Next Gen, principino Alcaraz (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Il principe Carlos. Alcaraz doveva essere e Alcaraz è stato: il prodigioso diciottenne di El Palmar, che era pure il più giovane delle otto stelle emergenti delle Next Gen, rispetta il pronostico e succede nell’albo d’oro a Chung, Tsitsipas e al nostro Sinner (nel 2019) dopo una finale con troppa tensione per essere pure bella. È facile ovviamente prevedere che il successo sul figlio d’arte Korda, che gli regala un’altra perla in questa stagione fantastica in cui è salito dal numero 141 di inizio anno al numero 32, rappresenterà solo la tappa iniziale di un percorso destinato a riscrivere gli albi d’oro delle racchette. Intanto, con 32 partite vinte in stagione, è diventato il più giovane dal 2004 a raggiungere questo traguardo e chi c’era riuscito allora si chiamava Rafael Nadal: a questo punto, le coincidenze sono troppo numerose per non incoronarlo suo erede, per le fortune della Spagna. E quando Carlito, emozionatissimo, saluterà il pubblico italiano con la consueta frase di prassi («Grazie , ci rivedremo il prossimo anno») il pensiero di tutti, più che a Milano, è corso a Torino, alle Finals dei grandi. La finale non ha offerto lo spettacolo dei giorni scorsi, ed è comprensibile perché le Next Gen rimangono un appuntamento che segna comunque gli inizi di una carriera. Alcaraz, soprattutto, ha faticato all’inizio a trovare il ritmo con il servizio, ma si è affidato alla maggiore solidità e alla maggiore completezza tecnica per cogliere i punti decisivi nei momenti più caldi, in particolare nel tiebreak del primo set che ha finito per indirizzare la sfida. E quando ha ritrovato pure la battuta, non c’è più stata storia: «Sono molto eccitato e contento, questo era un obiettivo di stagione. Sin dalla scorsa preparazione, la crescita al servizio è stata uno degli obiettivi principali. Nel 2020 avevo affrontato dei problemi all’addome in un paio di occasioni, così abbiamo lavorato per aggiustare la meccanica. Ha funzionato. Nel tennis di oggi il servizio rappresenta un’arma molto importante. Ma essendo molto giovane mi restano ancora tanti punti deboli e tanti aspetti sui quali posso migliorare. Ma per questo mi affido totalmente al coach». Lui, Juan Carlos Ferrero, ex numero uno del mondo, se lo mangia con gli occhi: «Nell’ultimo anno Carlos ha vissuto un’evoluzione fisica importante. Quando giocò i suoi primi match nel circuito, spesso era preda dei crampi, si sentiva svuotato di energie. Adesso ha rafforzato i muscoli e si sente competitivo alla fine come all’inizio della partita. Questo è uno step decisivo per arrivare in alto».
Berrettini: Sento la pressione ed è bellissimo (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)
Ha osservato un passato lontano per costruire un grande futuro vicino. Matteo Berrettini si è concesso ieri una visita al Museo Egizio di Torino. «Studiare storia aiuta a capire anche il presente» ha detto Berrettini, che si è fermato per tre ore insieme alla fidanzata Ajla Tomljanovic e all’allenatore Vincenzo Santopadre. La storia è soprattutto pronto a scriverla. Il romano è il primo italiano a disputare per due volte il torneo di fine stagione a cui sono ammessi solo gli otto migliori giocatori del mondo durante l’anno. Due anni fa, a Londra, diventò anche il primo azzurro a vincere un match in singolare nella storia del torneo. Ci arrivò dopo una lunga rincorsa lanciata con la memorabile semifinale allo US Open. «All’epoca fu una festa già solo il fatto di essermi qualificato, adesso il mio percorso di qualificazione è stato totalmente diverso — ha detto -. Avere queste pressioni è bellissimo». Il lavoro di squadra adesso ha un’altra dimensione, proprio perché diverso è lo status del numero 1 azzurro. Berrettini oggi è un top player maturo e consapevole. Non prende niente del suo lavoro alla leggera, ma non si prende nemmeno troppo sul serio. Nella sessione di ieri ha martellato da fondo, ha cercato di prendere le misure con il servizio e il diritto da sinistra, due colpi barometro del suo gioco da cui passano le sue chance di vittoria. Ma si è preso anche il gusto di un tweener sulla riga. «Vedrete un Berrettini diverso, ho grandi aspettative» ha promesso nella conferenza stampa della vigilia. Stasera, contro Zverev, lancia la sua sfida. È una partita potenzialmente già decisiva per il passaggio alla semifinale in un girone che comprende Daniil Medvedev, da lui definito «gommoso», e il polacco Hubert Hurkacz che ha sconfitto in semifinale a Wimbledon. Lui e Zverev rappresentano due modelli del tennis di oggi e domani, che richiede potenza e velocità di pensiero. […]
«Matteo, si può» (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Appuntamento con coach Vincenzo Santopadre. Vincenzo, quando ti sei accorto di crescere un campione? «Matteo non ha certo avuto una carriera da predestinato. Tutt’altro. Eppure, certi segnali che inviava da ragazzino, che oggi si sono trasformati nelle travi portanti del suo essere giocatore e uomo, se qualche anno fa mi sorprendevano, oggi che lo conosco come un figlio, addirittura mi sbalordiscono. Parlo di carattere, ovviamente. I colpi ci sono sempre stati, e che l’impatto con il Tour li avrebbe necessariamente perfezionati e resi più solidi era una scommessa non così difficile da vincere. La sorpresa è giunta dall’osservazione della sua crescita personale, da giovane uomo qual è diventato. Sempre intrigato dalle novità, sempre stimolato dall’idea di poter migliorare un aspetto del proprio carattere. È questa forza di volontà che lo sta spingendo in alto. E gli farà da corazza negli anni a venire».
Che cosa ha aggiunto 2021 a quello che già sapevi su Matteo?
La consapevolezza. Matteo l’ha definitivamente conquistata. In tutte le sue forme, direi. Consapevolezza della sua forza. Consapevolezza di essere ornai pronto per la grande impresa. E la grande impresa, lo potete immaginare, è quella di vincere uno dei trofei che fanno la storia del nostro sport. Un torneo del Grand Slam. Ma anche le Finals. Magari proprio queste… Matteo ci tiene da morire.
I titoli che fanno la storia Ii vincono in pochi. E’ come entrare nel Club più esclusivo del nostro sport?
Sì, è così. Ho letto da qualche parte che i vincitori di un torneo Slam, da che tennis è tennis, sono 150, forse 151. E da venti anni, a parte i Big Three, hanno fatto festa davvero in pochi. Matteo vuole appartenere a quel gruppo. E’ il nuovo salto di qualità che chiede a se stesso. Da tre stagioni è nel gruppo dei più forti, ma lui non si accontenta di rimanerci. Si pone obiettivi più alti e così facendo motiva se stesso. È successo che nelle tre settimane che vanno dal Queen’s a Wimbledon, Matteo ha sentito che la qualità del suo tennis ne è uscita consacrata. I più forti lo trattano da pari a pari, lo temono, lo studiano. Una grande iniezione di fiducia. Io so che Matteo è pronto. Non so quando capiterà, e se capiterà davvero. Ma sono convinto che lui ormai abbia le carte in regola perché l’evento possa davvero prendere forma. Il mio compito è scortarlo verso questi traguardi, se si creeranno le opportunità. Spero di essergli d’aiuto.
Veniamo alle Finals. Sorteggio duro per Matteo…
Resto convinto che possano vincere tutti, nessuno escluso. Anche Ruud, che nel mazzo sembra il più sacrificabile e invece è giocatore di risorse incredibili. Dunque può vincere anche Matteo. Per il nostro tennis sarebbe un’affermazione grandiosa, e anche un’assicurazione per gli anni a venire. Sono convinto che Matteo e Jannik non siano meteore. Berrettini lo ha già dimostrato, Sinner – che ha sfiorato la qualificazione, e a 20 anni sarebbe stato un colpo incredibile – lo sta facendo grazie alle sue doti che sono uniche. Tra i due c’è amicizia e rivalità. Sono destinati a stare lassù a lungo. […]
Maestri in cattedra (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Notte di stelle. Una brillerà subito della luce della vittoria, l’altra dovrà dimenticare in fretta la prima eclisse. È vero che le Finals, con la loro ormai consolidata formula a gironi, sono l’unico torneo individuale del tennis a concederti una seconda chance, ma iniziare la settimana dei Maestri con il balsamo adrenalinico di un successo cambierebbe le prospettive tecniche e psicologiche nel girone più difficile. A chi saranno riservati gli orizzonti di gloria? A Sascha Zverev, che il Masters lo ha già vinto nel 2018 e negli ultimi quattro mesi ha perso appena 3 partite vincendone 27, oppure all’enfant du pays Berrettini, che battezza lo storico debutto in Italia dell’evento più importante dell’Atp con una presenza carica di attese e anche di legittime ambizioni? Sfida complessa e affascinante, in cui il calore del pubblico torinese per Matteo potrebbe rivelarsi un alleato potentissimo soprattutto se la partita si snoderà sul filo dell’equilibrio. Sarà il quinto confronto diretto, con il tedesco che guida per tre successi a uno. Tre incroci, pero, risalgono al 2019. Di quell’anno è pure l’unico match fin qui disputato dai due sul veloce seppur outdoor (a Shanghai), indicativo ma troppo lontano nel tempo per trarne previsioni sul match di stasera. Piuttosto, bisogna tornare alla finale di maggio a Madrid, l’ultimo testa a testa: è vero che il Masters 1000 della Caja Magica si gioca sulla terra, ma le particolari condizioni determinate dall’altitudine lo rendono più vicino a un torneo su una superficie rapida. E lì, per un set e mezzo, Berrettini dominò l’avversario, prima di un lieve calo che riporto in partita Zverev, cui poi basto limitare gli errori nel terzo set per alzare la coppa. Da quel match, però, l’allievo di Santopadre ha definitivamente preso consapevolezza del proprio valore. Soprattutto, da quel pomeriggio spagnolo, dovrà portarsi l’insegnamento tecnico che allora gli permise di controllare la sfida per più di un’ora: alte percentuali di prime e ricerca del punto con il dritto già nel primo colpo a rimbalzo, perché Zverev è vulnerabile se lo scambio non si allunga. Le statistiche aggregate della stagione (ace, doppi falli, percentuale di servizi vincenti dal lato della parità e da quello del vantaggio) confermano che Matteo è il più forte battitore del circuito, ma anche Sascha si ritrova nella top five. «Certo sarà dura — confessa Berrettini — ma anche gli altri due non li definirei incontri facili. Tutti i giocatori sono forti a questo livello, ma l’esordio sarà senz’altro complicato, quest’anno Sascha ha vinto tanto e ha tanta fiducia in se stesso. Ha già vinto questo torneo e sa cosa aspettarsi. Abbiamo fatto delle belle partite in passato. Se preferivo Tsitsipas? Anche con lui non ho mai vinto, sarebbe stata dura in ogni caso».
Atp Finals, da festa a trattativa sui biglietti (Stefano Semeraro, La Stampa)
La vigilia delle Atp Finals doveva essere una festa ed è diventata una trattativa. Un tentativo frenetico di placare la rabbia degli spettatori che a due giorni dal via si sono visti cancellare i biglietti – già pagati, spesso da mesi – a causa del no del Comitato tecnico scientifico alla deroga sulla capienza del Pala Alpitour, che avrebbe consentito di passare dal 60 al 75 per cento: una differenza di 1.500 tagliandi per ognuna delle due sessioni quotidiane. La soluzione, spinta dal Presidente della Fit Angelo Binaghi in una riunione del Comitato organizzatore, prevede un 7,5 di più di spettatori, una mediazione fra il 60 per cento che impone il Cts e il sospirato 75. Per oggi, prima giornata delle Finals, si resta al 60 (anche se una nota Fit sottolinea che si cercherà di «razionalizzare la distribuzione degli ingressi per fare accedere più spettatori possibile, sempre nel rispetto delle linee guida») da domani, a Roma piacendo, si vedrà. La sensazione è che uno spiraglio ci sia. Restano la figuraccia planetaria e una gestione approssimativa della faccenda. La sottosegretaria Vezzali, il governo, la Fit stessa da giorni davano per certa la deroga, ora si scopre che dietro c’erano solo promesse. «In città c’è gente arrivata da tutta Italia, qualcuno anche dall’estero», attacca il vicepresidente del Comitato organizzatore delle Finals Paolo Damilano. «Il comitato tecnico scientifico non può fare un simile passo indietro a 48 ore dall’inizio di un evento di questa portata». Comprensibilmente, sui social la furia è montata. Gli organizzatori giurano che a loro il Cts aveva dato la certezza della deroga («non siamo autolesionisti, il decreto era già pronto alla firma»), e chiariscono che il meccanismo delle conferme e delle disdette è cronologico ma dipende anche dalle sessioni e dai settori. C’è chi a gennaio ha prenotato un settore già strapieno ed è rimasto fuori, e chi, più recentemente, ha scelto orari e posti meno affollati e si godrà lo spettacolo. «Abbiamo operato con la massima correttezza – sottolinea Binaghi – ma a nome del Comitato Organizzatore esprimo solidarietà a coloro che non potessero veder premiata la propria passione. A loro, oltre al rimborso, riserveremo, se lo vorranno, un trattamento di favore nelle prossime edizioni». I rimborsi scatteranno dall’1 dicembre, «secondo le tempistiche amministrative». Che purtroppo non sono le ragioni della passione