TENNIS US OPEN – Il nr.1 del mondo rischia qualcosina ma chiude in tre set. Per lui nei quarti ci sarà Andy Murray, chirurgico nei break su Jo-Wilfried Tsonga. Vittoria sofferta per Wawrinka e per Nishikori, che finisce il match con Raonic alle 2.26!
(8) A. Murray b. (9) Jo-Wilfried Tsonga 7-5 7-5 6-4 (Milena Ferrante)
Murray-Tsonga. Quando si parla di assi in parte irrisolti, tra questi due si ha solo l’imbarazzo della scelta. Da anni Tsonga fa spasimare i suoi sostenitori salvo poi dissolversi, seppur con infinita cortesia e gentilezza, quasi sempre alla vigilia della sua personale rincorsa alle certezze. Un gigante troppo buono che, quando la preda è alla capitolazione, non ce la fa ad affondare il coltello nella piaga. Dal canto suo Murray dipana da anni il suo copione di congenita insicurezza, da eroe tanto alternativo quanto fragile. Speculari, si direbbe. Ma c’è una differenza: lo scozzese si è levato la scimmia dalla schiena almeno una volta, il francese (ancora) no.
Come previsto, il primo set funge da studio e appostamento, per capire chi, primo tra i due, metterà in campo i propri demoni. Un set dunque in sostanziale equilibrio con Murray che però può contare sul vantaggio, in questo caso non da poco, di servire per primo. La tensione, come Cenerentola, si materializza puntualmente allo scoccare della chiusura. Tsonga, come da ritrito copione, commette due errori di dritto sul 5-6, concedendo allo scozzese due set point consecutivi. Il primo lo annulla con un coraggioso, ancorché cieco, rovescio lungolinea, ma sul secondo Murray estrae la risposta aggressiva, il suo atout in tutti i match sino ad oggi, si porta a rete e agguanta la preda al volo, chiudendo il set 7-5. Murray si mostra deciso all’arrembaggio, ma la sua proverbiale incostanza determina un break a suo sfavore nel 3° gioco del secondo set. Per non perdere il vantaggio, Tsonga si aggrappa al servizio in più di un’occasione, ma viaggia costantemente in precario equilibrio, come su una fune senza elmetto. Murray, è inevitabile, lo avverte da subito. E infine rompe gli indugi: infila un passante e un dritto vincente e si riprende il break, riportandosi sul 4-4. A questo punto, più che un film d’essai, sono episodi, pressoché identici, di una serie TV: Tsonga si affanna per salire di intensità al servizio e Murray lo incalza sulla seconda, chiudendo senza apparente dramma anche il secondo set 7-5. Nel terzo set, la potenziale ribellione della vittima predestinata (Tsonga che si porta sul 2-0) è respinta sul nascere: il francese si tiene a galla annaspando, ma esordisce con due doppi falli guarda caso proprio nel gioco in cui difende la partita. Infine, con l’ennesimo rovescio a pochi centimetri dalla linea di fondo Murray conquista tre match point chiudendo al secondo.
La novità? Un Murray che, forse per la prima volta da tempo, non abbandona la trama d’attacco impostata fin dai primi giochi, producendo un consistente numero di vincenti in tutti e tre i set. In prospettiva, una chiave di lettura che gli servirà mandare a memoria, se vorrà annusare l’odore del sangue della preda ben più insidiosa che lo attende.
(1) N. Djokovic – (22) P. Kohlschreiber 6-1 7-5 6-4 (Stefano Tarantino)
Nessun problema per Novak Djokovic nel match di ottavi di finale degli US Open.
Il nr. 1 del mondo supera in tre set il tedesco Philipp Kohlschreiber con il punteggio di 6-1 7-5 6-4 e continua così il suo percorso netto nello Slam americano, a caccia della quinta finale consecutiva.
Nole è stato letteralmente ingiocabile per la prima mezzora, mostrando uno strato di forma fisica stellare e dominando in lungo ed in largo, ricordando un po’ la sua versione migliore, quella del 2011.
Ma una volta sprecate due palle break nel game d’apertura del secondo parziale, il serbo è calato favorendo il ritorno del suo avversario che gli ha tenuto testa per tutto il set, procurandosi anche un set point sul 5-4 in suo favore.
Lì Nole ha capito che non poteva scherzare più, ha annullato il set point con un fantastico passante di diritto in corsa (ma la voleé di Kohlschreiber sulla rete poteva essere più incisiva), tenendo poi la battuta e infilando una serie di 5 game consecutivi che di fatto chiudevano il match issandolo sul 6-1 7-5 2-0.
Kohlschreiber difatti usciva dal match pagando a caro prezzo l’occasione sprecata e lasciava campo libero al nr.1 del mondo.
Come abbiamo detto il primo set era uno show di Nole, che volava subito sul 4-0 mettendo la pallina praticamente dove voleva ad ogni colpo.
Testimonianza del dominio del serbo l’andamento del quarto game, dove Kohlschreiber saliva 40-0 nel suo turno di battuta prima che il suo avversario innestasse la quinta e gli strappasse per la seconda volta consecutiva il servizio.
Il 6-1 in 25 minuti era la giusta conclusione del primo set dove praticamente non c’era mai stata partita (fantastici un paio di passanti di rovescio di Djokovic).
Più equilibrato il secondo set, Nole non sfruttava due palle break nel game d’apertura (sprecate con due brutte risposte) e si afflosciava, mentre Kohlschreiber prendeva fiducia ed iniziava a tener testa al più quotato avversario aiutandosi con il suo splendido rovescio.
Si seguivano i servizi sino al 4-5, nel decimo gioco si decideva nella sostanza il match.
Kohlschreiber con gran caparbietà si procurava un set point sul 5-4, teneva alla grandissima lo scambio e si presentava a rete dove però non chiudeva la voleé. Nole arrivava in corsa e piazzava uno splendido passante di diritto.
Set point annullato e parziale che girava, Djokovic vinceva due scambi stupendi, teneva la battuta, approfittava del calo di Kohlschreiber che commetteva gratuiti a dismisura, chiudeva il secondo parziale 7-5 e saliva 2-0 nel terzo set.
Il serbo faceva a questo punto il minimo indispensabile, giochicchiava rischiando qualcosina (sul 3-2 andava sotto 0-30 sul suo turno di battuta) e poi chiudeva nel decimo gioco.
Per il serbo ora nei quarti uno tra Murray e Tsonga, forse il vero primo ostacolo verso la conquista del secondo US Open.
(3) S. Wawrinka (3) b. (16) T. Robredo 7-5 4-6 7-6(7) 6-2
Che non fosse una partita semplice per Wawrinka si poteva supporre anche dai precedenti che vedevano lo spagnolo avanti per 6 a 2, con una delle due vittorie, quella dell’ultimo match tra i due, conquistata in Australia dal Wawrinka versione superman. C’era anche un lontano precedente proprio su questi campo, vecchio di 8 anni e anche quella volta aveva vinto lo spagnolo, lasciano appena 6 game a Stan non ancora, forse, “The Man”. Quindi sarà stato un po’ di timore reverenziale, saranno stati i quarti di luna sempre imperscrutabili dello svizzero numero 2, ma il nostro Stan ha rischiato grosso stasera. Intanto già nel primo set si era ritrovato a doversi salvare da una situazione di 4/5 e servizio contro. Certo, qui e’ stato bravissimo a salire di livello, giocando tre game da favola e assolutamente fuori dalla portata di Robredo. Poi nel secondo, ha perso un incredibile quinto game e stavolta non è riuscito a rimediare al patatatrac. I guai per Wawrinka potevano diventare serissimi se nel settimo game due ace e tre straordinarie prime di servizio non l’avessero tirato fuori dalla buca di una pericolosissima palla break, regalata da Stan che faceva e disfava praticamente tutto da solo. I due arrivavano al tiebreak, e ancora una volta Wawrinka si metteva nei guai sin dall’inizio, regalando il primo punto con un doppio fallo. Robredo andava 3 a 0 ma era costretto a cedere il minibreak al sesto punto, quando uno spettacolare rovescio di Stan risolveva uno scambio da fondo. Wawrinka andava a servire sul 3 a 4 e si produceva in un sorprendente S&V con la seconda palla, col risultato di mandare in corridoio una volée di dritto non certo complicata. Robredo andava 6 a 4 ma sul primo set point tirava un dritto lungo. Era sul 7 pari che arrivava il punto decisivo, grazie al solito rovescio di Stan che Robredo non riusciva a rimandare efficacemente dall’altra parte del campo.
Forse è eccessivo dire che la partita si chiudeva qui, ma Wawrinka sulle ali dell’entusiasmo metteva subito a segno il break, nel primo game del quarto set. L’ultima palla break l’aveva avuta un paio d’ore prima e gli aveva regalato il primo set. Lo svizzero sembrava sgamarsi e lasciava andare il braccio, con il rovescio che viaggiava come se fossimo dallìaltra parte del mondo, in Australia. Altro break al quinto game, addirittura a zero e dopo una vera prodezza con un rovescio bassissimo, e partita chiusa sul 6 a 2 al primo match point.
Partita che lascia qualche perplessità sulle condizioni della testa di serie numero 3, fantastico nel quarto set, ma zoppicante nei primi tre parziali. Robredo poteva addirittura chiudere per 3 set a 0, ma Wawrinka è sembrato poter davvero mettere una marcia in più, quando serviva.
(10) K. Nishikori b. (5) M. Raonic 4-6, 7-6(4), 6-7(6), 7-5, 6-4 (Vanni Gibertini)
“Sleep is for the weak”, il sonno è per i deboli. Così recitavano I telecronisti della ESPN Chris Fowler, Darren Cahill e Brad Gilbert mentre il match tra Milos Raonic e Kei Nishikori superava la barriera psicologica delle 2.00 del mattino. “Ce la faremo a superare il record del 2012 di Kohlschreiber e Isner e quello di Wilander e Pernfors del 1993 che hanno finito alle 2.26? Visto che abbiamo fatto la fatica di rimanere alzati fino a quest’ora, almeno che portiamo a casa il record…”
Alla fine il record è stato eguagliato da questo match che, sebbene abbia regalato scambi generalmente piuttosto scarni (ma quando c’è Raonic di mezzo, è quasi inevitabile che sia così), ha comunque offerto equilibrio e suspance fino alle prime ore del mattino.
Due game di peste di Nishikori, letteralmente regalati da Nishikori sulla propria battuta, più uno appena riacciuffato recuperando uno 0-40, segnano le sorti del primo set in favore di Raonic, che partendo come suo solito con tre battute consecutive oltre le 140 miglia orarie ha messo subito in chiaro le sue intenzioni per il match. Anche se la sua battuta non funziona come al solito: solo 3 ace ed appena il 50% di prime palle (con il 47% di punti sulla seconda) suonano il primo campanello d’allarme per il canadese.
Nishikori, dal canto suo, che era sempre stato in svantaggio dall’inizio della partita, comincia a trovare qualche risposta vincente per iniziare a scalfire la fiducia che il suo avversario ripone nella sua battuta, ma purtroppo per lui nonostante riesca ad andare in vantaggio di un break per ben due volte nel secondo parziale, finisce per concedere il controbreak immediatamente, trascinando il set al tie break, dove quest’estate Raonic ha un record quasi immacolato (16 vittorie ed una sconfitta). Qui però un rovescio vincente sul primo punto riesce a fare il miracolo, procurando il minibreak che consente a Nishikori di pareggiare il conto dei set.
Di fatto quel minibreak sancisce il destino del match, perché da quel momento in poi Raonic non riuscirà più a procurarsi una palla break sul servizio dell’avversario, il quale invece con sempre maggiore continuità trova risposte velenose per incanalare gli scambi sui ritmi a lui più congeniali. Il canadese riesce a cancellare ben otto palle break nel terzo parziale e ad aggiudicarselo al tie break dopo aver annullato un set point a sfavore, ma da lì in poi la sua percentuale di punti sulla seconda ancorata intorno al 40% lo condanna a patire oltre misura sui suoi turni di battuta, e la strategia di arrivare al “suo” tie-break non regge più: il break per il nipponico arriva sul 5-5 nel quarto set e poi nel quarto gioco nel parziale decisivo.
A questo punto Nishikori (primo giapponese a raggiungere i quarti di finale agli US Open da Zenzo Shimisdzu che ci riuscì nel lontano 1922) , che prima di questo torneo era reduce da tre settimane di stop a causa di una operazione all’alluce, avrà un giorno di riposo per recuperare le 4 ore e 19 minuti di gioco di questo ottavo di finale, e soprattutto per resettare il proprio orologio biologico dopo essere andato a dormire probabilmente non prima dell’alba, dopo aver espletato tutti i doveri ed i rituali del dopo partita (interviste, doccia, bagno di ghiaccio, stretching, massaggi,…). Wawrinka sarà il suo prossimo avversario, contro il quale ha perso due volte su due, nel 2012 sulla terra di Buenos Aires e qualche mese più tardi sul cemento di Cincinnati.