Daniil Medvedev è atipico in campo, ma lo è altrettanto (se non di più) fuori. Uno di quei giocatori che i giornalisti amano intervistare perché prende sempre sul serio le domande, rinunciando alle formule di rito preconfezionate e ponderando bene ogni risposta. Stavolta il russo ha preso un po’ in contropiede i rappresentanti delle varie testate, aprendo la propria conferenza stampa di fine torneo con un lungo e un po’ criptico monologo. Le parole di Medvedev trasudavano delusione, ma non tanto per la rocambolesca finale persa, quanto piuttosto per le sue aspettative deluse. La frase simbolo del discorso è stata “il bambino ha smesso di sognare“. Secca, lapidaria, triste. Tutto quello che il piccolo Daniil sognava da piccolo, vale a dire giocare contro i migliori giocatori negli stadi più importanti del mondo, non sembra avere lo stesso sapore che si era immaginato.
“Sarà una conferenza stampa un po’ diversa perché inizierò con un discorso, non so se corto o lungo. Proverò a mantenerlo breve. Questa è la storia di un ragazzino che sognava grandi cose nel tennis. Quando ho preso in mano una racchetta avevo sei anni: passa veloce il tempo. A 12 anni, mi allenavo, giocavo alcuni tornei in Russia e ovviamente guardavo gli Slam in TV, le grandi star che giocavano, i fan che li supportavano. Sognavo di essere lì.
Ho iniziato a giocare alcuni tornei in Europa. Ricordo di aver fatto finale ai Giochi Olimpici giovanili ed è stato bello. Avevamo come un campo centrale, in Turchia: c’erano forse mille, duemila persone. È stato davvero fantastico essere lì. Quelli sono i momenti in cui sogni stadi più grandi. La parte migliore di giocare da junior è partecipare agli Slam, perché è lì che vedi i professionisti. Allo US Open mangi nello stesso ristorante con loro. Ci sono persone che vengono e ti supportano anche se probabilmente non sanno esattamente chi sei. Quello è il momento in cui dici ‘Wow, voglio essere lì negli Slam a giocare contro i migliori del mondo’. Ricordo che quando sono andato agli US Open, ho visto passare John Isner e ho pensato che fosse più grande di quanto non sembrasse dalla televisione.
Poi molti Futures e molti Challenger, cominci a scalare la classifica e a giocare nei tornei maggiori. Ci sono stati alcuni momenti della mia carriera nei quali ho pensato se questo ragazzo dovesse continuare a sognare queste grandi cose oppure no. Ne ricordo uno. Ho perso due partite davvero dure al Roland Garros. Parlo francese, tra i miei coetanei ero tra i primi cinque e in particolare sentivo di far parte di una generazione interessante, come potete vedere adesso ne sono usciti un sacco di top 10. Ricordo di aver perso contro Benjamin Bonzi, che è tra i primi cento adesso e c’era, se non sbaglio, un solo giornalista russo in sala. Mi sono chiesto ‘davvero? È uno Slam’. Ero vicino giovane e vicino alla top 50, perciò pensavo fosse sorprendente. Io e il giornalista russo abbiamo parlato per cinque minuti. Mi piace parlare con i giornalisti.
Ricordo una dura sconfitta contro Pierre-Hugues Herbert. Ero in vantaggio di due set. Lui ha giocato benissimo e mi piace questo genere di partite: per questo mi piace il tennis. Ero sul punto di entrare in top 10 e ancora una volta, tra i miei coetanei, pensavo di essere tra i primi tre, probabilmente dietro a Zverev e Dominic (Thiem, ndr), anche se è un po’ più vecchio. Sono venuto in conferenza stampa, ero un po’ frustrato per i tifosi e tutto. Volevo fare una cosa breve, rispondere in due parole e andarmene. C’era un solo giornalista, penso che fosse italiano, mi ha chiesto qualcosa e ho risposto due parole. Nessun altra domanda. C’erano dei russi, che mi hanno chiesto altre cose. Ancora una volta, un bambino si chiedeva se dovesse continuare a sognare in grande.
Ho parlato dei giornalisti, ma in realtà mi piace molto parlare con voi ragazzi, penso che si veda. Non è esattamente questo il punto. Parlo solo di pochi momenti in cui il bambino ha smesso di sognare, e oggi era uno di quelli. Non ho intenzione di dire esattamente perché.
D’ora in poi giocherò per me stesso, per la mia famiglia, per provvedere alla mia famiglia, per le persone che si fidano di me e ovviamente per tutti i russi, perché sento sempre il loro sostegno. Se ci sarà un torneo sul cemento a Mosca, prima del Roland Garros o di Wimbledon, ci andrò anche se dovessi rinunciare a Wimbledon, al Roland Garros o ad altro. Il bambino smesso di sognare. Il bambino giocherà per se stesso. Questo è tutto. Questa è la mia storia. Grazie per l’ascolto, ragazzi.”
Il russo si è rifiutato di rispondere a domande riguardanti questo suo sfogo, ma è apparso chiaro che molta frustrazione fosse dovuta all’atteggiamento del pubblico. “Vi faccio un esempio. Prima che Rafa servisse nel quinto set c’era qualcuno che gridava “Forza Daniil” e mille persone lo hanno zittito. Prima che servissi io non l’ho sentito: è fastidioso e irrispettoso. Non sono sicuro che continuerò a giocare dopo i trent’anni“.
Daniil non ha comunque mancato di fare i complimenti a Nadal per la fantastica performance, dicendosi pronto a ricominciare: “Rafa è stato irreale. Mi ha sorpreso come abbia giocato anche dopo quattro ore. Non ha giocato per sei mesi e mi ha detto che non si è potuto allenare moltissimo. Davvero irreale. Tennisticamente parlando, non ho molti rimpianti. Continuerò ha fare del mio meglio e anzi, lavorerò ancora più duramente per tentare di vincere uno di questi grandi tornei un giorno.”