Cari lettori,
Credo che mai come quest’anno, nel quattordicesimo Natale dacchè è nato Ubitennis, si abbia bisogno tutti di auguri che… funzionino davvero.
Sì perché, diciamo la verità, non è che quelli dell’anno scorso abbiano dato buoni risultati, al di fuori dei rettangoli di gioco per i tennisti italiani che ci hanno dato soddisfazioni inimmaginabili.
Un anno fa vivevamo tutti – o quasi – con la speranza che il preannunciato arrivo di vaccini efficaci ci tirasse fuori dalle angoscie del COVID che già tante vittime aveva lasciato dietro di sé nel 2020.
Scrivo da vaccinato con terza dose, affrontata serenamente perché in ogni campo (tennis compreso) preferisco confidare maggiormente in chi ha una riconosciuta competenza piuttosto che a chi non ce l’ha… e quando ci sono competenze in contrapposizione ritengo possa essere un criterio intelligente optare per quelle che riscuotono maggiore credibilità, senza tuttavia assumere posizioni fideiste e pur conservando quel pizzico di scetticismo che non dovrebbe però mai scivolare nel complottismo.
Ciò premesso, però, è evidente che un anno dopo tante speranze, ritrovarsi a vivere un Natale pieno di paure anche al momento di ritrovarsi insieme per una cena di famiglia, perché non sai se il fratello o il cugino ha avuto contatti con qualche “positivo”, non può che procurare un grande sconforto.
Soprattutto perché a causa di queste infinite varianti che adesso colpiscono perfino le creature più innocenti, i bambini, non vedi la luce in fondo al tunnel. Ti consoli certo – e non è poco – con la constatazione che il virus sembra meno virulento, che i vaccinati hanno maggiori chances di sfuggire agli ospedali e alle sale di rianimazione e intubazione per cui tanti, convinti o meno, scelgono il male minore, ma certo non è una situazione che ci possa far stare allegri e sorridenti.
Da genitore mi dispiace anche per i figli che da un paio d’anni non possano più vivere una vita normale, di affetti, di passioni ravvicinate, di uscite spensierate. Poi magari penso che rispetto ai miei genitori, ai miei nonni, a tutti gli antenati, io e mia moglie – e anche i miei figli – abbiamo avuto la fortuna di essere la prima generazione italiana che ha scampato una qualsiasi guerra… ma questa pandemia ha pur sempre portato con sé nella sola Italia oltre 136.000 lutti.
Poiché però di queste storie sono pieni tutti i media, non mi pare il caso di insistervi e deprimervi ulteriormente, perché già si teme di fare una sciocchezza a festeggiare davanti a un panettone e a quattro familiari stando chiusi in casa e tristemente attenti al primo starnuto (sarà mica Omicron?), a non abbracciarsi con troppa effusione – non si sa mai – a guardare con sospetto il cugino più vicino (sarà mica “positivo” proprio lui? Mettiamo le mascherine o no? Ma se si sta a tavola per 2 ore come ai bei tempi del Natale che fu come si fa? Rigorosi o fatalisti?), mentre i tamponi vanno a ruba nelle farmacie, molto più dei dolci che avevamo prenotato nelle pasticcerie e ci siamo ritrovati a sfissare, non senza qualche imbarazzo.
E allora teniamoci stretti, se non le persone, insieme agli affetti anche le passioni. Quella del tennis ad esempio, giusto per dirne una che mi sta particolarmente a cuore e che mi è stata “sorella” per tutta una vita. Un po’ come il giornalismo, altro amore mai tradito.
Meno male che c’è stata lei, sì, l’immutata passione per il tennis. Anche quest’anno. Mi ha tenuto compagnia sempre, anche quando mi sono ritrovato obbligato a starmene a casa, per il primo anno in oltre 30 anni senza Australian Open e senza US Open, due Slam su 4. Nemmeno fossi Federer.
E ringrazio anzi la buona sorte che mi ha permesso di andare a seguire a… teatro, in prima fila, gli Internazionali d’Italia al Foro Italico, il Roland Garros, Wimbledon, le Olimpiadi di Tokyo, le finali ATP (Next Gen a Milano e quelle di Torino), la Coppa Davis a Madrid. A contar tutti quei giorni…sono quasi 90, un quarto del 2020.
Guai a lamentarsi allora, soprattutto perché il tennis italiano ha vissuto un’annata indimenticabile, assolutamente straordinaria. Inimmaginabile, come ho già scritto sopra.
Ripercorrerla tutta significherebbe recuperare tutte le settimane in cui un tennista italiano è stato protagonista di una finale o di una semifinale di un torneo dei due circuiti maggiori, ATP e WTA – siamo arrivati al punto che i quarti di finale li snobbiamo! – ritrovare quella settimana in cui gli azzurri tra i Top 100 erano addirittura dieci per riscoprire che a fine anno ne abbiamo due addirittura fra i primi 10, quando per quarant’anni e passa non avevamo avuto più neppure uno; ricercare in 136 passate edizioni dei leggendari Championships di Wimbledon dal 1877 al 2019 l’anno in cui Nicola Pietrangeli, 61 anni fa, anno 1960, aveva giocato una semifinale all’All England Club. Fino a che Matteo Berrettini, nello stesso giorno in cui gli azzurri del calcio conquistavano un insperato titolo europeo a Wembley, qualche ora prima a Wimbledon non ci faceva sognare addirittura di poter conquistare il trionfo più prestigioso del nostro sport: aveva strappato il primo set al tiebreak al n.1 del mondo Novak Djokovic, il serbo che lo aveva fermato a Parigi e che lo avrebbe stoppato nuovamente a Flushing Meadows.
E poi c’è stata l’escalation di Jannik Sinner, da n.37 all’inizio dell’anno a n.10 a fine 2021. Quattro tornei vinti, una finale di Masters 1000 persa non senza rimpianti, perché Hurkacz è meno giovane ma non è migliore di Jannik e credo che nel 2022 ne avremo la riprova.
Quando si dice che…sognare non costa nulla. Un anno fa su queste stesse pagine, questo stesso giorno, avevo scritto quanto sarebbe stato bello pensare di poter avere due tennisti italiani impegnati nella finali ATP di Torino, le prime ospitate nel nostro Paese. Sembrava quasi impossibile, sia a coloro che pensavano che Matteo fosse quasi un usurpatore di un posto tra i top-ten, sia a quanti sostenevano che l’entusiasmo per i primi exploit di Jannik, fosse eccessivo. E anche il fatto che Lorenzo Sonego, vincitore a Cagliari, si avvicinasse ai top-20 e lo ritrovassimo a fine anno a n.27 del mondo, e quindi sicura testa di serie in Australia, non era per nulla scontato.
Così come pareva che il roseo avvenire dipinto per la nostra squadra di Coppa Davis, sulla scia della finale raggiunta nell’ATP Cup, fosse mera illusione. Non è andata bene a Torino con la Croazia, ma non credo di essere il solo a pensare che se avessimo potuto disporre del nostro n.1 Berrettini – sfortunatissimo a Torino come già lo era stato a Melbourne 10 mesi prima – avremmo potuto raccontare tutta un’altra storia.
Non sapevamo di poter raccontare quella di una Camila Giorgi finalmente vittoriosa in un grande torneo, l’Open del Canada. Temevamo di dover spendere ancora tante righe nostalgiche al ricordo di quella finale dell’US Open 2015 giocata da Flavia Pennetta e Roberta Vinci, invece abbiamo vissuto ancora qualche momento di gloria. Grazie anche a Jasmine Paolini (notevole la sua ascesa, bravo Renzo Furlan), Martina Trevisan, Sara Errani (altra irriducibile), Lucia Bronzetti, Elisabetta Cocciaretto da cui attendo altri progressi.
E dobbiamo ringraziare anche tutti gli altri tennisti italiani che ci hanno offerto giornate da raccontare, tutti coloro che si sono inseriti, o confermati, tra i top-100 nell’arco dell’anno, dal giovanissimo Musetti che ci ha entusiasmato ad Acapulco e in maniera incredibile quando ha strappato i primi due set a Djokovic a Parigi, al meno giovane Fognini che non molla – anche come papà: tre figli non sono pochi al giorno d’oggi con tanta natalità decrescente nel nostro Paese! -, a tutti gli altri, con una menzione speciale per Andreas Seppi, un esempio per tutti sotto più punti di vista che dovrebbe ispirare – visto che il coach è il medesimo, Massimo Sartori – Marco Cecchinato a ripercorrerne le orme almeno sulla terra rossa… visto che continuo a considerare il suo exploit con la semifinale al Roland Garros 2018 come la password che ha persuaso tutti i tennisti italiani che arrivare a giocarsi le tappe finali di uno Slam non sarebbe stato impossibile a patto di crederci e lavorare seriamente.
Per la Federtennis è stato naturalmente un anno tutto da festeggiare, anche a livello organizzativo. Non più soltanto un numero sempre importante di Challenger, ma anche tornei ATP quali quelli di Cagliari e Parma (quest’ultimo sia a livello WTA che ATP), WTA a Palermo, le finali ATP e la Davis a Torino che hanno fatto registrare un successo più che discreto considerate tutte le circostanze. Credo che nel 2022, sulla base delle esperienze compiute, si potrà fare ancora meglio riguardo a più settori. Ubitennis cercherà di riferire con obiettività, raccogliendo le critiche dei lettori ma raccontando anche i meriti di chi lavora per costruire qualcosa di solido.
Per il tennis internazionale ho accennato già nel video che il 2021 ha sofferto per gli infortuni toccati ai due grandi vecchi, Roger Federer e Rafa Nadal, ma ha goduto però dell’inatteso recupero di Andy Murray in un’annata che ha visto Novak Djokovic conquistare tre Slam su 4 e mancare l’ultimo rush a New York, tradito dalla tensione accumulata da agosto in poi, dal mancato oro alle Olimpiadi ma anche dagli indubbi progressi tecnici e mentali compiuti da Medvedev e Zverev, in ordine di classifica seppur non cronologico, per i k.o. inflitti a Novak.
Ho scritto più volte del paradosso Djokovic, cioè del suo aver mancato i traguardi cui lui per primo aveva detto di tenere di più, anche se l’aver chiuso per il settimo anno in dieci anni al primo posto del ranking mondiale di fine anno dovrebbe zittire tutti i suoi critici e coloro che sottolineano maggiormente i traguardi mancati rispetto a quelli centrati. Ma si sa che spesso i tam tam mediatici propagano e fan rimbombare falsi suoni e inaffidabili eco.
I NextGen che erano a Milano fin dalla prime edizioni si stanno facendo largo, diversi sono diventati top-ten, o anche top-5 come Tsitsipas, oltre a quelli già citati.
Per Ubitennis, dopo un 2020 inevitabilmente sofferto a causa di 6 mesi di tennis non giocato, questo 2021 si è chiuso con risultati importanti e sottolineati anche dalla soddisfazione dei tanti sponsor che ci hanno accordato la loro fiducia e ci hanno promesso il loro sostegno anche per il 2022, confortati dai nostri risultati che si riassumono, secondo le statistiche ufficiali di Google Analytics, in 6 milioni di utenti unici, oltre 23 milioni di visite per gli oltre 4.500 articoli prodotti dai nostri collaboratori a una media di 15 al giorno, per un totale di oltre 40 milioni di pagine visualizzate dal solo Ubitennis.com, home page italiana. Cui vanno aggiunti i numeri sempre più consistenti della home page inglese, Ubitennis.net, e di quella spagnola, Ubitennis.es. Registriamo circa 60.000 visite mediamente al giorno, con punte anche superiori alle 150.000 nei giorni delle grandi finali o dei grandi exploit dei nostri.
Non riuscivamo più a coprire tutto il tennis che si gioca in tutto il mondo, incessantemente, a tutti i fusi orari e proprio i successi dei tennisti italiani – con alcuni stakanovisti come il nostro Sinner che nella rincorsa alle finali ATP ha giocato un torneo dopo l’altro – ci hanno costretto a passare da due turni redazionali al giorno di 4-5 ore al giorno (uno al mattino e l’altro a pomeriggio-sera) a tre turni per tutti i nostri collaboratori part-time, 9-13, 13-18, 18-23 circa. Se dovessimo avere 21 turni coperti da almeno due collaboratori, significherebbe avere 42 ragazzi impegnati su Ubitennis anche pochissime volte a settimana. Il vero problema sta nel coordinare tutte le forze.
Per questo motivo stiamo allargando il numero dei collaboratori, visto che c’è anche chi si dichiara disponibile per soli due turni alla settimana e nessuno ci può dare mano per tutti i giorni… Chi volesse imparare un mestiere, senza la pretesa di arricchirsi, può segnalarsi a direttaubitennis@gmail.com.
Nelle previsioni per il 2022 mi aspetto che Jannik Sinner faccia ancora passi avanti in classifica. Forse entrerà tra i top 5. E insomma sarà a Torino senza entrare dalla porta di servizio come è accaduto quest’anno. E così spero proprio che avremo due italiani, lui e Berrettini fra i protagonisti delle ATP Finals. E sarebbe bello che il PalaAlpi potesse essere riempito in ogni ordine di posti.
Tanti cari e affettuosi auguri a tutti i lettori che condividono con noi la grande passione per questo magnifico sport e grazie naturalmente a tutti quanti ci consentono di seguirlo al meglio, giorno dopo giorno, a Natale, Capodanno, Pasqua e Ferragosto, senza soluzioni di continuità.
Ubaldo