Iga Swiatek ha messo a segno la 26a vittoria consecutiva. Nel quarto di finale degli Internazionali d’Italia è toccato a Bianca Andreescu arrendersi alla numero 1 del mondo pur dando qualche incoraggiante segnale di ripresa. Nell’incontro con la stampa dopo la vittoria, Iga non nasconde la soddisfazione per la solidità e la fiducia in continua crescita e il lavoro fatto per la gestione della pressione.
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Domanda: Un’altra prestazione robusta oggi. Come ti sei sentita in campo?
Iga Swiatek: Molto in fiducia, onestamente. Sento di stare giocando ogni incontro sempre meglio. Anche se il primo set è stato piuttosto tirato e ho avuto alti e bassi, sento di poter giocare bene nei momenti importanti e controbrekkare in qualsiasi momento. Sono piuttosto contenta di essere stata più solida nel secondo set perché dimostra che imparo la lezione durante il match.
D. Com’è stato incontrare Bianca? Fantastico primo set dal punto di vista dello spettatore.
IS: Fondamentalmente non mi aspettavo nulla in realtà perché non so davvero come sta giocando dopo la pausa, avevo visto tanti suoi incontri ma prima del suo rientro. Ora non so se il suo tennis è lo stesso o è un po’ cambiato. Ma sapevo di riuscire a reggere scambi più lunghi e giocare incontri più lunghi. Quindi ero pronta per quello. Sapevo anche che avrebbe variato il ritmo e lo ha fatto, è stato complicato, ma ero preparata tatticamente.
D. Prima del match avevi detto di stare solo cercando di prendere confidenza con la terra battuta, questo era il tuo obiettivo qui. Adesso come ti senti e dove ti senti più a tuo agio?
IS: È difficile da dire perché durante gli incontri ho molti alti e bassi che non mi capitavano prima. Di sicuro, il secondo set mi ha mostrato che se sto concentrata a dovere dalla A alla Z, posso giocare un gran tennis. Non devo rischiare per prendermi il vantaggio durante il punto e questo è fantastico, è ciò di cui ho bisogno sulla terra.
D. Le uniche giocatrici ad avere una striscia vincente più lunga sono Venus, Serena e Justine Henin. Ne hai memoria di quand’eri piccola o sei andata a rivedertele adesso?
IS: Onestamente no, perché quand’ero più giovane non guardavo molto il tennis. In pratica, giocavo così tanto che, quando c’era in TV, dicevo che poteva bastare. Sicuramente, però, essere in un gruppo di quel genere è un sogno che diventa realtà. Ne sono felice perché la solidità era la cosa su cui ho davvero voluto lavorare l’anno scorso. Quest’anno sento di aver fatto clic.
D. Negli ultimi due anni sembravi preferire il ruolo di sfavorita. Ha faticato quando sei salita in classifica ed eri quella da battere. Ora come ti senti? Come hai gestito la cosa? In cosa è diverso l’approccio da favorita?
IS: Ho avuto bisogno di tempo per capire come farlo nel modo giusto, come usare la striscia o il ranking per mettere pressione alle avversarie. Sento di averlo fatto bene la stagione scorsa e all’inizio di questa. Sto solo imparare a usarlo in modo positivo. L’anno scorso quando ho migliorato il ranking, sentivo che qualcosa mi metteva pressione. Adesso è totalmente diverso. Sono contenta che io e il mio team, di sicuro Daria [Abramowicz, la sua psicologa], abbiamo lavorato sodo per cambiare il mio approccio mentale, sono orgagliosa di quel lavoro. Anche avere Tomasz [Wiktorowski, il suo coach] che ha esperienza e che ha già lavorato con delle top player è davvero di aiuto.
D. Hai detto di sentirti in fiducia nei momenti importanti dei match. Quando ne arriva uno, qual è il tuo atteggiamento?
IS: Penso che il mio livello di concentrazione si alzi un po’, ma cerco di non pensare al punteggio, solo a quello che ha funzionato durante l’incontro, perché sono in una situazione con palla break o qualcosa del genere. La mia mente ha una maggiore chiarezza rispetto all’anno scorso. Posso davvero pensare cosa ho fatto di buono e usarlo in quei momenti.
D. Hai giocato contro Sabalenka due volte quest’anno con buoni risultati, ma è più difficile incontrarla sulla terra battuta o sul duro?
IS: Difficile dirlo perché la terra di Stoccarda è molto diversa [si gioca indoor, ndr]. Abbiamo potuto giocare come se fossimo sul duro. Credo che qui ci sia la superficie più lenta del Tour. Di sicuro mi devo adattare. Onestamente, abbiamo solo tre o quattro tornei su terra e solo due sono su “terra normale” perché Madrid è in altitudine, il che è abbastanza folle. Quando penso alle mie avversarie, non ho una vera idea di come giochino sulla terra battuta perché non guardavo i loro incontri. È per questo che non riesco a fare paragoni con il duro. So che il mio allenatore farà un lavoro fantastico dal punto di vista tattico. Non so dire adesso quale sia la differenza, vedremo domani.