Sinner gioca già nel futuro (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
«Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane». Le parole con cui Italo Calvino cominciò il delicato passaggio che porta dall’adolescenza alla maturità sembrano non trovare posto nel percorso di crescita di Jannik Sinner. Il ventenne altoatesino, protagonista negli ultimi tre anni di un’ascesa che lo ha portato finn al n° 10 del mondo, sembra avere le idee chiare per gestire quello che è il primo snodo importante della carriera. La lucidità con cui Sinner è fin qui riuscito ad accettare sconfitte che oltre ai limiti suggerivano anche i margini di crescita su cui lavorare, oggi si è arricchita di una sfumatura in più, brusca e inattesa, ma coerente con chi ritiene che sia arrivato il momento di concentrarsi più sulla rotta che sull’equipaggiamento da portare con sé. E’ su questo delicato crinale che si colloca la decisione di separarsi da quello che per sette anni è stato il suo mentore e coach, Riccardo Piatti, che lo accolse nella sua Academy quando aveva 13 anni e che oggi lo vede partire come un giovane uomo alle prese con nuovi dubbi curi non ha saputo più offrire risposte adeguate. Ricercare nelle dichiarazioni rilasciate da Sinner in Australia sull’imminente arrivo di una nuova figura all’interno del suo staff così come leggere nei rari screzi tra lui e Piatti amplificati dalla diretta tv, gli indizi o i prodromi di una decisione già in corso d’opera, è operazione complicata. Meglio allora traguardarsi verso quel che sarà, quale la decisione che Sinner annuncerà a breve, perché è li che si troveranno le risposte ai tanti dubbi che a oggi circondano il futuro del talento azzurro. Il nome che sembra attestarsi sempre di più è quello di Simone Vagnozzi. Il marchigiano, artefice della prodigiosa stagione di Marco Cecchinato che nel 2018 si concluse con il best ranking di n°16 del mondo ed ex coach di Stefano Travaglia che con lui nel 2021 fu capace di issarsi fino a divenire n. 60 del mondo, oggi è responsabile dell’accademia di San Benedetto del Tronto e supervisore tecnico del circolo Play Pisana a Roma. Restano due incognite. La prima riguarda la composizione del suo staff, che oltre allo stesso Piatti prevede Andrea Volpini. Cristian Brandi, Dalibor Sirola e Claudio Zimaglia. Figure non marginali. Il fatto che Sinner si sia allenato recentemente a Montecarlo seguito dal solo Vagnozzi è un robusto indizio che sembra far propendere verso un restyling completo su cui però vige ancora il massimo del riserbo. La seconda riguarda invece il nome del super coach cui più volte si è accennato in questo avvio di stagione. Per farsi strada nel ranking talento e costanza si sono rivelati sin qui requisiti sufficienti; diverso il discorso quando si tratta invece di scalare gli ultimi gradini della piramide. Quando si trattò di dare l’assalto al n° 1 del ranking, Andy Murray chiamò al suo fianco Ivan Lendl; per affinare un gioco già di per sé perfetto che iniziava a fare i conti con il logorio del tempo, Roger Federer si avvalse dei consigli di Stefan Edberg; e anche Novak Djokovic non esitò a chiedere aiuto a Boris Becker. Il fatto che il presto diciannovenne Carlos Alcaraz già vi abbia fatto ricorso assumendo nel suo staff Juan Carlos Ferrero potrebbe avergli dato quella conferma in più sulla bontà della decisione.
Sinner-Piatti, niente ricucitura. La separazione è imminente (Il Messaggero)
Il ragazzo è diventato uomo e vuole dire la sua, il padre non accetta di perdere il controllo totale: lo scontro che ne scaturisce fra due caratteri forti porta più spesso a una frattura, anche se l’amore resta. Così, nelle prossime ore, a meno di un clamoroso colpo di teatro, verrà ufficializzato il divorzio fra Jannik Sinner e Riccardo Piatti. Tanto che il talento giovane più sicuro e precoce di sempre del tennis italiano ha disertato l’Accademia di Bordighera e, appena uscito dal Covid, si sta allenando a Montecarlo col coach ad interim Simone Vagnozzi. Sinner ha chiuso scontento gli Australian Open, con la sconfitta netta nei quarti contro Stefanos Tsitsipas. Per i comuni mortali un’eliminazione contro il numero 4 del mondo sarebbe stata accettabile ma non per un campione in fieri come l’altoatesino che, a 20 anni è già numero 10 del mondo, che morde il freno perché già vorrebbe essere competitivo al massimo livello. Perciò avrebbe voluto subito mettersi al lavoro con un super-coach, che aveva indicato a “papà” Piatti nella figura di Boris Becker: per il blasone di 6 volte campione Slam, per l’apporto soprattutto psicologico che Bum Bum ha avuto con Novak Djokovic e per la comune lingua tedesca. Forse Riccardo non ha dato la risposta che Jannick avrebbe voluto, forse si è opposto, ed ha causato un litigio che purtroppo è trasceso. Piatti è uno dei tecnici più bravi nel promuovere i primi, fondamentali, passi di un giovane verso il vertice. Lo ha dimostrato con i ragazzi del ’70, Renzo Furlan e Cristiano Caratti, e poi portando addirittura al numero 3 del mondo Ivan Ljubicic. Ma evidentemente non ha accettato – o l’ha fatto solo parzialmente – che Jannik sia ora un adolescente con le idee chiare e il legittimo desiderio di discutere e decidere le scelte che lo riguardano. Possono recuperare? Difficile. Potrebbe Piatti accettare un ridimensionamento del suo ruolo? Ancor più difficile. Anche perché è umanamente distrutto dopo essersi profuso nella costruzione del primo campione Slam della carriera, senza pensare alla ricaduta d’immagine per la sua Accademia. La crisi è stata talmente repentina che, mentre è sfumata la pista Becker e prende quota quella che porta a Magnus Norman, Sinner si sta allenando a Montecarlo con Vagnozzi, che portò Marco Cecchinato alle miracolose semifinali del Roland Garros 2018.
Sinner, il dopo-Piatti si chiama Norman (Stefano Semeraro, La Stampa)
Tra Riccardo Piatti e Jannick Sinner il divorzio si è consumato, ieri Jannik era ad allenarsi a Monte Carlo con Simone Vagnozzi, il coach che portò Marco Cecchinato alle semifinali del Roland Garros nel 2018. L’ipotesi più accreditata è che in futuro sarà un tandem a seguire il n.10 del mondo, composto dallo stesso Vagnozzi e da Magnus Norman, l’ex coach di Stan Wawrinka il cui centro, appena fuori Stoccolma, ha un nome ben mirato: «Good to Great Academy», l’academy che punta a trasformare – come è capitato con Wawrinka – i buoni giocatori in fuoriclasse capaci di vincere uno Slam: esattamente l’obiettivo di Jannik. Un finale – se sarà confermato – improvviso e inatteso almeno nella tempistica, che ha preso di sorpresa lo stesso Piatti. Fra Sinner e il suo coach qualche screzio (anche in Australia) c’era stato, ma sembrava rientrare nella routine. La vertiginosa crescita di Jannik – di classifica, di sponsor, di pressioni e ambizioni – come può capitare ha insomma creato tensioni fra i due, e non solo di natura tecnica. Anche perché nel corso del tempo è cresciuto l’entourage di Sinner, come è cresciuto il suo valore, sia sportivo sia commerciale. Così quella che sembrava una crisi «familiare» si è trasformata in un divorzio che ha travolto un rapporto apparentemente saldissimo.