Non c’è dubbio che fino a questo momento il mandato di Andrea Guaudenzi alla presidenza dell’ATP sia stato uno dei più tumultuosi della storia: prima l’interruzione di cinque mesi a causa della pandemia, poi le crescenti proteste dei giocatori sulla suddivisione del montepremi e la nascita (per il momento senza troppe conseguenze) della PTPA, poi l’affare Djokovic in Australia, il “problema Cina” da affrontare (la tournée autunnale è ancora in alto mare nonostante sia formalmente stata confermata) e ora i risvolti della guerra in Ucraina con la recente decisione di Wimbledon di escludere russi e bielorussi dai Championships.
Ce n’è davvero per tenere occupato anche il più iperattivo dei leader. Tuttavia l’obiettivo principale di Gaudenzi in questo periodo è rimasto lo sviluppo e l’attuazione del suo piano strategico per gettare le fondamenta per costruire un tour sempre più sostenibile nel quale finalmente i giocatori potranno arrivare ad avere la loro giusta percentuale dei guadagni e i profitti dei Masters 1000 possano costituire i muri portanti per la sostenibilità futura dello sport.
Il cambiamento più significativo del piano strategico di Gaudenzi è rappresentato dell’estensione di tutti i Masters 1000 a tornei combined di 11-12 giorni con tabelloni da 96 giocatori. I tornei così strutturati, con i loro maggiori introiti, potranno prendere sotto la propria ala protettrice una serie di eventi minori, dagli ATP 500 ai 250 fino ad arrivare ai Challenger, in modo tale da offrir loro supporto logistico e consentire una riduzione delle spese attraverso economie di scopo e di scala.
Già nell’ottobre scorso, durante un’intervista concessa alla testata britannica Sports Business Journal, Gaudenzi aveva confermato come il piano strategico fosse già approvato al 70% e che mancassero soltanto gli ultimi tasselli per passare alla fase operativa del progetto.
Durante gli ultimi tornei di Indian Wells e Miami si sono tenute come al solito le assemblee ordinarie dell’esecutivo dell’ATP che, in base a quanto appreso da Ubitennis, avrebbero approvato in via definitiva il passaggio di buona parte dei Masters 1000 a eventi più lunghi con tabelloni da 96 giocatori. In particolare, il Mutua Madrid Open e gli Internazionali BNL d’Italia dovrebbero partire con il nuovo formato già dalla stagione 2023, ovvero tra poco più di 12 mesi, mentre l’accoppiata Open del Canada/Western&Southern Open di Cincinnati dovrebbe passare al tabellone allargato solamente a partire dal 2024.
Al momento non è chiaro come verrà riorganizzato il calendario per accomodare questo allargamento di questi Masters 1000, che nel caso degli Internazionali BNL d’Italia dovranno anche risolvere qualche problema logistico per poter fornire supporto ai giocatori (e molto probabilmente anche alle giocatrici) aggiuntivi che sbarcheranno al Foro con il nuovo tabellone esteso.
Tradizionalmente il back-to-back del BNP Paribas Open di Indian Wells e del Miami Open porta via l’intero mese di marzo, con quattro settimane interamente dedicate a soltanto due eventi. Non è ancora stato confermato come saranno organizzati i tornei di Madrid e Roma nella nuova configurazione: negli anni passati si era discusso, anche a livello di Board ATP, della possibilità di incastrare i due eventi in modalità “ying-yang” compattandoli in soli tre settimane e dividendo i 23 giorni a disposizione (comprendendo anche il weekend precedente l’inizio) tra due tornei di 11-12 giorni ciascuno. Ciò avrebbe previsto la disputa delle finali del torneo di Madrid al mercoledì, un’opzione contro cui si era scagliato senza mezzi termini il vecchio proprietario dell’evento madrileno, il vulcanico rumeno Ion Tiriac. Ora che Tiriac è stato rimpiazzato dalla IMG, nuova proprietaria del Mutua Madrid Open in aggiunta al Miami Open che già possiede da tanti anni, la situazione potrebbe essere cambiata, ma per ora non ci sono conferme nemmeno a livello ufficioso.
Un’altra opzione potrebbe essere quella di replicare il modello Indian Wells/Miami, piazzando nella seconda settimana dei due ‘1000’ un torneo “satellite” a livello 250 al quale potrebbero partecipare i giocatori già eliminati dal tabellone principale del torneo più importante. In questo modo sarebbe più facile far entrare questi eventi ‘250’ sotto l’ala protettrice dei Masters 1000 di riferimento, e non si devasterebbe il calendario consentendo ai tornei minori oggi in programma di trovare comunque una collocazione interessante.
L’annuncio ufficiale non dovrebbe tardare molto: Gaudenzi covava la nemmeno troppo segreta ambizione di definire il calendario 2023 nel corso delle riunioni di Indian Wells, e anche se non dovessero essere stati definiti tutti i dettagli è verosimile pensare che tra poco avremo un’idea molto più precisa di come sarà la stagione 2023.
Naturalmente ci sono anche diversi altri aspetti molto importanti da definire: innanzitutto sarà necessario vedere se, come sembra intuibile, anche il circuito WTA modificherà i propri tornei nella stessa maniera, mantenendo quindi l’allineamento dei tradizionali appuntamenti combined. Quest’anno a Madrid si assisterà ad uno sfasamento abbastanza curioso: a livello femminile il WTA 1000 spagnolo inizierà il giovedì con il tabellone a 64 giocatrici (nessun bye per le prime teste di serie) e diraderà i propri turni da metà della seconda settimana in poi con l’introduzione di giorni di riposo e con uno sfasamento che durante il secondo giovedì vedrà il terzo turno del torneo ATP disputarsi lo stesso giorno delle semifinali WTA.
Bisognerà poi vedere come verrà sistemata la parte di stagione dopo lo US Open, con i tanti punti interrogativi che ancora avvolgono i tornei cinesi. Al momento la Cina non ha ancora abbandonato la sua politica zero-COVID che ha portato nelle ultime settimane a un lockdown molto duro per la città di Shanghai, e le regole immigratorie per chi arriva dall’estero sono ancora estremamente severe, con fino a tre settimane di quarantena in albergo richieste da chi arriva da un Paese straniero. Appare molto difficile immaginare i tennisti disposti ad accettare condizioni di questo tipo dopo quasi un anno di “vita normale”, quindi la situazione, anche per questo 2022, sembra estremamente fluida.
Infine c’è da affrontare la “questione Bercy”, un po’ la gamba zoppa dei Masters 1000 che con la sua collocazione autunnale, alla fine di una stagione estenuante e in prossimità di Nitto ATP Finals e Finali di Davis finisce sempre per fare la parte del vaso di coccio tra i vasi di ferro. L’ipotesi dello spostamento a febbraio che era stata avanzata qualche anno fa non sembra abbia trovato terreno fertile, ma non è detto che non possa essere rivisitata.
Grandi cambiamenti in vista, dunque, per il calendario tennistico, che nelle prossime due stagioni dovrebbe darsi un assetto che dovrebbe traghettarlo verso un’era di maggiore equilibrio nella divisione dei profitti tra tornei e giocatori, e di maggiore sostenibilità per affrontare il futuro con maggiore fiducia.