiorchino), ha messo in evidenza in effetti come il servizio di Nadal non sia certo il colpo più appariscente, ma sia dotato di grande precisione ed efficacia.
Il numero medio di discese a rete, che si riduce progressivamente a mano a mano che la superficie diventa più lenta, è ulteriore testimonianza, ove mai ce ne fosse bisogno, dell’intelligenza tattica di Nadal, che sfrutta l’ampiezza del proprio bagaglio tecnico per scegliere la strategia più adatta, in funzione della superficie (e dell’avversario). Un secondo set di statistiche, mostrato in Figura 2, può esserci d’aiuto nel farci un’idea ancora più precisa:
Salta all’occhio la percentuale di match vinti sulla terra di Parigi, che si avvicina al 100% (66 vittorie su 68 partite dal 2011 a oggi, 97%). Possiamo leggere questa statistica anche in altro modo: soltanto Djokovic, per due volte (nel 2015 e nel 2021) ha saputo sconfiggere Nadal al Roland Garros negli ultimi dieci anni. Rafa non conquisterà il titolo neanche nel 2016, ma in questo caso non viene sconfitto sul campo: è costretto a ritirarsi a causa di un problema al polso dopo aver superato Facundo Bagnis al secondo turno.
Le altre statistiche ci ricordano una volta di più la grande solidità al servizio, con un rendimento regolare su tutte le superfici. Molto interessante anche il rendimento nelle discese a rete che si avvicina o addirittura supera l’80%. Ancora una volta, osserviamo come Nadal non soltanto abbia, specie quando si sposta sulla destra per giocare il dritto inside-out, un colpo unico, e definitivo, ma faccia anche della propria capacità di leggere la partita e l’avversario una delle sue armi migliori. Si presenta a rete più o meno spesso in funzione di quanto è conveniente farlo e, come testimonia la sua efficacia su tutte e tre le superfici, raccoglie ottimi risultati.
Dopo aver dato uno sguardo a diverse statistiche, considerate una alla volta, proviamo ora a chiederci quali combinazioni di variabili e valori, quali pattern, risultino più predittivi rispetto alla vittoria o alla sconfitta del giocatore più vincente di sempre sulla terra.
I PATTERN PIÙ SIGNIFICATIVI, GLI ELEMENTI-CHIAVE DEL GIOCO DI NADAL
In particolare, chiediamoci quale o quali tra le varie statistiche di gioco (che rappresentano le nostre variabili di input) si rivelino decisive, e in che modo, rispetto alla vittoria o alla sconfitta nel match (che rappresenta la nostra variabile di output). Impostiamo cioè, in altre parole, un problema di classificazione.
Per maggiore chiarezza, facciamo in modo che l’algoritmo di classificazione utilizzato restituisca automaticamente, sulla base delle variabili a disposizione, un modello costituito da un insieme di regole, che rappresentano i pattern statisticamente più significativi che conducono Nadal alla vittoria o alla sconfitta. Di seguito, illustriamo le tre regole più significative così calcolate:
- “Se Nadal concede meno di otto palle break, se commette mediamente non più di 0.6 errori non forzati più dell’avversario per set e se non subisce, in media per set, oltre 6.3 ace più di quelli che riesce a mettere a segno, allora si aggiudica la partita”. Il pattern si è verificato in 127 casi e, in tutti e 127, Nadal ha vinto il match.
- “Se Nadal, nelle sue discese a rete, ha un’efficacia che supera quella dell’avversario di almeno il 12.5% e si procura almeno sette palle break, allora vince la partita”. Il pattern è meno generale, ma altrettanto preciso: si è verificato 74 volte, e si tratta di 74 vittorie di Nadal.
- “Se Nadal ha una percentuale di punti vinti sulla prima inferiore all’avversario di più del 5.1%, viene sconfitto”. La regola si è verificata, fino a oggi, undici volte e in tutte queste occasioni, il campione spagnolo è stato effettivamente sconfitto.
Sulla base di regole come queste, considerando che quanto più una caratteristica del gioco compare come condizione rilevante all’interno di tali pattern, tanto più potremo definirla un elemento-chiave del gioco di Rafa. Potremo quindi, sulla base dei dati, stilare un feature ranking, ovvero una sorta di classifica dei vari aspetti del gioco, distinguendo quelli che, in misura maggiore, da soli o in combinazione con altri, si rivelano decisivi.
Le prime due feature ci dimostrano come le probabilità di vittoria di Nadal aumentino notevolmente se è lui a fare la partita, concedendo poche chance all’avversario (poche palle break, come da prima feature) e mettendo a segno più vincenti (seconda feature). Ci tornano in mente molti match leggendari di Rafa, diversi con Federer, in cui il maiorchino “mette all’angolo” (in genere, all’angolo sinistro, sul rovescio) l’avversario e non gli lascia spazio per iniziative, se non molto rischiose, spesso inducendolo all’errore.
A ulteriore sostegno di tale interpretazione, possiamo interpretare la terza e la quarta feature: se, oltre a impedire all’avversario di fare il suo gioco, Nadal è più incisivo a rete (terza feature) e sa crearsi molte occasioni di break (quarta feature), le probabilità di vittoria crescono. Come quinta feature, vediamo il numero di set dell’incontro, correlato inversamente con la vittoria di Nadal. In altre parole: se il match si risolve in pochi set, è improbabile che Nadal venga sconfitto. Ovvero: anche nelle (rare) occasioni in cui Nadal perde, vende cara la pelle. E anche questa, senz’altro, è una conferma e non una sorpresa.
In conclusione, proviamo a porci, alla luce dei dati, la domanda che agita i sonni di molti tennisti da ormai quindici anni: come si fa a battere Nadal sulla terra? Chiediamoci cioè cosa, a livello di dati, distingua le due sconfitte con Djokovic del 2015 e del 2021 da tutti gli altri match disputati e vinti da Nadal a Parigi, dal 2011 in poi. Scopriamo così che in occasione di quelle due sconfitte, e di nessuna delle sessantasei vittorie sulla terra di Parigi negli ultimi dieci anni, Rafa ha ottenuto meno del 41.6% di punti sulla seconda di servizio. L’aggressività nei game di risposta quindi, specie sulla seconda (complice il fatto che il vincitore, Djokovic, è dotato di una delle migliori risposte di tutti i tempi) ha pagato, costringendo Nadal a non essere in controllo della situazione, subendo la pressione dell’avversario.
Un piano tutto sommato semplice a dirsi ma, naturalmente, molto più difficile da attuare. Sicuramente, anche nei prossimi anni, non mancherà, soprattutto tra i tennisti più giovani, chi vorrà raccogliere, una volta di più, la sfida. E certamente Rafa, pur sicuramente nella fase finale della sua carriera, per ragioni anagrafiche, saprà essere ancora un cliente molto scomodo per tutti.
Nota: l’analisi e i grafici inseriti nell’articolo sono realizzati per mezzo del software Rulex
Genovese, classe 1985, Damiano Verda è ingegnere informatico e data scientist ma anche appassionato di scrittura. “There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor” (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche scrivere, divertendosi, possa essere un modo per cercare di socchiudere qualcuna di quelle porte, lungo quel corridoio senza fine. Per leggere i suoi articoli visitate www.damianoverda.it