Torna al successo il doppio azzurro composto da Fabio Fognini e Simone Bolelli, che nella finale del Rio Open presented by Claro supera in tre set la coppia formata dal brasiliano Bruno Soares e dal britannico Jamie Murray. 7-5 6-7(2) 10-6 per un match davvero godibile, non di quei doppi noiosetti in cui si alternano ace e risposte a malapena steccate, bensì ricco di scambi da highlights.
Soares gioca in casa, “se potessi scegliere tra vincere un Masters 1000 e il Rio Open, sarebbe senza dubbio il Rio Open”” aveva detto l’ex n. 2 del mondo sentendo il titolo avvicinarsi. Così vicino, così lontano, quel titolo che il tie-break dominato del secondo parziale sembrava aver appoggiato sulla bacheca di Bruno e Jamie.
Ma Simone e Fabio sono tornati super nel super-tiebreak, con l’apporto decisivo negli ultimi punti di quello che ha abbandonato il singolare – con nostro enorme rammarico, vedendolo giocare così. Dal canto suo, con l’apice carioca raggiunto nella strepitosa vittoria contro Carreño Busta, il compare taggiasco stava già dimostrando quello che da sempre sappiamo: quando è in giornata, vale da solo il prezzo del biglietto. Una giornata durata una settimana e, se in singolare si è arreso come tutti ad Alcaraz, in doppio non ha mai smesso di deliziare un pubblico che “se proprio qualcuno deve battere il nostro Bruno, va benissimo Fabio”. Il quale ha contraccambiato nel lungo e gioioso discorso finale in spagnolo.
Si comincia nel pomeriggio, sulla Quadra 1, con i “Chicchi” che guadagnano l’ultimo atto battendo in due set Molteni e Santiago Gonzalez, rivincita della finale a senso unico di Baires della scorsa settimana. Poi, dopo che Alcaraz ha fatto quella cosa niente affatto scontata che però tutti si aspettavano, ecco la finale del doppio. Simone è in palla, Fabio sfodera tutto il repertorio, dai lob liftati ai passantini stretti. Per due volte gli azzurri vanno sotto di un break, ma in ribattuta sono centratissimi e non permettono agli altri di consolidare il vantaggio. Fognini trasforma in risposta il deciding point che lo porta a servire per il primo set, compito che porta a termine con facilità, chiudendo addirittura con due ace consecutivi – i primi della coppia azzurra.
Nella seconda partita, sfuma l’occasione per mettere la testa avanti nel terzo gioco, dopo due punti “quasi vinti” dalla coppia in nero che in un’occasione pasticcia, mentre nell’altra Jamie spara la volée ravvicinata addosso a Fabio che, noncurante, intercetta piazzando lui la volata vincente; poi, tra gli applausi, suggella il colpo da fenomeno con una faccia del tipo “niente di che, ero già il più dotato ai tempi della nursery”. Al sesto game si fanno pericolosi anche gli avversari, ma Bolelli cancella con il suo primo ace la palla break (unica del parziale) arrivata con grosso merito del Murray mancino ma anch’egli ex n. 1 che, a dispetto della regola non scritta “tira alla caviglia e l’altro non la piglia”, da lì si era tolto un drittone budriese.
Dopo vaghe occasioni nascoste dal sistema di punteggio senza vantaggi, la risposta vincente di Simone che apre il tie-break è illusiva: il gioco prende presto la direzione sbagliata e la coppia scozzese-brasiliana pareggia i conti. Altro tie-break, allora, però ai 10, con gli azzurri che cedono il primo punto, ma salgono in cattedra con la risposta e volano 6-1. Gli avversari non desistono, ma Bolelli è on fire e il fulminante dritto inside-in che da campione si toglie dal corpo vale sei match point. Murray e Soares accorciano la distanza, ma Simone si supera sulla volée ravvicinata ed è quarto titolo per Fognini e Bolelli (la coppia che recentemente non abbiamo potuto ammirare né in Coppa Davis né in ATP Cup), sette anni dopo quello non più ultimo dell’Australian Open.