Le lacrime non sono sempre legate ad eventi tragici, alle volte rappresentano il clou di un percorso fatto di sacrifici e tante sconfitte. Quelle sgorgate nell’abbraccio, quasi paterno, tra Pedro Cachin e Alex Corretja sa di tutto questo. L’argentino n. 66 del ranking ha tagliato il traguardo del terzo turno per la prima volta in carriera in uno Slam, in questo US Open. Dopo tanta fatica, delusione, una vittoria che lo galvanizza e lo ripaga dei sacrifici fatti: a farne le spese è stato il classe ’98 Brandon Holt, molto più indietro nella classifica ATP al n. 303.
Una battaglia di 3he47’ vinta in rimonta 1-6 2-6 6-1 7-6(1) 7-6(6) dal 27enne argentino che è riuscito a ribaltare la situazione dopo aver perso i primi due set. Due lunghi tie break hanno consegnato agli ottavi Pedro Cachin.
Il rapporto con il suo allenatore, lo spagnolo Alex Corretja, ex n. 2 del mondo nel 1998 e vincitore di 17 titoli ATP, è qualcosa di molto fraterno ed è alla base di questo successo. Lo spagnolo – presente a New York anche in veste di opinionista per Eurosport – è il suo allenatore e mentore sin dai primi anni trascorsi a Barcellona da Cachín. La città spagnola lo ha di fatto adottato e Corretja continua a essere il suo allenatore assieme a Dante Gennaro, un record per il tennis moderno. Ma cosa c’è dietro quelle lacrime? “Significano tanto sacrificio – risponde Corretja – tanto coraggio da parte di Pedro, che era un adolescente quando è venuto a Barcellona e aveva due racchette sotto al braccio. Ha rinunciato a tutto per il suo avvenire e da allora non è più tornato a casa. Gli ho detto che se lo merita più di chiunque altro. Ha sofferto molto, ha lasciato la sua famiglia ed è stato in grado di sopportare tanti momenti duri in cui gli ottavi di uno Slam sembravano davvero essere lontani”. Ad attendere Cachin al terzo turno ci sarà il francese Moutet molto in forma dopo la vittoria su Wawrinka, ritiratosi sotto di due set, e sull’olandese Van De Zandschulp.
Paolo Michele Pinto