Intervistato dalla DPA (Deutsche Presse-Agentur), il presidente del Comitato Olimpico Thomas Bach ha cercato di ridimensionare le critiche ricevute da più parti per il silenzio-assenso del CIO sul caso Peng Shuai, la tennista cinese sparita dai radar in seguito alla denuncia di stupro ai danni di Zhang Gaoli, ex-vicepremier e membro di spicco del Partito Comunista cinese.
Durante il Q&A (a questo link la versione inglese), Bach ha più o meno abilmente utilizzato i truismi con cui gli appassionati hanno imparato a familiarizzare nelle ultime settimane. Quando si parla di questioni legate ai diritti umani, il CIO si appella al quinto principio del suo Charter, vale a dire la neutralità politica. Interrogato sui boicottaggi diplomatici annunciati, fra gli altri, dagli Stati Uniti (in realtà l’intervista è avvenuta prima della conferma ufficiale), ha detto: “Questa è una discussione puramente politica, e noi ci riserviamo il diritto di rimanere neutrali“. Curiosamente, però, buona parte dell’intervista è consistita di una sequela di risultati politici raggiunti dal CIO ed elencati dal suo presidente, dalle conversazioni diplomatiche in corso con i talebani alla mediazione fra le due Coree, ma evidentemente in questo caso neutralità uber alles.
Sull’impatto dei Giochi di Pechino 2022, invece, Bach ha detto: “L’aspettativa che le Olimpiadi possano cambiare un Paese, le sue leggi, o il suo sistema, è un’esagerazione. I Giochi non possono porre rimedio a questioni che generazioni di politici non hanno risolto“. Altrettanto curiosamente, il CIO implementerà dei criteri legati al rispetto dei diritti umani a partire dal 2024, come si può leggere sul suo sito – qui invece si possono consultare le raccomandazioni fatte dal gruppo che ha condotto lo studio sui criteri stessi. A quanto pare il comitato è diversamente neutrale, o almeno, lo sarà fra tre anni, fino ad allora liberi tutti.
IL CASO PENG
Quando si parla di Peng Shuai, secondo Bach bisogna cambiare campo: non si tratta più di neutralità politica ma di problematiche umanitarie (che tendenzialmente sarebbero pure loro politiche, ma non importa). Le sue parole, in questo senso, ricordano da vicino quelle utilizzate nei giorni scorsi dal presidente dell’ITF e membro del CIO David Haggerty, che ha addotto la permanenza dell’ITF in Cina al desiderio di “non punire un miliardo di persone” smanianti di giocare a tennis a fronte di una singola investigazione legata ai diritti delle donne. Ricordiamo che il CIO è l’unica entità esterna alla Cina a cui è stato consentito contattare la giocatrice.
Nei giorni scorsi, Bach ha quindi avuto una seconda videochiamata con Peng, commentando così: “Nelle due conversazioni che abbiamo avuto, Peng si è detta grata del fatto che abbiamo cercato di contattarla. Ha anche parlato della sua carriera, delle sue tre partecipazioni olimpiche e dell’impatto che la pandemia ha avuto su di lei. Continueremo ad avere conversazioni con Peng; bisogna rispettare lei e il suo approccio alla questione. Continueremo a comunicare anche con gli organi governativi e sportivi cinesi: vi assicuro che tutti gli aspetti della faccenda stanno venendo discussi“.
Secondo il presidente del CIO, la diplomazia sotterranea è l’unico modo di risolvere una problematica di questo tipo: “Secondo me ci sono due opzioni: o si prende una posizione pubblica, come ha fatto la WTA, o si sceglie l’approccio del contatto diretto come abbiamo fatto noi. La WTA ha preso una decisione ed è andata per la sua strada, molte altre organizzazione sportive ne hanno presa una differente. I nostri obiettivi però rimangono gli stessi“. Ciò che Bach sembra dimenticare o trasformare in reverse causation è che Steve Simon ha detto di aver tentato di contattarla in molteplici istanze, sia direttamente che attraverso la federtennis cinese; la decisione della WTA è arrivata come conseguenza del mancato contatto, non ne è stata la ragione. Allo stesso modo si può sostenere che il contatto fra le due parti sia stato il prodotto della neutralità del CIO.
Quando gli è stato chiesto se la giocatrice sia attualmente in pericolo, inoltre, Bach non ha esattamente dato una risposta diretta: “Sono rimasto molto toccato dalla nostra conversazione, non è stato facile averla in video. Posso solo riportare ciò che lei dice a noi. Le abbiamo offerto ogni tipo di aiuto possibile“. Interessante anche la giustificazione per il fatto che i contenuti delle chiamate non siano stati divulgati e per il fatto che le stesse non siano state registrate: “Puoi avere una conversazione con un’atleta che si trova in una situazione tanto fragile solo costruendo un rapporto di fiducia, e questo significa che il pubblico non può essere immediatamente informato dei contenuti del nostro dialogo“.
Oltre alle video-chiamate, Bach e Peng dovrebbero riuscire ad incontrarsi di persona in occasione delle Olimpiadi (sempre in Cina, dunque): “Ci siamo dati questo appuntamento durante la nostra prima conversazione. Le modalità dell’incontro dovranno essere concordate con Peng Shuai, ma dovranno anche essere in linea con le misure anti-COVID in atto durante i Giochi“. Questo però non significa che i contatti si interromperanno una volta finite le Olimpiadi di Pechino, stando alle parole del dirigente tedesco: “C’erano delle preoccupazioni riguardo alla sua salute fisica, ma possiamo affermare con certezza che questi sono stati dissipati attraverso i contatti personali che abbiamo avuto con lei. Questo sforzo umanitario proseguirà anche dopo la fine delle Olimpiadi“.
E perché dovrebbero interrompersi? In fondo, secondo Thomas Bach quanto successo a Peng Shuai non ha a che vedere con le problematiche del Paese in cui si disputerà la manifestazione a cinque cerchi: “Questa faccenda non ha niente a che vedere con le Olimpiadi. Piuttosto riguarda una questione umanitaria e personale che coinvolge un’atleta che ha disputato i Giochi tre volte; il nostro focus e il nostro impegno vanno in questa direzione a prescindere dal resto“.